martedì 15 marzo 2011

Per le strade dell'Alfama








Ci sono passato con il tram 28, nell'Alfama, il mitico quartiere ex medina di Lisboa. E avevo notato un belvedere stupendo con dei tavolini e un suonatore di fado, presumo, con una zazzera di capelli bianchi e lunghi in testa, magro come un chiodo e una ragnatele di rughe in faccia che lo proiettava in un mondo senza tempo. Poi ho deciso di percorrerli a piedi, quei vicoli meravigliosi. Viaggiatore leggero col mio zainetto e una mappa essenziale, senza tutte le strade ma solo le principali, che a me piace scoprire e memorizzare i vicoli e i posti e le facciate delle case, in funzione di particolari non segnati su alcuna mappa cartacea, ma su quella della mente e dei ricordi, seguendo come il segugio di un antropologia pedestre del momento, ora una scritta su un muro, ora uno sticker, il viso di un ceramista sulla soglia del suo localino, la cameriere nera di un ristorante che fuma come un personaggio di Hugo Pratt in Corto Maltese inalando nell'aria fumo mistico di sigaretta che , chissà, gli reinvia immagini dall'altra parte della città che essa vede in quel vapore tabagico, la musica di Amalia Rodrigues che esce da un'abitazione riecheggiando nei vicoli di questa vera e propria casbah e diffondendosi attraverso il filtro di quel dedalo i cui viottoli diventano come canne di un immenso organo restituendo una voce e delle note trasformate in meglio, come se il filtro di quelle facciate color pastello ingentilite da panni stesi e signore che spettegolano da finestra a finestra( che sono a un tiro di lancio di prezzemolo), di quelle pareti decorate di piastrelle di fiorato geometrico colorate di verde ma, soprattutto, di azzurro, gli odori del bacallhau, il baccalà, cucinato in mille modi e prezioso supporto alimentare dei portoghesi, per non parlare dello sferragliare dei tram che , a quei vicoli, girano intorno, arricchissero quelle note melanconiche che parlano della vita e della morte e forse della vita oltre la morte, restituendo questa forma d'arte in una versione nuova, diversa, umana, troppo umana...che è quella che ci piace di più. Il fado, o destino, o nostalgia, o malinconia, definito in mille modi dai portoghesi, è nato in questo quartiere e si è diffuso in tutto il mondo ed io ho avuto, anni fa, il piacere di conoscere personalmente e scambiare qualche parola (conoscevo già un pò di portoghese) con una delle più grandi interpreti di questa forma d'arte canora, Anna Moura, che è venuta ad Ostuni, alcuni anni fa, d'estate, a incantare una platea rimasta estasiata. Amalia Rodrigues è stata la sua interprete più famosa ed ha avuto il merito di far conoscere il fado in tutto il mondo, permettendo ad una generazione di fadisti di vivere della loro arte, che dopo la sua diffusione è diventata popolare e di successo. Sono tanti i fadisti che si esibiscono nei locali di Bairro Alto, il quartiere del divertimento nei poco nei pressi di Largo do Chiado, nelle sere dei fine settimana, quando le stradine minuscole della zona, piena zeppa di locali, pub e ristoranti, si riempiono all'inverosimile di una folla di giovani che trascorrono ore a bere, ma anche, e soprattutto, a parlare, comunicare, infischiandosene di poltrire davanti ad una televisione. Le retate antialchol e droga (mi riferisco , chiaramente, alle droghe leggere, non a coca ed eroina, che piacciono ai ricchi, se non altro per questioni di portafoglio) dimostrano solo quanto il potere tema i giovani che si riuniscono e parlano fra loro. E con la scusa degli alcolici e della droga, in molti luoghi del mondo, si proibiscono queste reunion...Io fra i vicoli di Bairro Alto ho visto ragazzi di tutto il mondo, ma anche e sopratutto, di Lisboa, bere tranquillamente una birra, davanti a dei murales che ricordavano il 25 aprile, data che per i portoghesi riveste un'importanza enorme, dal momento che è il giorno in cui un