mercoledì 28 dicembre 2011

Ayrton Senna e la filosofia emilianoromagnola

In questi giorni sono in ferie e approfitto per curarmi qualche acciacco , riposare e leggere Nero Wolf di Rex Stout, uno scrittore superbo . I gialli sono rilassanti e ti consentono di parlare di tutto. Ne ho scritti due e mi accingo a finire il terzo. Li pubblicherò, se Dio vuole, dopo Nell'Acquario II . Per il resto Giorgio Bocca se n'è andato con mio grande rimpianto. Io caratterialmente gli assomigliavo un pò . Lui odiava la gente ma non era uno snob. Ecco io un pò sono così. Per questo il buddismo non mi si addice un granchè. Preferisco il vecchio e sempre valido Nietzsche. Il vecchio polacco è una mitragliatrice, va dritto al punto e non s perde in fronzoli, con la sua scrittura frammentaria come per appunti. In un intervista in tv la figlia di Bocca ha detto che gli piacerebbe che si facessero avanti giornalisti coraggiosi come suo padre: eccomi qui...su questo blog sparo alzo zero su tutti a costo zero. Ma non tanto per sparare, a ragion veduta . Caro Giorgio, ci mancherai...ci restano Ezio Mauro , Maltese e qualche altro. Ma siamo sempre di meno...Nel frattempo aumentano i Veneziani e i Ferrara. Così capite da che parte sta il capitalismo che conta, retorica per quanto possa essere la frase. Di recente ho regalato a Tommy il suo ( di Nietzsche) Anticristo + l'Unico e la proprietà, di Max Stirner, il più Nietzschiano dei filosofi anarchici. Lui ha gradito. Ho passato il Natale a Imola con i miei e mio fratello e fra le cose che ho visto è spiccata una chiesa a forma di barca rovesciata che configgeva con lo spirito evangelico quanto gli ultras del Lecce con quelli del Bari e il bellissimo monumento ad Ayrton Senna, morto in quell'autodromo, di Imola, per l'appunto. La statua bronzea mostra un Ayrton in tuta seduto sul muretto dove si è schiantato, solo e triste, come meditabondo, volendo l'artista, credo, dichiarare simbolicamente che siamo tutti soli davanti alla morte e che è sempre una faccenda fra noi e lei. E nessuno può farci niente. Sullo sfondo del monumento c'era la pista con il muretto sul quale Ayrton si è schiantato e la rete di recinzione sulla quale era appesa una bandiera brasiliana recante la scritta a pennarello "orgulho brasileiro". Poi ho preso un aperitivo in un bar che credo si chiamasse Pat Pot o una cosa del genere. Era pieno di "locali", coppie giovani, con le donne vestite discinte, minigonne ascellari, ma così, senza essere volgari, come se fosse normale vestire in quel modo senza passare per mignotte,l'esatto contrario delle soubrette e attricette che affollano i nostri schermi. Bevevano tutti un bianchetto accompagnato da dadi di mortadella, pezzi di grana, patatine e quant'altro. Scherzavano e ridevano. Nel bar c'era vita. Eppure quella gente mi dava l'idea di coniugare il lavorar sodo col sapersi divertire, l'esatto opposto del Milanese che , tutto sommato non è che lavori così tanto e per divertirsi deve andarsene all'estero. Le due donne dietro al bancone, mentre servivano scherzavano e ridevano, lavoravano divertendosi . La tipica filosofia emiliano romagnola . E in fondo mi è parso simbolico il fatto che Senna sia venuto a morire qui. La sua anima brasileira è seduta ad un tavolino di qualunque di questi bar e chiacchiera amabilmente sorseggiando una birra sullo sfondo di case di mattoni rossi. Buona giornata e buona fortuna
http://www.youtube.com/watch?v=SWbvINjWLUQ&list=UUD-nUcINuQe4mtye-wuM5Mg&index=1&feature=plcp

lunedì 19 dicembre 2011

Buon Natale


Si avvicina il Natale e poichè io vivo alla giornata non so quando attualizzerò questo blog se ancora prima o dopo la fatidica data del 25 . Nell'attesa che è sempre vergine e beata ho finito La promessa di Durrenmatt, questo bellissimo giallo Kafkiano che mi ha fatto capire che bisogna vivere una vita e morire e forse qualcuno riconoscerà che sei stato un genio, mentre i geni ufficiali, quelli celebrati dai mass media , sono stati invece dei subnormali. Per fortuna c'è internet e i bloggers sono diventati protagonisti, perchè tutti possono leggere gratis le loro opinioni. Pensate alle rivoluzioni arabe o a Yoani Sanchez, la blogger oppositrice del governo cubano, un governo che è diventato il rinnegamento di se stesso in nome della conservazione del potere a tutti i costi, persino della miseria generalizzata . Adesso in Italia si vogliono fare le liberalizzazioni. Non sanno a che vespaio andranno incontro, La vita dell'Italiano si fonda sul privilegio, sulla drittaggine dell'avercela saputa fare meglio degli altri, sulle caste e le lobby e i gruppi di interesse. Certo che a me piacerebbe fare il tassista a Milano, ma credete che me lo lascerebbero fare. Se la legge lo consentisse sarebbero già al lavoro le varie mafie che si occupano di quotare una licenza per taxi a cinquecentomila euro per minacciarmi e impedirmelo . E i notai? E i giornalisti? Siamo seri, in un altro paese ci sarebbe spazio per tutti: la Finlandia. Oramai è i mio modello e meta del mio prossimo viaggio. Già musicalmente frequento Bjork, quella splendida cantante islandese e folletto wicca che canta divinamente . Ieri sera ho iniziato Nero di luna, un romanzo giallo di Marco Vichi eccellente giallista toscano. La storia è ambientata sulle colline senesi, fra contadini taciturni che fumano sigari e vendono olio e vino e case infestate da fantasmi . Stamattina camminata energica sotto il sole, sul tratturo dietro case l'erba era galavernizzata , ghiacciata, ibernata in attesa di riprendere vita col sole di primavera. I corvi gracchiavano , vecchi contadini dirigevano macchine agricole e anziani signori dal capello bianco passeggiavano i loro cani prima di rientrare nelle ville di Buccinasco, al calduccio.
E' stato un anno molto duro per me, con una serie di stress lavorativi ed esistenziali. Solo adesso comincio a riprendermi. Quello che posso dire e che , indipendentemente che si viva da soli o meno, si è sempre soli davanti al male di vivere. E l'unica cosa che puoi fare è resistere. Pensate che non ci saranno conseguenze sulla popolazione, intendo di tipo psicologico, sapendo che non potranno andare mai in pensione e che se per miracolo ci arriveranno non potranno nemmeno pagarsi le spese sanitarie? Gli anni passano e il lavoro diventa sempre più precario. Persino il mio, nonostante lavori nello stesso posto da 18 anni. Appunto, come articolo 18. Credete che rendere i posti d lavoro più insicuri migliorerà l'economia? Non siamo gli Stati Uniti o l'Inghilterra, dove perso un lavoro, bene o male, ne trovi un altro. Qui devi andare dal capozona politico e leccargli il culo . E io ho fatto quello che ho fatto, abbandonando terra e affetti per non dover fare questo. Non c'è che dire, ho fatto proprio un bell'affare . Che ingenuo, avrei dovuto fare come tutti, fingere di leccare il culo e al momento opportuno fregarmene. Ma non ne sono stato capace. Perdonatemi . Sono uno scrittore e un blogger d'opposizione nel mio paese. Anch'io sono come Yoani Sanchez e combatto per l'instaurazione della democrazia in senso pieno. Vi faccio i miei più sentiti auguri di buon Natale, si creda o meno, non importa. Prendiamo questa data per fare il bilancio dell'anno. Il mio è fortemente in credito con la vita. Spero che Dio lassù, col telecomando, mentre osserva i nostri piccoli grandi fratelli, ogni tanto, metta sul mio canale.

Buona giornata e buona fortuna

giovedì 15 dicembre 2011

Pizza Mari (o) Monti: costa 30 euro e il piatto è vuoto


Prima di combattere devi capire contro chi o cosa stai combattendo...


Raggomitolato sul mio divano leggo qualche capitolo del breve e intenso romanzo di Durenmatt, La promessa, un giallo antigiallo veramente ben scritto . Del resto non potrebbe essere diversamente, visto che Durenmatt è quel grande autore che ha coniato frasi che vengono scolpite lapidarie su muri e striscioni di mezzo mondo. Frasi come : quando lo stato si prepara ad uccidere si fa chiamare patria. Che è un pò quello che stiamo facendo in Afghanistan. O almeno io la penso così. Fuori c'è un grado e un umidità incredibile, nebbia fitta da tagliarsi col coltello . Tommy ieri al lavoro mi ha detto che non potrebbe mai definirsi buddista, perchè non riuscirebbe a provare compassione per il genere umano. Più per quello animale. E' animalista convinto, vegetariano e anarchico pacifista. Su facebook ha link con i gruppi più antisistema del mondo. Persino con i parkouters vegani. E non chiedetemi chi o cosa siano . Lui dice che oramai le informazioni vere girano su internet. E io gli do ragione. Abbiamo avuto non so per quanto tempo Minzolini, sfido io! Questo è il suo address :http://it-it.facebook.com/thomas.vellone

Da noi la politica è sempre peggio. Ridotta a nente, come direbbe qualsiasi luogotenente di Riina . E nemmeno questa recrudescenza dei leghisti che inalberano striscioni e cartelli in parlamento, è una novità. Fa parte del solito trasformismo italico secolare, per cui , a seconda della convenienza, seppure fino al giorno prima si è frequantata la stessa mangiatoia traendone benefici e lasciandola vuota alle generazioni future , adesso per puro calcolo elettorale ci si inventa oppositori e si rinverdisce l'antico vezzo separatista che francamente , giusto per fare la rima, c'ha rotto il cazzo. I padani rappresentati da Calderoli e Bossi non hanno nulla che li faccia assomigliare ad una civiltà superiore. Sistemano i figli, danno incarichi alle mogli, non vogliono abolire le province perchè sono posti di lavoro per loro e per i propri accoliti, non me ne vogliano i napoletani , ma questi sembrano nati nei quartieri spagnoli .

Spero che il nuovo anno porti alla pubblicazione del mio terzo libro...ma non lo scrivo più, voglio essere apotropaico. Capito Bossi? Non Renzo, Umberto. Sapete com'è, noi al sud non lavorando e non avendo un cazzo da fare, siamo andati a studiare...mentre voi giocavate a biliardino nei bar scolandovi l'ultima grappa .

Buona giornata e buona fortuna

venerdì 2 dicembre 2011

Sinistra al caviale



Frequento le periferie urbane , vecchi ponti sbreccati, capannoni industriali deserti, muri tavolozze per graffitari di tutte le risme e intanto cammino. Una sorta di parkout lento e meditato in compagnia della mia videocamera . E nel frattempo rifletto. Ad esempio sulla sinistra al caviale . Quella di Pisapia. Blocca il traffico per combattere l'inquinamento, senza potenziare i mezzi pubblici. Anzi, le reti extraurbane sono uno schifo. Chi abita fuori Milano la sera può camminare a piedi per chilometri, tanto la macchina inquina. Oppure starsene a casa. Che poi è quello che il potere vuole. L'isolamento delle persone, la chiusura solipsistica nel proprio guscio cementizio senza tema che possa comunicare con altri o scambiarsi opinioni, in altre parole formarsi un pensiero alternativo a quello comunicato dal tubo catodico . Se non hai i soldi per comprarti un auto nuova non puoi circolare. Con meno sette gradi devi andare al lavoro a piedi o con i mezzi, quando ci sono. Altrimenti comprati l'auto a idrogeno con un buono sconto scaricato dal sito di quel grande demagogo all'aragosta che risponde al nome di Beppe Grillo . Noi ci accontentiamo di arrivare in metro a Famagosta . Quando ci riusciamo . Perchè un povero dovrebbe votare questa demagogica sinistra al caviale che accontenta fior di professionisti che guadagnano cifre imbarazzanti per cui, risolta la pratica della sopravvivenza alla stragrande , possono dedicarsi al veganesimo, alle scuole steineriane , alla filosofia new age, ad andare in bici in centro , quelle due o tre volte alla settimana che frequentano la metropoli meneghina, standosene tutto il resto del tempo, in ville strafiche dimoranti su colline torinesi o comasche? Già, perchè? Chiedetevi il motivo del successo Berlusconiano. E' tutto lì. Le scelte ecologiche non si impongono autoritativamente ma attraverso lo sviluppo di una cultura verde. Altrimenti la gente voterà sempre per il permissivismo anarchico antitasse della destra . Così andiamo dritti verso l'odio nei confronti dei comunisti autoritari che privano la gente della libertà di scelta . Perchè devo comprarmi un auto nuova a tutti i costi? Con che soldi? ( e perchè Marchionne non produce auto elettriche anzicchè inquinare il resto del mondo?) Credete che andare al lavoro in pieno inverno con temperature sotto zero in bici sia salutare? Forse Pisapia lo dovrebbe fare . Così almeno dimagrirebbe un pò e smaltirebbe tutto quel lesso e mostarda che ha incamerato in questi anni . E la finirebbe di parlare come Maldini allenatore della nazionale che fu . O come la sua Teocoliana imitazione . E Boeri la smetta di fare i capricci, cavolo, sembrano due checche che scelgono il fondotinta per la festa di Halloween . Come vedete, in ossequio al mio costume al vetriolo, non faccio sconti a nessuno. Ma nessuno s'offenda, gli uomini potenti lo sono davvero nella misura in cui ridono di se stessi e di quelli che li smerdacchiano come si deve. E' dalla capacità che hanno di assorbire le critiche rilanciandosi alla grande, che si misura la loro grandezza. Radiopopolare è occupata quotidianamente da questa polemica fra Pisapia e Boeri. Ma la smettano . Che lavorino per la città . Non basta non intascare mazzette, bisogna anche saper fare le cose. Io quando vedo un politico che pubblica un libro, penso, se ha trovato il tempo di scriverlo lo ha sottratto di sicuro ai suoi doveri istituzionali e non . O No? Alfano è avvisato.
Intanto filmo i miei graffiti, il traffico in tangenziale , o altro. E la vita scorre e va avanti, mentre tutte queste parole sembrano inutili per chi combatte le proprie quotidiane battaglie con mali molto più insidiosi che minano la salute, bene primario. E' a tutti loro che oggi va il mio pensiero . Vivete la vita giorno per giorno, momento per momento e non pensate al futuro. Tanto ci sta già pensando Monti a cancellarlo.

Buona giornata e buona fortuna

lunedì 28 novembre 2011

Tempo Scaduto



In piedi all'alba, notti difficili e insonni , con sogni viaggi astrali verso altri mondi che ricordo vagamente al mattino. La radiolina, vecchia antica radiolina gracchia notizie su radiopop sul tavolo in cucina, mentre metto l'acqua per il tè che adoro bere ad ogni ora del giorno come un vecchio arabo tuareg nella sua tenda nel deserto isolato dal mondo esterno e il deserto che ho io intorno è la spianata di vetrometallo ululante e urticante, mentre il camion della pulizia strade, odioso, passa sul marciapiede vicino alla finestra dove dormo e mi sveglia proprio mentre mi sto riaddormentando . Preparo la mia seduta di ginnastica isometrica cinese che spero mi conferisca la pazienza per affrontare la giornata . Tempo scaduto . Come puoi startene a ridacchiare avvoltolato nelle tue coperte da piumino svedese hard discount mentre fuori il mondo muore . E il chiasso del traffico di tangenziali intasate come colon irritati non è altro che il lamento del moribondo, un mondo che sta morendo perchè non vuole vivere secondo natura. Deus sive natura, disse Spinoza e quasi fu crocifisso dalla Chiesa, ultimo dei poteri massonici forti in questo mondo sbagliato sin nelle fondamenta . Letto stamattina qualche passo de Il libro degli schizzi di Kerouac, forse uno dei più grandi poeti che sia mai stato pubblicato . Fotografie, dagherrotipi, squarci, bozzetti di un America che non esiste più. L'america contadina delle torte di mele, preindustriale delle elevated di Denver e marittima dei moli di Frisco , mentre nelle acque dei porti la memoria del grande ricordatore rammenta una cicca, del pane ed un cavolo che galleggiano . Poesia delle immagini, descrizione significante . Mi mette energia di prima mattina. Radiopop passa alla rassegna stampa che ascolto distrattamente come la litania di un rosario pregato per obbligo e inerzia un sabato sera in case buie del sud dimenticato anni cinquanta film in bianco e nero . Lavorato ieri al centro commerciale, migliaia di persona in cerca di uno scopo per vivere e non avendolo si gettano sul consumo. Meno soldi si hanno più si consuma, come se il comprare fosse rimasto l'ultimo disperato gesto per volersi bene, un gesto che immediatamente dopo averlo espletato ti lascia con l'insoddisfazione e il senso di colpa di una sega malfatta . Padre Pio sorta di genius loci di ogni vero pugliese che si rispetti, si creda o non si creda, per me uno dei più grandi stregoni di tutti i tempi, in rapporto stretto con l'infinito che molti chiamano Dio, mi osserva dall'immagine severa appesa al muro di fronte mentre vergo queste righe sul pc . Lo rispetto , anche se io devo vivere nel mio mondo dove spesso chi parla in suo nome nasconde disegni criminali . Sono un credente del popolo, in questo senso, cristiano primitivo e primigenio, catacombale e puro . C'è sempre una via d'uscita e sempre una redenzione, anche per il più incallito dei peccatori. La mia vita è cambiata, voglio pensare molto di più a me stesso, perchè se non sei in pace con te stesso, se non vivi bene con te stesso, non puoi dare forza agli altri. Così come se chi sta intorno a te non sta bene, non vive bene, beh, non fa stare bene e non fa vivere bene neanche te . Ed è un pò buddista questo concetto , provare compassione, compartecipare il dolore altrui non in senso pietistico ma nel senso della solidarietà umana . Sto per andare a fare il vecchio saggio cinese, che è sempre un buon inizio . Poi, più tardi, uscirò di casa, come una tartaruga metterò la testa fuori dal mio guscio e , con un pò di nausea, comincerò a vivere la giornata .
Fuori c'è quello del canone Rai, quello dell'istat, un testimone di Geova, un distributore di volantini pubblicitari , qualcuno che ti dà un volantino politico...nessuno si dà pace, nessuno si rilassa , la vera sfida è vivere come un antico orientale nell'occidente nevrotico ossessivo iperproduttivo . Non mangiare carne, vivi dell'indispensabile , ma non dimenticare mai le battaglie del letto. Ti aiutano a capire che sei ancora veramente vivo!

Buona giornata e buona fortuna

sabato 26 novembre 2011

non ci sto dentro


In piedi all'alba, esercizi di retroversione del bacino, ho un'ernia del disco, potrei scrivere "cronache di un'ernia" anzicchè "cronache di Narnia" perchè no. Con questo freddo umido è l'unico modo per restare in piedi ed affrontare la giornata. Un regalo del mio passato, dei miei lavori di bassa forza per farmi largo nella vita come selfmademan . Uno delle tante cose che rimpiangerò. O forse no. Fino alla bara sempre se ne impara, disse il poeta russo che mise il punto di un proiettile alla scrittura della sua vita . Il grande Majakovsij . Poi il mio qi gong quotidiano. Fuori dalla finestra nebbia e camion dell'incipiente mercato del sabato in via fratelli di Dio a Corsico. Un pò di esosi fruttaroli appulocalabrolucanosiculi . Fanno prezzi da gioielleria e non fanno scontrini . Mi faccio la mia tisana rilassante a base di melissa e camomilla ed esco a comprare mezzo chilo di pane pugliese fatto in lombardia da un panificio di calabresi. Mi guardano sempre male, non si prendono confidenza e parlano con accento tipico . Sono dei respingenti umani, per il commercio. Poi mi stendo sul mio sofà , davanti alla tv e vedo un meraviglioso film sull'Odissea con Kirk Douglas e Silvana Mangano. L'odissea è di granlunga il mio libro preferito e faccio collezione mentale di film che ne trattino . Poi un meraviglioso film con Humphrey Bogart e Ava Gardner, la Contessa Scalza. Che film stupendo, un film parlato, con delle narrazioni orali molto letterarie . Disteso sul mio sofà, le ore trascorrono tranquille. Ma io devo ancora andare a lavorare. Fra un pò, il Centro Commerciale mi aspetta , con tutto il suo corredo di "non ci sto dentro" e " dove rimane l'uscita?" . Lì dov'è sempre stata, nessuno la sposta, cazzo. Mentre l'Italia di Monti non promette niente di buono. Monti non può fare l'unica cosa che si dovrebbe fare : tassare le rendite finanziarie e i grandi patrimoni . Altrimenti Berlusconi stacca la spina. Non è cambiato niente, siamo punto e a capo.Fra un pò scrivo un altro capito del mio terzo racconto giallo. Roba di mafia ucraina, o giù di lì.