manipolo di ufficiali spodestò la quarantennale dittatura di Salazar, attraversando la città con i loro blindati, di ritorno da una guerra coloniale che si erano rifiutati di portare a termine. Sfilarono lungo i viali di Lisboa, sui loro carri, con i fucili sul presentat-arm, giusto per non far cadere i garofani che ci avevano piantato dentro. Ma per tornare al fado, in Bairro Alto ci sono parecchi ristoranti dove si può cenare e assistere spettacoli dal vivo di Fado, canto struggente e nostalgico, che si esegue solo con chitarra e voce( e qui il mio minimalismo va in visibilio). Solo che i prezzi sono altissimi e per una serata con cena e spettacolo si può arrivare a pagare ben 100 euro. Comunque questi locali sono sempre pieni, perchè per una volta si può fare...e la morale della storia è che un canto nato nell'Alfama, nei vicoli di un quartiere povero di Lisboa, dà da mangiare ad una generazione di cantanti. Mi hanno consigliato di andare al Club do Fado, dove si esibiscono i migliori fadisti...ma soprattutto le migliori fadiste, amante come sono delle voci femminili...
Salgo su per questi vicoli , l'impiantito è un mosaico di cubetti di porfido neri, intervallati da cubi di pietra marmorea bianca, in un gioco di bianchi e neri che ti porta lungo strettoie assurde, o, se non stai attento, in vicoli ciechi, con squarci di improvvisi panorami che si aprono inaspettatamente, verso il mare, non lontano e campanili di chiese. Non mancano scritte sui muri contro la polizia e l'esercito, scritte da qualche purista del quartiere, che vuole sentirsi libero nella sua giungla di mattoni rossi in scala ridotta. Ad un certo punto mi ritrovo davanti all'ingresso del Castello di San Giorgio. Leggo sull'iscrizione esplicativa all'ingresso che lo hanno costruito i mori e subito mi viene fatto di pensare che la storia si dovrebbe imparare viaggiando, vedendo, osservando, auscultando l'aria, fermi in contemplazione, immaginando per esempio che grande civiltà è stata quella araba, che grande cultura, se solo penso che oggi gli arabi sono considerati il prodotto dell'immagine di marocchini che chiedono l'elemosina ai semafori...
Scendo senza meta, di ritorno verso il mare. Chissà perchè mi viene sempre di ritornare al mare, come se l'insicurezza di quel deserto idrico fosse in realtà la mia più solida certezza. Mi fermo in un ristorantino a gustare una refeçao rapida, che sarebbe la traduzione di fast food, ma che suona meglio...e soprattutto è più saporita, e rapida quanto un pranzo normale, in questo paese che non ha scordato quanto è bello prendersela comoda. Soprattutto quando "l'Europa", questa forma di colonialismo camuffato , sta per piombargli addosso come una mannaia. Prendo un Bacalhao a' Narciso ( baccalà fritto con su una spianata di cipolla, aglio e uovo sodo sbriciolato... e cannella a volontà) e un paio di birre Sagres em garafas, in bottiglia. Il tempo scorre, e, nel posto della refeçao rapida, dopo mezz'ora sono io che devo chiedere un caffè.

2 commenti:

  1. Vedi che meraviglia ne viene fuori? E' un'opera d'arte, hai superato te stesso; se pensi che voglia solo adularti allora rileggi tu stesso quello che hai scritto.....e te ne convincerai anche tu. Superare i confini del tempo e dello spazio, insegnare la storia ed anche la geografia con la vita vissuta e con la passione di chi quei posti li ama ed ama portarli negli occhi di chi lo legge.... che c'è di meglio? Questa dovrebbe essere la scuola oggi, così si che i ragazzi sarebbero motivati, entusiasti, e gusterebbero ed apprezzerebbero il piacere della conoscenza. Pensaci.
    G.

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  2. Ti ringrazio, spero solo di riuscire a comunicare bellezza...o perlomeno un certo tipo...il lato reale e nascosto dietro i sepolcri imbiancati della pomposa ufficialità. Un abbraccio.
    Danilo

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