Stanotte, vi sembrerà incredibile, ho sognato Berlusconi che citava un autore sconosciuto. Se lo era inventato e lo citava come fosse il suo ispiratore. Mentre un mucchio di intellettuali consultava dizionari alla ricerca di quel nome. Il nome era Stekelemburg. Mah, che sogno strano. Adesso il "Nanocurie" nazionale popola persino i miei sogni. Cavolo, voglio essere libero, io ....non ci sto dentro;-)


Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 23 novembre 2011

Potrei scrivere le cronache di Narnia...


La mattina sto facendo qi gong. Una mezz'oretta, i dieci simboli della longevità. Ma non mi fisso troppo, una sequenza vale l'altra. Poi mi bardo di tutto punto, cappellino e guanti di lana, esco, fuori l'atmosfera è surreale, cielo grigio, nebbia, traffico insopportabile, chiasso, i piccioni che solitamente svolazzano in giro, sono morti di freddo. Non si vedono. Metto su radiopopolare e ascolto le telefonata per la campagna abbonamenti. Sono contento che ci sia, radiopop, mi tiene in contatto con il territorio in cui vivo e mi ricorda che l'Italia non è la pubblicità della schiuma di un cappuccino sul labbro superiore . O perlomeno non più . Me ne vado in giro con la mia piccola videocamera e filmo ogni cosa. Il film della mia vita prende corpo. Io filmo gli sfondi del mio vivere quotidiano, una quota parte di qualcosa che vedo . Più tardi esce il sole e devo dire che il clima non è male. La temperatura sale e viene fuori una specie di estate di san Martino. In giro per Milano ci sono tifosi del Barcellona e qualcuno del Milan. Indossano con fierezza le sciarpe con i propri colori sociali e fanno shopping o se ne vanno in giro per il centro. In corso Buenos Aires i negozi sono vuoti, i buttafuori neri fuori hanno gli auricolari oramai su qualche litania rap anzicchè sui discorsi dei colleghi all'interno dei negozi. I bar del Corso hanno le stufe accese e un pò di avventori ben coperti, nonostante il sole pomeridiano e fumano in modo posaiolo, mentre sorseggiano una birra postprandiale. Io seduto vicino alla fermata della metro leggo qualche passo de "Il partigiano Johnny". Che splendido libro, scritto in modo originale . Dalle pagine di Beppe Fenoglio si apprende che la maggior parte dei partigiani non erano comunisti convinti, ma aderivano alle brigate comuniste perchè erano le più organizzate. Lo stesso Fenoglio non era comunista. Per questo i partigiani dovrebbero essere patrimonio di tutti . Intorno a me gente di tutte le etnie, ognuno perso per i fatti suoi, chi al cellulare, chi intento a sfuggire a quello dei carabinieri. La vita mi scorre intorno, a fianco, come un film in tre d .
In medio oriente si ammazza, con proiettili e bombe, qui da noi lo fanno più lentamente. Ti trascini in mezzo a banche , assicurazioni, tasse e ti barcameni per far quadrare i conti. Pensate a quante energie sono sacrificate ad inseguire queste stronzate. Se ciascuno di noi potesse dedicare quel tempo a se stesso, sarebbe un Picasso, un Van Gogh, o anche semplicemente un padre di famiglia migliore e più attento . Potrei scrivere le cronache di Narnia, invece mi limito a passare silenzioso e invisibile, nella città dei fantasmi. Se ti citofona qualcuno, non è il vicino di casa. E' uno che vuole il questionario dell'Istat.

La settimana scorsa ero da mio cugino. Pizze da asporto con porcini e salsiccia, video del loro, di lui e della sua compagna, viaggio di tre weeks in Thailandia e poi conseguente film ambientato rigorosamente a Bangkok, mentre ci siamo sparati un narghilè al tabacco di mela, imperiale. Serata deliziosa . Fiumi di birra e parole . Non sappiamo più a che santo votarci...politicamente. Nel frattempo navighiamo a vista, nell'epoca della morte delle ideologie, l'epoca dei ragionieri che fanno quadrare i conti . I cazzi cambiano ma i culi sono sempre gli stessi, prepariamoci al peggio.
Una nota positiva c'è: sono nel novero delle persone a cui non è piaciuto Fiorello. Vorrà pur dire qualcosa.

Buona giornata e buona fortuna

sabato 19 novembre 2011

Chi di stadio ferisce di stadio perisce


Non attualizzo questo blog da tempo. Di questo tempo ne ho trascorso un pò a recuperare energia. Fisica e interiore. Yoga tutti i giorni, seguendo gli ottimi manuali di Gabriella Cella. Anni fa avevo fatto un corso di Asthanga Yoga all'accademia teosofica di via Ettore Ponti a Milano. Fieno in cascina che mi sarebbe servito dopo.Mi sono fatto le basi, diciamo.

Leggo molto, specialmente in inglese. M'è venuta la fissa della traduzione dei libri. E' il mio personale sudoku rilassante scacciapensieri. Il terzo libro è finito, lo pubblicherò nel 2012 . Nel frattempo sto scrivendo dei racconti gialli. Penso che in futuro scriverò questo genere. L'autobiografia mi provoca troppa sofferenza interiore.

Riguardo al quadro politico , che posso dire. Dovrei essere contento che Berlusconi sia caduto. Ma non riesco ad esserlo. Semplicemente perchè io so, e le persone che osservano lo svolgimento della vita di tutti i giorni sanno, che il Berlusconismo, virus generato dal, diciamo così, portatore sano, è così diffuso che ci vorrà il passaggio di un'epoca per debellarlo. L'uomo idiota italiauno è appostato dietro ad ogni angolo, e non sarà un governo cattedratico a cambiare le cose. A me i governi tecnocratici non piacciono. Non hanno anima, passione. Io sono della vecchia scuola . L'Italia non sarà mai un paese di sinistra, perchè nel nostro paese i poveri non si percepiscono come tali, ma come dei miliardari momentaneamente in disgrazia. Certo io non rinnegherò mai le mie idee. Ma non voglio fare la fine dello scemo del villaggio che declama all'angolo di una strada. Ho voglia di trovare compagni di strada. Ho voglia di scrivere e soprattutto, non ho voglia di smettere di pensare. E sono sicuro che, mano mano, col passare del tempo, di compagni di strada ne troverò sempre di più. Prima o poi ci si stanca del vuoto.

Per concludere, posso dire che ho provato un brivido di piacere nel vedere tutta quella folla accompagnare Berlusconi al Quirinale, mentre andava a dare le dimissioni. Un buuuuh civilissimo e non violento, come allo stadio. Del resto, chi di stadio ferisce, di stadio perisce.

Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 26 ottobre 2011

Eravamo l'impero Romano, ora ci vendono ai cinesi.


Che volete che vi dica. Lavori in corso. Sto riscrivendo l'ultimo capitolo del prossimo libro che pubblicherò.Ho una specie di blocco. Mi perdonerete se me la prendo comoda. Dopotutto potete deliziarvi con Margaret Mazzantini & c no? Io ho il mio pubblico di nicchia e a quello solo devo dare conto. Gli altri, i milioni che comprano libri nelle librerie sulla fiducia, o perchè hanno belle copertine e sono voluminosi e fanno arredamento, non mi interessano più di tanto. E' che sono innamorato. E quando questo evento accade , con la stessa frequenza, per me, dell'apparizione della cometa di Halley sulla terra, bisogna approfittarne. Non ne volevo parlare, ma ne accenno ora. Non entrerò nei particolari, dicendovi subito che adoro la cultura giapponese proprio per quel suo senso di estrema riservatezza e rispetto della privacy. Mi rendo conto che noi italiani come paese latino rispettiamo solo la privacy dei nostri conti in banca e quando evadiamo il fisco. Nelle lenzuola degli altri , però, sembriamo sguazzarci. La tv mi annoia a morte. In questo momento dove metti metti c'è su Simoncelli. E che cavolo, un pò di rispetto per un ragazzo semplice che non avrebbe certo gradito questa sovraesposizione mediatica. Incredibile come per pagare liposuzioni e botox a tre quarti di presentatrici televisive, quanto serva il dolore e lo spiattellarlo nel pomeriggio mentre le casalinghe stirano e piangono. Non c'è il rischio che si trasformino in vietcong e taglino la gola ai propri amanti mentre fanno l'amore. Non siamo in Vietnam e Mario Draghi e Berlusconi non sono certo dei marines. Per fortuna dei marines. Sono due anzianotti che hanno il compito di svuotare le tasche dei risparmiatori per rimpolpare le banche, sorta di istituti di strozzinaggio legalizzate. La Grecia affonda in un debito che non riuscirà mai a pagare e noi ci stiamo per affondare. Siamo un paese che non è capace di cacciare a calci nel culo questi usurpatori di diritti, questa banda postribolare di arrogantoni senza cultura che stanno lì avvitati alle poltrone, per i propri lerci interessi. Mentre quelli che fingono di fare opposizione perfezionano le loro performances teatrali frequentando corsi all'actor studio. Dio ce ne scampi e liberi. Ha un bell'indignarsi, Bossi, che grida Roma ladrona ad ogni piè sospinto, mentre sua moglie prende una pensione di anzianità dopo meno di vent'anni di lavoro ( da Roma Ladrona) e ogni mese fra lui e il figlio, portano a casa qualcosa come 40 mila euro. Roma ladrona una ceppa, Bossi. Dimettiti. Berlusconi non lo nomino nemmeno, perchè lui in carica non c'è mai stato. Ha recitato a soggetto qualche copione di Giuliano Farrrara, fra un cocktail perty e l'altro.E questo per essere moderati. Continuo a pensare che l'Europa unita è un nonsense storico-politico. Fra un pò i vari Sarkozy e le varie Merkel ci daranno in pasto ai cinesi. E quelli ,notoriamente sono comunisti e , di conseguenza, mangiano i bambini. Capito Carà?

Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 5 ottobre 2011

Come una bossa nova (quattro)


L'altro giorno correvo nella campagna verso Gudo Gambaredo e passando vicino alle due piccole statue delle madonnine silenti e ridenti nelle loro nicchie e il cielo era plumbeo pieno di nubi uniformi, il sole invisibile dietro quella coltre non riusciva neanche a dare un effetto aureola e faceva freddo, un freddo umido di quello che ti penetra nelle ossa e il sudore mi si stava ghiacciando addosso, sotto un k-way rosso scarlatto il mio colore preferito, sollevando la testa verso il cielo ho visto un stormo di storni che volavano sul tetto di due vecchie case intorno ad una cascina, volteggiando all'unisono e all'unisono formando strane figure in cielo, come coperte scure in volo o pterodattili o il segno dell'infinito sullo sfondo grigio della volta e cinquettavano, quasi uno squittìo multiforme, ma più allegro, come di bambini innocenti alle prove generali delle figure geometriche per la parata del primo maggio in Nord Corea. E i profumi e gli odori venivano amplificati dall'umidità ma anche dall'acuimento dei miei sensi derivante dallo stato alterato biochimico di un'ora di corsa già trascorsa che aveva prodotto nel mio cervello milioni di endorfine, e così ho provato delle sensazioni strane che mi derivavano dall'olfatto, involontarie madelaine costituite da odori di fango di canali irrigui, odore di sterco usato come concime per le colture, afrori di bestiame, di piume umide di gallina e di pelo di conigli selvatici lasciati scorrazzare per quelle campagne liberamente, odore di foglie secche e funghi che nascono ai piedi di qualche albero che fa da sentinella a quelle strada sperdute e deserte dove incontri aironi cenerini in fila sul ciglio dei campi di sterpaglie o aironi bianchi che volano planando come bianchi fantasmi diurni con intenzioni benevole e decine di cornacchie grigie che , nel freddo artico di questo finale di ottobre, scavano col becco nello sterco per cibarsi di parassiti o residui di cibo maldigerito, sensazioni che mi hanno rimandato indietro nel tempo, epifanie che , come per troppo tempo costrette a restare serbate in qualche parte del mio cervello durante tutta la giornata, trovano la forza di sprigionarsi, nella mia ora di meditazione in movimento, come chiamo la corsa. D'improvviso l'odore delle foglie secche dei lecceti pugliesi mi ha invaso le narici riportandomi alle centinaia di cacce condotte con mio padre tra i boschi della murgia brindisina, negli inverni freddi ma secchi, in movimento nella campagna, fra uliveti o nel mezzo della macchia, cercando di non calpestare funghi come forma di reverenza a chi li avrebbe poi raccolti, gente povera ma non per questo meno predatrice, anzi forse di più ,come disse Lee Masters , di guardarsi da chi diventa ricco e si teneva i pantaloni con la corda, osservando il cielo con circospezione, ma senza essere ossessivi, molto più contenti se il cane avesse “alzato” una beccaccia, che a mio padre è sempre piaciuta la caccia a sei zampe, quella che si fa con il cane al seguito, in alternativa alla caccia di rapina fatta ai tordi all'aspetto quando si ammasuonano al tramonto, vere e proprie esecuzioni pennute di massa in cui gli animali non hanno alcuna possibilità di scampo o come pure sparare ai fringuelli, col loro volo saltellante, a balzelli, e le code lunghe con le penne bianche e grigie, i fringuelli che tutti dicevano di risparmiare in attesa del piatto forte dei tordi ma che in realtà sparavano per puro divertimento lasciandone i cadaverini dispersi nei fondi agricoli succulenti pasti per volpi o cani randagi...Tutte quelle interminabili giornate in cui mio padre vestito verde mimetico , con i suoi capelli brizzolati e il suo caratteristico ovale del cranio scoperto alla spavalda come a voler trattenere quella parte di sé di eterno Peter Pan in lambretta sulle provinciali del brindisino in preparazione di altri territori di caccia, quello al pulzelle della sua epoca, si aggirava con me al suo fianco raccontandomi di episodi di caccia vissuti da lui quando era più giovane o quando io non c'ero , come di quella volta che nel canneto del fiume Morelli aveva appena finito di liberarsi delle scorie del pranzo, ed era il pomeriggio di una domenica e vide da lontano volteggiando in punta di canne un falco pellegrino che probabilmente stava vedendo di procacciarsi qualche arvicola o rana e ancora con le mutande abbassate prese il vecchio sedici che era stato del mio nonno paterno e prima di lui del mio bisnonno e fece fuoco, così, in equilibrio instabile, e vide cadere il rapace e subito il cane , un pastore tedesco che lo accompagnava andò verso il volatile in caduta e lui, mio padre non fece in tempo a darsi una rassettata, che sentì il cane guaire e quando arrivò sul posto il falco ferito aveva artigliato il cane ad un occhio e non lo lasciava andare, così mio padre fu costretto ad ucciderlo, quel meraviglioso rapace che ora giace in una vetrina imbalsamato da un famoso tassidermista nano gay ora defunto di cui parla persino un racconto giallo di Vincenzo Cerami. O di quando fece fuori una poiana che volava ad un'altezza siderale e cadde anch'essa ferita e la tenne in vita per un po', finchè l'animale non si lasciò morire come avrebbe fatto qualsiasi detenuto contro la propria volontà abituato a vivere libero e fu in quella circostanza che mi confessò che la caccia dopo un po' aveva cominciato a disgustarlo e che simpatizzava per gli animali, in quando creature più deboli e senza scampo nella sproporzione dei mezzi di confronto e che tutte le volte che sparava a qualche tordo e cadeva ferito tentava sempre di curarlo con la penicellina perchè in realtà lui era un tipo di cacciatore che caccia perchè vuol rubare agli uccelli la libertà del volo e vuole che gli insegnino questa libertà, ma dopo un po' che ne aveva curati un bel po' e non erano sopravvissuti cominciò a capire che essi davvero gli avevano insegnato la libertà e che il volo non era che uno degli aspetti di questa libertà, concetto che ritrovò in quel verso dantesco che declina di quando in quando nel mezzo di una conversazione gettato lì in modo che sembra leggero ma che invece è frutto di esperienza diretta ed che è quel verso che fa “libertà vo cercando ch'è si cara come se chi per lei vita rifiuta”. Ed era in quelle cacce , in quelle camminate lunghe per i campi, lungo passatoi brecciosi , in mezzo ad uliveti, nelle ore antelucane a volte o a sera, all'ora della beccaccia, quando la si poteva vedere uscire dal bosco dove se ne era stata acquattata a mangiar lombrichi nelle sue parti più fangose e ombrose e la si poteva far fuori in tutta tranquillità, se avevi abbastanza cinismo e te ne fregavi della sportività (anche se francamente non ho mai capito l'abbinamento dell'aggettivo sportivo alla pratica della caccia, ma tant'è la nostra lingua come la nostra cultura vive di ossimori) , che ho imparato il valore della vita e della morte per gli esseri che non possono opporsi e mio padre in quei frangenti mi è sempre sembrato come uno di quei soldati che spregiano la guerra ma siccome devono eseguire ordini la combattono cercando di farlo nel modo più etico possibile e qui gli ossimori continuano. E di quella volta nel bosco di Carestia, il bosco della storica masseria aragonese dove io giocavo da piccolo all'ultimo giapponese con un fucile immaginario che mi ero ricavato da un ramo spezzato con una piccola forcella come terminale che immaginavo fosse una baionetta innestata emulando quella immagine romantica da qualcuno dei mitici fumetti lettura preferita della mia infanzia Supereroica, fumetti di guerra, ben disegnati e ben sceneggiati , nei quali persino un giapponese al di là della retorica del vinto poteva essere rappresentato sotto un aura romantica da combattente perdente ma con molto onore, lungo un sentiero che s'apriva fra i lecci, le querce e le macchie di cisti o di corbezzoli gialli e rossi e mirti e rosmarini , driblando funghi giganteschi dalle forme curiose e dai colori a volte sgargianti come in natura sanno fare solo gli esseri più pericolosi e proprio per questo accattivanti. E mio padre andandosene un pomeriggio invernale e il sole era ancora abbastanza alto, lungo questo sentiero che le leggende del luogo vogliono frequentato da briganti borbonici o contrabbandieri, sollevò il capo e sentì quel verso stridulo e acuto fatto da una nota prolungata molto simile a quello dell'aquila e vide quella meravigliosa creatura dalle penne castane che faceva lo spirito santo scuotendo tremolanti le ali ferma in aria sul posto come un elicottero puntando qualche roditore scampato alle numerose volpi della zona, piccole, furbe, magre e scattanti, dall'olfatto micidiale e dallo sguardo sfidante, se s'accorgono che non hai un fucile puntato contro , e colto da una titubanza, quasi con dispiacere, d'imbracciata tirò al regale rapace che era poi una poiana e poco dopo planando lentamente, ma inesorabilmente, la vide cadere al centro del bosco, caduta ferito. Dopo ore di ricerche, quasi sul punto di rinunciare, avvertì il suo caratteristico verso e , dietro ad un cespuglio, il rapace con gli occhi vivi e impauriti, e la piccola lingua penzoloni restando fermo con l'occhio fisso, non dava segno di volersi arrendere con le buone, come quel giapponese impersonato da me nelle estati dell'infanzia, nel fresco del bosco, mentre tutti erano al mare, ma mio padre togliendosi la giacca riuscì ad avvolgerlo e a portarlo con se fino alla macchina, con conseguente corredo di penicelline e sopravvivenza di qualche mese, come capita a tutte le creature che non sanno più volare e che si sentono umiliate a mangiare il cibo dalle mani della creatura malvagia che ha tolto loro la fatica del procurarselo da sé. Nell'inverno di quegli anni sessanta e mio padre si dedicava alle assicurazioni e aveva una simca mille che liquefaceva sulle strade di mezza Puglia e oltre , durante una nevicata non c'era tordo che si vedesse e le beccacce erano rimaste in Bosnia Erzegovina in quei boschi sicuri di aiduka memoria, così si mise a sparare a dei pettirossi, che con quel freddo becco cadevano come presi a schiaffi nel bianco della neve e quei piccoli esseri implumi dal coraggioso petto di piume vermiglie con quel verso come di nocche di dita ammiccanti e simpatiche cadevano a stormi sotto il piombo del sedici cosparsero di rosso il biancore della neve , finchè il mucchio non divenne un enorme pozza rossa su quella bianca stoffa cotonata che era il manto nevoso e gli sembrò l' allegorìa della bandiera giapponese, e dovette sembrargli, quell'immagine, come l'ostinazione a voler resistere per forza, palesandosi ai suoi occhi la propria personale Hiroshima che rimase impressa nella sua mente per sempre. Da quel giorno non sparò mai più ad un pettirosso, che De Andrè avrebbe definito in una sua canzone, manco a dirlo, “da combattimento”, e anche se continuò ad andare a caccia non fu più la stessa cosa , era come se gli si fosse rotto qualcosa dentro e ogni tanto, quando andavo a caccia con lui, me lo rammentava, rievocandomi quell'immagine e accompagnandola al concetto che non si può violentare così la natura e che persino la Bibbia sbaglia quando dice che tutti gli esseri viventi sono sottoposti all'uomo e che invece Budda aveva superato questa arcaica concezione dando agli animali un'anima e che se fosse stato possibile, se non avesse dovuto condurre la vita che conduceva, il lavoro stressante , le cene e le bisbocciate dopo cena, ma fosse vissuto in un clima storico e culturale diverso, sarebbe stato vegetariano come estrema forma di rispetto per tutti gli esseri viventi. Vent'anni dopo questi suoi ragionamenti “di caccia”, svolti in lunghe camminate fra sentieri di terra rossa che si aprivano in mezzo a rocce bianche affioranti in mezzo ad uliveti cresciuti anarchicamente sulle colline fra Ostuni e Casalini, davanti a qualche rudere di trullo usato come deposito di erba medica dentro uno dei quali mi misi ad amoraggiare una volta con una ragazze dell'epoca uscendovi con gli occhi di un avversario di Tyson per un allergia da fieno, quasi come la memoria di quelle conversazioni si fosse decantata nella mia mente e avesse poi germogliato a distanza, mi sono risolto di diventare vegetariano. Già, chi siamo noi esseri umani per arrogarci di avere potere di vita o di morte sugli altri esseri del creato e dopotutto non credo che abbiamo, noi intesi come umanità, quella pretesa superiorità morale che ci pone al di sopra di altre forme di vita ma anzi a voler osservare la nostra evoluzione storica forse l'uomo Neanderhaliano che giudichiamo di un ceppo evolutivamente inferiore al nostro Homo Sapiens e più vicino agli animali, si potrebbe dire sul piano morale e dell'organizzazione umana e sociale, di gran lunga superiore, perchè uccideva per bisogno e non per divertimento, umiliazione o volontà di annientamento del prossimo, come sanno milioni di ebrei, di tutsi o di russi che si opposero a Stalin , compreso quel genio incompreso ancor'oggi, il Pasolini sovietico, che risponde al nome di Trotsky.













mercoledì 28 settembre 2011

bossa nova ( tre)


A ruota libera, lascio vagare i miei pensieri e li mescolo ai ricordi della giornata o del passato, mentre digito sulla tastiera del computer come un musicista jazz, mettendo insieme le parole il significante il significato e il suono, che insieme mi daranno la soddisfazione di dire esattamente cosa voglio dire e nel modo in cui lo voglio dire e se alla fine rileggendo provo una lieve soddisfazione sicuramente avrò scritto capolavori. Talmente sono severo con me stesso. Naturalmente c'è la possibilità elevata che alla maggior parte degli esseri umani non piaccia ciò che scrivo e come lo scrivo. Beh, se avessi dovuto scrivere un libro pensando a quelli che avrebbero dovuto leggerlo, non avrei scritto un solo rigo. E questo dovrebbe darvi abbastanza la misura di quello che penso dell'umanità. Un lettore dovrebbe leggere un autore lasciandosi sollazzare unicamente dalla grazia di quello che scrive e di come lo scrive, infischiandosene altamente se è gay, o gli piacciono le trans o va a messa tutte le domeniche o se tradisce la moglie italiana con una prostituta albanese conosciuta di notte sui viali di una qualsiasi città d'Europa. Un lettore dovrebbe leggere e immaginare i personaggi, i luoghi e le circostanze, secondo una sua personale visione, secondo il cinemascope del suo cervello, e sicuramente se si confrontasse con altri lettori verrebbero fuori visioni diverse o la stessa visione, e in quel caso lo scrittore dovrebbe preoccuparsi perchè sarebbe un Dio e nessuno vorrebbe essere Dio ed essere intervistato dalla Tv. Far sognare personaggi e luoghi e situazioni con le stesse caratteristiche morfologiche a tutti, ecco un tipo di scrittore che non vorrei essere. Questo sarebbe un tipo di scrittore che si ispira alla cultura iconografica giudaico-cristiana, mentre io scaglio le parole e le immagini, le sparpaglio sulla pagina e lascio che prendano forma da sole e magari ripeto immagini e situazioni, perchè lascio la logica alle fredda logiche dei numeri e degli ingegneri. La matematica non potrà mai dare una forma ai sentimenti, all'amore, al sesso, alla violenza, alla guerra, in altre parole alla vita. Ecco perchè io sono un tipo di scrittore coranico, nella forma, lancio pensieri e versi poetici e li musico, come stessi ricevendo una continua rivelazione notturna e Allah in persona mi stesse ispirando. E come quella cultura sono interessato alla guerra, alla lotta, alla battaglia, proprio perchè ritengo che qualsiasi essere umano debba lottare per ciò che ritiene giusto con ogni mezzo necessario. Ho rispetto per i Talebani e per il loro radicalismo primitivo, per la loro idea di ritorno agli antichi ideali e per quella quella loro encomiabile fede nel proprio Dio, ch'essi arrivano ad amare più di se stessi come nessun cristiano potrà mai fare. Vivono nei deserti, a cavallo di cammelli, col Kalasnikov al collo, con il cielo stellato che dà la direzione e qualche dattero consumato in fretta per dissetarsi, vestiti con le loro vesti lunghe e i turbanti e l'occhio vigile sul territorio, su quella sabbia insignificante che per loro è la loro terra, suolo sacro, da difendere da chiunque voglia imporre regole diverse dalle proprie. Quei giovani che percorrono i deserti sì, che stanno vivendo in senso pieno la propria vita, proprio perchè non sanno per quanto tempo potranno conservarla, quei ragazzi meritano rispetto e ammirazione. Li preferisco al più brillante studente bocconiano in corso col massimo dei voti, al più brillante studente della Cattolica che vince borse di studio a ripetizione. Che vita andranno mai a fare costoro, solo una proiezione dei desideri piccolo-borghesi delle proprie famiglie in ossequio dei quali andranno a guadagnare stipendi alti, licenziare operai e farsi venire la rinite cronica da cocaina tutti i sabati sera, eppoi si sposeranno e tradiranno le mogli ripetutamente , pur avendo figli che saranno l'orgoglio dei nonni e l'invidia delle altre famiglie. Sentire il sudore che si ghiaccia addosso, mentre sei nascosto dietro un muretto a secco, col fucile pronto, prepararsi ad un assalto, difendere il proprio villaggio all'arma bianca contro elicotteri che scagliano missili all'uranio impoverito, genera un futuro di grandezza in chi sopravvive. Ciascuno di questi ragazzi sopravvissuto potrebbe comandare un popolo. Ecco cosa manca alla nostra gioventù. E' troppo tempo che non facciamo una guerra vera. Siamo il paese del dolce far niente elevato all'ennesima potenza fino alla filosofia dell'inerzia. Nessuno vuol più lottare per niente, nessun ama qualcosa più di se stesso, tutti amano ossessivamente solo e soltanto se stessi. Anche se attraverso le cose. Lo spirito del consumismo.
Provo una sincera ammirazione per chi fa la guerra con i mezzi tradizionali, per chi non si arrende allo strapotere del nemico, è un grande insegnamento e una metafora della lotta per la vita. Io sono troppo avanti con gli anni e stanco e disilluso per combattere. Io al massimo posso documentare. La morte di questa civiltà, che come tutte le civiltà sarà spazzata via dai nuovi barbari, siano essi talebani, birmani , sikh o mussulmani filippini o dagli Hezbollah perchè mai l'idea che il burqua sia più illiberale dei megaposters del didietro di “Roberta”potra convincermi che la nostra civiltà è superiore alle altre. Basta questa convinzione a pormi automaticamente nella posizione di chi non si sente di combattere per una civiltà a cui sente di non appartenere. Cosa dovrei pensare di un paese come il nostro che denigra il risorgimento e la guerra partigiana che sono gli unici due momenti in cui chi combatteva lo faceva dalla parte giusta e in cui l'inferiorità della forza militare fu compensata dai più alti ideali che esseri umani possano mai avere: dal cuore e dalla passione, che altro non sono che componenti base, in natura, dell'amore. Questi partigiani sbagliati, i talebani, le tribù berbere combattenti che difendono i deserti, i mussulmani delle filippine, i guerriglieri ceceni, persino i guerriglieri marxisti colombiani dispersi nelle giungle colombiane, i senderisti, e i maoisti malaysiani, i guerriglieri palestinesi, rappresentano il futuro. Rappresentano il cambiamento. Correggeranno il tiro, miglioreranno i propri errori. E nessuno ci assicura che non saranno meglio di chi ha detenuto il potere per anni narcotizzando i popoli con la coca cola e il MacDonald. L'impero sta cadendo in pezzi e i barbari spingono alle frontiere. Come l'impero Romano, la storia si ripete. E a chi dice che queste forze nuove portano indietro la ruota della civiltà opprimendo le donne, dico che le donne stesse provenienti dal ventre di queste culture si selezioneranno attraverso la lotta interna e ciascuna di loro, una volta emancipatesi potrà comandare stati, dirigere uomini, com'è vero che chiunque vorrebbe avere un figlio da una combattente cecena, perchè sarebbe il raffinato prodotto di una selezione pluricombattente e avrebbe in nuce i crismi dell'uomo nuovo di cui parlava Trotsky, di quell'uomo cioè che abbandona la sua condizione media per elevarsi dal rango di australopiteco moderno.

martedì 20 settembre 2011

Come una bossa nova (due)


Da tempo superato quel narcisismo un po' infantile non che snob ad libitum dello scrittore che non legge altri scrittori, ho preso a noleggiare libri dalla biblioteca in genere la mattina prima di andare al lavoro. Un paio in genere e me ne infilo uno che più tardi terrà compagnia ad una copia ben piegata di Repubblica nel tascone laterale della divisa prima di andare al lavoro, in queste mattine umide di ottobre, quando tutti noi coscritti del lavoro e meno male, dovrei dire, visti i tempi che corrono, ci svegliamo con le ossa rotte e i muscoli rattrappiti e ci scaraventiamo in strada mezzi addormentati con gli occhiali da sole come minatori usciti dalle miniere dopo quaranta giorni di prigionia, non più abituati alla luce del sole. Poi in macchina lungo il naviglio, il riscaldamento acceso a palla, nel traffico mortifero delle nove di mattina, con radiodeejay a gracchiare da una vecchia radio-stereo e i vari personaggi del mondo intellettuale postmoderno che rispondono alla improbabile e tautologica definizione di deejay pronti lì a pontificare ed a diffondere a livello elettromagnetico il loro verbo ormai molto più ascoltato di quello dei politici e ci vuole poco, visti i tempi. Per non parlare degli intellettuali, grandi assenti dell'epoca, tutti venduti, persi nell'utilizzare le loro abilità per sopravvivere vendendosi al miglior offerente pur di non doversi ridurre a lavorare, manualmente o facendo altro, attività nobili che sembrerebbe quasi arrecar loro un'onta, e che insegnerebbero invece il valore del denaro e della fatica. Ma i novelli prostituti intellettuali, vere puttane postmoderne del pensiero, passano le loro giornate scrivendo libri insulsi per stampare i quali si arrecano danni ambientali incalcolabili all'Amazzonia, frequentano salotti buoni, girano negli studi televisivi. Ma dove sono finiti i Tolstoj che visitavano detenuti in confino, dove sono finiti i Dostojevskij che si rovinavano a giocare alla roulette, o che stupravano minorenni procurandosi un infinito senso di colpa carburante inestimabile per nuove creazioni del pensiero, dove sono finiti i Celine che visitano l'Unione Sovietica e dicono la loro imperturbabili e anarchicamente indipendenti, dove sono finiti i Trotsky che avevano una visione del mondo completa ed enciclopedica... e i Pasolini, gli Sciascia, i Calvino, ammesso che anche loro fossero immuni da piaggerie o accondiscendenze verso datori di lavoro editori e comunque imprenditori, capitalisti che devono far quadrare i conti? Gli uomini di pensiero oggi sono dispersi nelle segrete del pianeta, nelle fabbriche, in oscuri uffici impiegatizi poco numerosi o male illuminati, in Centri Commerciali, in officine meccaniche, in mezzo alle prostitute che vendono il corpo per pochi spiccioli o per tanti, non importa, fra oscuri impiegati di banca o operatori di call center. Sono sicuro che un marocchino che ha appena fatto il pieno ad un cliente di una pompa di benzina, ha pensato qualcosa di geniale, ha partorito nei suoi pensieri un verso immortale , ha avuto un'idea brillante e sta pensando che diminuire il prezzo della benzina aumenta l'inquinamento ambientale e che un cammello che si nutre sporadicamente di datteri è una nave del deserto e resiste a chilometri e chilometri sotto il sole come nessun mezzo meccanico e che nelle notti artiche del deserto guardando la luna e le stelle e congiungendone con lo sguardo i punti che brillano si possono vedere figure umane e facce e profili e che la volpe del deserto avverte un topo a dieci chilometri e che se l'uomo imparasse a sviluppare questo potere potremmo fare a meno dei radar e usare quelle risorse per produrre vaccini contro aids ed epatite c, o ebola o si potrebbe finalmente lottare seriamente contro il tumore senza dover chiedere soldi a sponsor più o meno occulti che li generano. Ma naturalmente nessuno verrà mai a sapere che ci sono uomini che pensano cose geniali, perchè il genio lo stabilisce il mercato, come pure chi è intellettuale e chi no, come pure se un quadro è un quadro oppure due pennellate buttate alla rinfusa su una tela qualsiasi.
Accelero nel traffico e supero un paio di semafori, dall'altra parte del naviglio qualche coraggioso masochista della corsa si sta allenando sotto un sole come filtrato dal velo di una sposa over sessantacinque e io do un'occhiata ai titoli de”La Repubblica” poggiata sul sedile accanto...e mentre per un momento osservo il giornale ancora compatto e intonso mi vengono in mente tanti ricordi...
Repubblica entrava , assieme all'Unità, da sempre a casa mia. Per cui per me leggere il giornale era come per un brasiliano fare sesso: fisiologico. Una delle cose che fa durante il giorno, senza distinguere performances, tempi, durate o altre amenità statistiche, la scienza più noiosa della terra i cui interpreti c'è da giurarci sono tipi che userebbero il goniometro prima di copulare, una delle tante cose o poche cose o niente cose, o fare nulla, aspetto che noi occidentali occipitali senza soluzione di continuità dovremmo ammirare e apprendere, presi come siamo ad ucciderci seppellendoci nella merce coperta inutile che ci soffocherà e ammazzerà la nostra creatività. Leggere per me era naturale, come respirare. Respiravo notizie, informazioni ma soprattutto parole che , dopo un po' che mi forgiai nell'abitudine a leggere, provai ad immaginare montate nella pagina in modo diverso, in una speciale sequenza che oltre al significato avrebbero “suonato” bene, come un ensemble ben assortita che trasmette emozione, sdegno , provocazione, visoni del mondo. E poi mi portavo con me durante il giorno queste parole che mi tenevano compagnia e che in pochi attimi davano un senso a tutto ciò che osservavo, dapprima emulando , ma poi, dopo un po' , elaborando. La copia gracchiante de La Repubblica, restava per casa tutto il giorno, emanando quell'odore inebriante di petrolio e di inchiostro, con quel formato a portata di mano, a portata di lettura, che puoi domare con tranquillità anche in una giornata di tramontana , mentre sei seduto a aspettare l'autobus e c'è un sole lieve e capolinante, in mezzo a nuvole solide come icebergs naviganti nel cielo oceanico aeriforme. E in varie fasi della giornata tutti noi in famiglia la leggevamo, a volte scorporandone le pagine e provandone fastidio per la disscrazione dell'intonsatura del formato , fino a quando l'atto stesso del disfare non schiudeva le porte per l'accettazione che un'idea una volta letta cambia cittadinanza e forma e bellezza o comicità e persino drammaticità, se è vero come è vero che la risata è un pianto rovesciato e poco a poco quella pagina sacra che trasmetteva pensiero non si trasformava nell'idea stessa di cui la cultura deve essere costituita e cioè di qualcosa che devi usare una volta che ne hai capito il messaggio e ti sei accorto che ti ha insegnato a non farti usare da lei. Ecco che cosa significava per tutti noi in famiglia una copia de La Repubblica in casa, una volta che la disfacevamo e ognuno di noi se ne portava in pezzo chi sul tavolo della cucina, chi sul trono postprandiale , chi in giro mentre era in fila in posta in attesa di pagare una bolletta, chi se ne stava ancora un po' a letto senza incombenze immediate. E ognuno di noi, al termine si scambiava quelle pagine e insieme ad esse pareri. Cose così, semplici, che in qualunque famiglia normale di un paese normale dovrebbero avvenire. E invece ero e sono sempre stato uno dei pochi a spendere pochi spiccioli per un giornale, proprio perchè amo la lettura , che mi dà il tempo di elaborare al contrario della televisione, con i suoi tempi i suoi palinsesti le cordate i presenzialismi e persino le labbra e gli zigomi rifatti, per cui alla fine in mezzo alla sarabanda di informazioni di mortammazzati, sgozzati, stupri e violenze inenarrabili uno alla fine comincia a concentrarsi su quelle labbra , su quegli zigomi e poi sul decoltè e comincia a distrarsi, così, per una normale difesa psicologica che ad un certo punto si impossessa di te come per i marines farsi le canne in Vietnam.
Tutte le mattine entro in azienda con la divisa coperta appena da un gilet imbottito dover ripongo i miei occhiali da sole necessario orpello da vampiro involontario e dopo aver strisciato il badge nell'apposita macchinetta entro negli uffici, con una copia de La Repubblica piegata in quattro e infilata nel tascone dei pantaloni della mia divisa con la scritta ben in vista come una bandiera, come una spilla dell'armata rossa rubata ad un generale russo quando era ancora in servizio, come la maglietta di un fan che è stato al concerto del suo cantante preferito, e dopo un po' faccio il mio ingresso in mensa per bere uno di quegli insulsi caffè , osservato da tutti con quel misto di apatia e noia e fastidio, osservato con sospetto, come qualcuno di cui diffidare, perchè sa usare le parole e questo lo mette a capo di una sorta di congrega immaginaria di complottardi che magari riusciranno a farsi dare le ferie quando vogliono loro, farsi dare un aumento, tenere a distanza i dirigenti o essi stessi, temendo di non essere all'altezza. Spesso entrando in azienda col giornale nel tascone mi sono sentito come un palestinese in avvicinamento ad un check point israeliano, come una potenziale minaccia , come qualcuno di cui non fidarsi. E ci chiediamo perchè nel nostro paese abbia successo uno che raccomanda di non leggere i giornali che non sapeva che il padre dei fratelli Cervi fosse morto e che inneggia a Romolo e Remolo a cui abitualmente qualche ben pagato intellettuale di cui ho già detto fa da gost writer?
E' alla lettura invece che devo se ho imparato a diffidare delle parole ed il significato di frasi come “quando lo stato comincia a farsi chiamare Patria si prepara alla guerra” ed è grazie alla lettura dei giornali se sono diventato abile nello smascherare il linguaggio criptato della politica, di chi ti veste una speculazione edilizia con un bel “valorizzazione del territorio” o di chi ti vende le Centrali Nucleari con tutto il loro potenziale di morte ad orologeria come “avamposto del progresso senza il quale non si potranno fare i conti col futuro”.
Tutte le mattine l'edicolante da cui compro la Repubblica mi guarda male, perchè lui odia gli stranieri che ritiene responsabili di tutti i suoi guai personali comprese le corna che s'è beccato dalla moglie colta in flagrante con un senegalese parecchio prestante e pensa che io inquanto lettore di
“quel giornale” sono automaticamente uno spaccafrontiere che accoglierebbe chiunque varcasse il confine vestito di stracci fingendosi profugo in realtà infiltrato “comunista”, che ci sta bene un po' dovunque, così come “finocchio” o meglio ancora ” ebreo”, inaugurando quello che chiamerò “il paradosso dell'edicolante razzista” e cioè di colui che vende e diffonde le stesse idee che alla fine lo affonderanno, se è vero come è vero, che i giornali più venduti hanno delle opinioni che mettono in dubbio le certezze del darwiniano sociale medio. “Il paradosso dell'edicolante razzista” è alla base della nostra cosiddetta civiltà: operai fabbricano armi che uccideranno operai di altri paesi, lavorano a salari più bassi facendo licenziare operai di altri paesi , giornalisti scrivono articoli a favore di governi che pretendono di abolire i sindacati dei giornalisti, scrittori scrivono romanzi sulla base di idee degli editori, politici di sinistra dicono cose di destra per prendere voti, politici di destra ne dicono ancora più di destra per prenderne di più di quelli di sinistra che dicono cose di destra, e via dicendo, un po' come la pensava il vecchio Lenin quando diceva che il capitalismo finirà per vendere la stessa corda alla quale sarà impiccato. Milioni di persone, per egoismo, opportunismo, persino per paura o inedia, forniscono i propri servizi ai produttori di cappi ai quali resteranno impiccati e se anche non dovesse accadere per me non sono altro che dei traditori della razza umana, dovrebbero dimettersi ,oltre che dalle attività che svolgono , persino dal genere umano. Pensiero radicale, miglior pensiero, base di partenza indispensabile per cercare il giusto compromesso ed arrivare ad un punto di equilibrio accettabile per la maggior parte delle persone. Mi hanno sempre definito un estremista, un ultrà, un mullah della sinistra pauperista, un nostalgico del socialismo realizzato, in nome di una democrazia che si è dimostrata più utopistica di qualsiasi ideologia dal momento che non ha affatto diminuito le ingiustizie sociali, ma anzi, in molti casi le ha acuite, illudendo le masse con il panem et circenses di Beautiful , Mulino Bianco e la Domenica Sportiva.




martedì 6 settembre 2011

Come una bossa nova (Uno)


E' notte, in cuffia Radio Bossa Nova FM mi fa viaggiare tra le spiaggia brasiliane, sotto l'ombra delle palme, col viso accarezzato dalla brezza, in bocca il sapore asprigno della caipirinha, in lontananza fanciulle mulatte dai corpi sinuosi e ofidici ancheggiano lanciando sguardi in tralice che emanano riflessi come di marlyn che tentino di slamarsi da ami di pingui pescatori seduti su grandi yacht d'altura, ancestrali urubu neri si stagliano sull'orizzonte ingentilito da una nebbiolina azzurrina come dopo un'esplosione, odore di olio di cocco, posso vedere i grattacieli del litorale di una qualsiasi città brasiliana rimpicciolirsi mentre li guardo attraverso il microscopio di un bicchiere di birra Skol giallo paglierino sollevata da un uomo panciuto che sembra godersi ogni momento di questo starsene all'aria prevespertina del pomeriggio caraibico, rumori di sottofondo di mototaxi nordestini, ecco mi sembra di starmene seduto a pensare su una spiaggia nordestina, del Brasile più autentico, primitivo, atlantico e marino, mentre aquiloni solcano l'aria innalzandosi sull'oceano come caricature di aerei destinati a trasvolare l'atlantico, mentre sotto una baracca all'ombra ragazze dal somatico indefinibile , androgino, ma non per questo meno misterioso e affascinante, danzano il samba del pomeriggio su questa spiaggia dove il tempo sembra essersi fermato, dove non conta più nulla , a parte l'attesa e lo scorrere dei minuti che non terminano mai e gli sguardi che parlano standosene in silenzio e i movimenti di bacini, occhi, mani che fumano sigarette e spinelli alla buona , un sound system lancia tracce di forrò che fanno danzare tutti compresi quelli che siedono e si danno da fare a scarnificare pesci pargo appena arrostiti o polli arrostiti o arrosti misti cotti con la dovizia di una cerimonia del tè giapponese, ma con più calma , se possibile...perfetta cornice che permette e favorisce lo sviluppo di mille amori o di un amore, non importa, dell'amore, comunque, perchè l'amore non è fatto solo di corpi scolpiti, ambrati dal sole caraibico, non è solo fatto di dentature perfette, di sguardi sfuggenti, di occhi che sorridono e di anche che danzano l'hula hop del desiderio solo e semplicemente camminando, ma l'amore è anche e soprattutto atmosfera, energia che si assorbe dall'aria, nel clima, è energia combinatasi atomicamente dalla somma alchemica dei ventuno grammi di quelli di noi che non ci sono più e se ne sono liberati, per lasciarla libera vagare nell'aria, senza che nessun Dio possa mai avere l'ardire di riuscire a irregimentare, che se dovessi darle una forma, a questa energia, sarebbe quella delle facce delle ragazze che danzano il forrò sotto l'ombra di una baracca, facce indie, facce nere, facce mulatte, facce bianche teutoniche, rosse belghe, italiche venete , scure mediterranee , facce africa, facce pellerossa, facce inuit, facce nippo, facce ciaina, che tutte insieme compongono un'unica grande faccia verdeoro che è il continente brasiliano.
E' notte e fuori è buio e c'è silenzio , nella periferia ovest di Milano, dove mi sono ritirato a vivere da oltre vent'anni e cerco di stare in equilibrio, con i miei sentimenti, con le mie emozioni, con le mie ragioni, con i miei valori, ma la vita è il vento che mi colpisce in viso e in faccia, come una tramontana gelida, mentre percorro un filo d'acciaio teso fra due grattacieli e sotto il vuoto più assoluto fatto di persone che mi guardano in attesa dell'evento tragico che dia un senso alla loro esistenza, per differenza, per sopravvivenza, cinque minuti di calda consolazione perchè è toccato a un altro e non a loro, cadere. Ma è giunto il momento per me di prendere il coraggio a due mani e di andare avanti sulla corda d'acciaio tesa fra i grattacieli di questa città stato. Senza aver paura di cadere, anzi forse avendo paura di cadere, perchè la paura genera attenzione, è vigile, mette concentrazione, mentre il coraggio uccide. Più che il coraggio l'eccessivo coraggio. I giorni scorrono inesorabili, i capelli si ingrigiscono, la pinguedine mi assale con l'autunno foriero di appetiti irrefrenabili antistress, nonostante il jogging quotidiano, almeno 45 minuti. Tutti i giorni dopo il lavoro, quasi in stato di trance, appena arrivato a casa dal lavoro, indosso la tuta e qualche vecchio maglione in disuso e senza troppo senso estetico modello runner milanese new generation, inforco delle scarpe da jogging neanche tanto tecnologiche e mi scaravento in strada. Via, nell'autunno incipiente, primi di ottobre, verso le sette e mezza di sera, ed è già buio, vado verso la mia quotidiana meditazione in movimento. Esco di casa a Corsico, cielo nero lavagna, intorno palazzoni di dieci e più piani popolati ormai in prevalenza da puttane nigeriane, matrone russe pettorute modello matrioska bodybuilder, esili polacchi emo, massaggiatrici cinesi, i soliti magrebini macilenti marlboro perennemente incollata al labbro secondo i classici dettami coranici del fumo male minore rispetto all'alcohol, reduci dal recente ramadan, e pochi stanchi calabresi e napoletani che resistono senza reali alternative auspicabili, mi inoltro nei vicoli dietro casa, sotto gli sguardi costernati di fastidio che dalle finestre e dalle villette intorno , nella strada che costeggia le finestre di casa, mi monitorano durante il passaggio, mentre cani ringhiano e abbaiano dietro le inferriate diventati cloni dei proprietari e delle loro idiosincrasie per il diverso da sé, nella fattispecie il jogger che nell'incipiente serata postlavorativa come un ninja forzato, in tutta scura e scarpe ginniche , prova a battere il tempo che passa , lo scazzo divanesco dello starsene in tv come ebeti o tossici in scimmia pura a lasciare che quella scatola emanante onde elettromagnetiche pensi per te, come si permette questo strano individuo, che a quasi cinquant'anni, e non ha più l'età, di andarsene a correre a quest'ora, mentre tutti noi guardiamo il tg di Italia Uno e ci inebriamo nell'idiozia più totale dello slogan gridato che pubblicizza la medesima rete, mentre si parla volentieri delle tette di Belen, delle pseudofrocerie di Corona, e quasi mai o per niente dei morti ammazzati sul lavoro in ognidove in Italia, negli anni zero che sarebbero dovuti essere gli anni della sicurezza assoluta e della tecnologia che affranca l'uomo dalla fatica del lavoro...penso tutte queste cose mentre i cani abbaiano rabbiosi dietro le inferriate facendomi venire voglia di diventare il primo serial killer di cani a guardia di villette hinterlandiane milanesi. Prendo a sinistra e sento lo smog delle auto che mi pizzica il naso e la gola, mentre salgo e scendo dal marciapiedi, illudendomi che questo andare su e giù per i marciapiedi, schivare buche, saltare gobbe sull'asfalto semiporoso del paese , mi alleni tutti i distretti muscolari, come il primo bianco che corre come un keniano nella valle del Rift, dove decine di ragazzi neri africani, memori della corse di chilometri a piedi, per andare a scuola, con ogni tempo, hanno deciso di prendersi un riscatto sulla vita e sul mondo, continuando a fare quell'esercizio che li portava sui banchi davanti ad una lavagna raffazzonata e a gessetti mossi nervosamente da maestre dentibianchi improvvisate dell'ultim'ora ma non meno importanti e forse più pregnanti di professori liceali di un occidente evoluto ricco e povero di idee, primo bianco che corre a prescindere da un allenamento per qualsiasi gara, ma solo per la gara della vita, della sopravvivenza, la gara del mantenersi in salute e sani di mente, combattere il colesterolo e i grassi nel sangue del corpo e il colesterolo dell'anima, ancora più pericoloso. E mentre mi infilo su un viottolo sterrato che si apre in mezzo a pioppi che fanno il presentat'arm a canali irrigui limpidi che ospitano trote guizzanti, incontro quasi sempre dei tossici senza età, uno piuttosto robusto in canotta estiva, persino in inverno, e pantaloni mimetici, con uno stanco pittbull con un'espressione senza espressione, con occhi languidi e cerulei, che pare in scimmia come il proprietario, proiezione canina del proprietario, il quale mi osserva sempre caracollare con la mia teoria sonora di passi strascicati sul brecciolino del viottolo in questione, ma io nel ricambiarlo col viso capisco che è lo sguardo truce del cobra negli ultimi attimi prima che la mangusta gli dia il colpo di grazia, fragile com'è, lui e i suoi colleghi di siringa o di vena, che di quando in quando spariscono dietro i cespugli di more perennemente spogli, come i rari alberi di fichi disseminati lungo questo percorso bucolico che si apre improvvisamente e improbabilmente nel bel mezzo dei quartieroni di palazzoni di Corsico, Buccinasco & company, spogli in realtà, perchè qualsiasi bacca o frutto non fanno in tempo a crescere che nugoli di pensionati che hanno tutto il tempo per godersi la miseria della recessione galoppante, li estirpano neanche giunti a maturazione, con quell'ottica di rapina che l'italiano medio di ogni latitudine si ritrova ad avere di fronte alla cosa pubblica.
Poi di volata lungo un vialone, a destra campi di granturco d'estate o brulli d'inverno, gracchianti di cornacchie grigie in pasturazione, attraverso gli occhi delle quali faccio delle esplorazioni in zona, immaginando di trasformami in qualcuno di questi volatili che secondo Castaneda sono dei conduttori momentanei o permanenti di anime, ricognitori alati attraverso gli occhi dei quali uomini dotati di speciali capacità oniriche riescono a vedere e prevedere agguati di nemici e incombenze della vita. Qualche airone cenerino o bianco, attraversa il volo il vialone, mentre a sinistra condomini di due o tre piani immersi in giardini così curati da sembrare artificiali, stanno immobili e silenti come transformers congelati da qualche potenza aliena in attesa di attivarsi in un futuro prossimo venturo così lontano da immaginare che gli uomini se ne andranno in giro con le clave.
Dopo una curva, vedo in fondo ad un altro vialone, una grande fontana, al centro di una rotonda che regola il traffico, mentre a sinistra, lungo la siepe dei condomini verdeggianti, qualche altro jogger si dà da fare per consumare delle costose scarpe nuove fiammanti appena acquistate da qualche negozio di settore dall'altisonante nome di “Paradiso del Runner”, tipico, questo aspetto di un popolo che non sa più improvvisare, ma che tende a svolgere tutto, qualsiasi cosa, in base a canoni di specializzazione, in ossequio alla cultura della specializzazione, la cultura delle varie Bocconi e Luiss, dove ti insegnano a pensare solo con un lato del cervello, quello che serve a chi detiene le leve del potere economico e finanziario del pianeta. Oltre la fontana attraverso un parco dove spesso trovo uomini o donne di mezz'età, che accompagnano i cani a pisciare, così assomiglianti che qualche volta mi viene fatto di pensare che siano i cani a portare loro a pisciare, e a volte mi fermo davanti a delle panchine di pietra a fare degli esercizi, per gli addominali o piegamenti sulle braccia, ma senza il fanatismo “marine” del fissato per la cultura fisica, ma più che altro per accertarmi dell'esistenza in vita delle altre parti del corpo che non siano le gambe motore giocoforza del corridore. Qualche volta le panchine del parco sono affollate di sbarbati dal viso albino e sbattuto che mi guardano circospetti e impauriti, mentre si rollano le loro canne di noia postprandiale o serale e mi guardano con odio, sfrecciare sulle passatoie di mattoni che serpeggiano in mezzo all'erba morta o tenuta in vita a flebo di pesticidi, mi odiano a prescindere, diverso dai diversi del neoconformismo tetracannabinolico, della serie se non fumi erba o hashish non sei della crew( almeno fosse vero hashish, è solo sterco incartaopecorito vendutogli da marocchini affabulanti meraviglie tossicologiche da inesistenti “Mille e una notte”). Svolto a destra e taglio per un pezzo d'erba e m'infilo in un viottolo a fianco di un nuovo compresso di palazzoni, sul mio lato sinistro un canale irriguo di acqua limpida e davanti a me due panchine quasi sempre vuote, lignee panchine che stanno all'ombra di due immense e imponenti querce che mi commuovono e che mi danno la sensazione di essere degli eroi arborei che sopravvivono come vecchi e immortali guerriglieri all'avanzata del cemento e dei quartieri di calcestruzzo nati da plastici di architetti spastici brillanti solo a rimpinguare i propri conti in banca e a sedersi ben abbronzati di lampada in studi televisivi a fare le star, tragicomico destino di chi ha progettato carceri dorate cinte da giardinetti finti, scale finte, cemento finto e balconi in anticorodal spacciato per glamouroso. Passo attraverso un ponticello di legno e faccio un altro pezzo di viottolo brecciato, in mezzo a due canali irrigui sui lati, dove talvolta vecchi “sciuri” in pensione se ne stanno in bermuda stinte a pescare con nipoti entusiasti di questo piccolo Quark in scala ridotta che darà loro l'illusione di sapere cos'è un pesce, idea che quel assai poco guizzante surrogato di trota che di quando in quando vedo dimenarsi alla moviola appena preso all'amo non potrà mai dare. Privo com'è, oramai della violenza tipica di tutti gli esseri liberi che rinuncerebbero alla vita pur di non finire in una casseruola, abituato a quei piccoli corsi d'acqua artificiali il cui corso è deciso dall'uomo, pesci detenuti, che hanno perso ogni orgoglio protervo di anelare alla libertà. Sulla sinistra mentre faccio un pezzo di asfalto, mi appare il cimitero di Buccinasco, e mentre osservo quei lumini o quelle tombe con croci stinte o lignee e qualche parente con dei fiori in mano che chiude la macchina con un comando a distanza ed entra nel camposanto come sull'Enterprise di Star Trek e mi faccio la croce, così, come un antico gesto apotropaico in omaggio al paterno non ci credo ma ci penso, ma più che altro per ideale ossequio ai miei morti sparsi per i vari cimiteri appulosalentini, per tutte quelle volte che non ci vado, tutte le volte che passo da quelle parti, nutrendomi dei vivi e trascurando i morti e le loro tombe, che, si creda o non si creda, sono templi del ricordo, dove davanti ad una foto e ad un mucchietto d'ossa , uno finisce per parlare a delle anime o entità che non esisteranno più. Questo uccide gli uomini, non l'aids, la sifilide, la peste, il cancro, l'uomo lo uccide l'idea che alcune cose e , soprattutto, alcune persone, non tornino più e uno le tiene vive nei ricordi finchè un alzahimer o la vecchiaia incombente non stempera e sporca persino quelli. Epperò illuderci di essere individui superiori a qualsiasi altra specie del creato, ci lascia mostrare una hybris fuori luogo che ci autorizza a travalicare ogni limite, sia nel buon senso che nelle atrocità.
Adesso entro sotto un arco artificiale che annuncia che sto immergendomi in un percorso vita, non prima , però di essere passato sotto un ponte della tangenziale ovest, mentre milioni di macchine ci passano su con una violenza inaudita, meccanica, elettronica e dromologica, milioni di persone che vanno o tornano dal lavoro, tutti soli, uno per macchina, quintessenza dell'individualismo solipsista imperante pietra angolare del consumo di merci. Passo all'interno di un complesso di casette di campagna, giusto davanti ad una vecchia cascina, dove una chiesetta, la chiesetta della Madonna bambina di Buccinasco , sempre chiusa solitaria e buia all'interno , mi accoglie con la sua presenza imperitura di un edificio bastante a se stesso persino nell'incombenza di sgretolarsi. Due madonnine a bordo strada mi impongono un nuovo segno della croce, questa volta ad invocazione di numi, se esistono o meno si vedrà, che mi aiutino a fare la salita che mi farà attraversare il ponte che ho già attraversato sotto il fondo stradale. E vedo già, a metà salita l'enorme interminabile teoria di macchine che insieme producono quel caratteristico rumore di traffico, di fervore meccanico, quasi un urlo da stadio, più uniforme e monotono, della tangenziale ovest, mentre sulla mia sinistra una grande risaia mostra nello specchio dell'acqua che la inonda nuvole grigie proteiformi che mostrano facce di Padre Pio, Cristi in croce , teste di Che Guevara col basco che fumano un sigaro, dirigibili tedeschi, Corto Maltese sulla plancia di un veliero o Tex Willer a cavallo in cerca di un pezzo di deserto per un bivacco ritemprante. A centro ponte vedo milioni di macchine passarmi sotto e tutti mi guardano sfrecciare sul ponte con la mia andatura stanca e caracollante e pensano con invidia malcelata allo sfigato che sono, incapaci solo di lontanamente concepire che in quel momento sono l'uomo più felice della terra. In quel momento i miei sensi al massimo dello sforzo sono anestetizzati all'ennesima potenza, potrebbero spararmi o infilzarmi con una freccia di balestra che non potrebbero fermarmi, le endorfine al massimo, come sotto l'effetto di mille dosi di morfina, ed ho tutto dentro come qualsiasi altro essere umano, sto solo scoprendo le mie potenzialità...che questo è in fondo che si richiede all'uomo, questo deve essere il suo scopo precipuo in questa vita, portare al massimo livello la sua ricerca di conoscenza sul mondo e su se stesso nel mondo, potrei abbracciare tutti gli esseri viventi sentendomi armonico con loro proprio perchè non sembra importarmene per nulla di loro proprio perchè me ne importa e c'è buddismo in questo, c'è taoismo, e ce l'abbiamo tutti dentro solo che non sappiamo come si chiama, non sappiamo riconoscerli, potremmo chiamarlo in onore della cultura cristiana, lo spirito santo. Non c'è bisogno di credere, basta staccare il cervello dalle incombenze materiali del vivere, anzi dalla dittatura della produzione di beni e servizi per altri, anche solo per una quarantina di minuti, tutti i giorni, chi con la corsa, chi con lo yoga, cucinando o bevendo una ceres o un tè verde al bergamotto, lontani da quell' eleusino oracolo tecnologico della tv, che ecco che tutti noi siamo in grado di riconoscere quel momento zen che dà un senso compiuto alla nostra vita. In discesa a rotta di collo, in mezzo a capannoni industriali, mentre chiudono e gli ultimi dipendenti fumano la sigaretta della staffa prima di mettersi in macchina e percorrere la tangenziale. La stazione di servizio sulla destra, mentre un bel po' di impiegati dopolavoristi si stanno lavando con dovizia l'auto, con una pompa a mano che spruzza acqua ad una velocità impressionante, mi lascia pensare che lo stiano facendo per rilassarsi e per far godere la loro utilitaria, quasi la personificassero e infatti qualcuno ci parla, l'accarezza, la coccola. Attraverso due rotonde e mi immetto su una pista ciclabile rossastra, in mezzo a capannoni industriali che emanano odori forti di vernici e lacche che mi fanno venire in mente ragazzi di strada ai semafori di Fortaleza sporti al finestrino del taxi che chiedono spiccioli strafatti di colla, bruni, ambrati ma tragicomicamente profumati dalle lacche inalate a profluvie. Al termine della ciclabile svolto a sinistra tagliando una rotonda, una collega di lavoro rumena in bicicletta mi riconosce e mi guarda con un improvviso interesse che io immagino persino sessuale , abituata a percepirmi e vedermi come un collega di lavoro piuttosto intellettuale e stolido, potere disinibente dell'atletismo mostrato in strada.
Percorro un tratto di strada verso l'involontariamente tautologico Parco della Resistenza, a destra ragazzi fumano uscendo da una palestra di bodybuilding dove a parte rimirarsi allo specchio non hanno fatto molto al contrario di quel che pensano vedendosi grossi. Per correre ci vogliono le palle, non basta fare i pugili, i calciatori, i giocatori di rugby, i karateka, solo la corsa forgia il carattere. E bisogna correre immaginando di fare il doppio di strada di quella che si sa di dover percorrere. Lungo l'inferriata del Parco della Resistenza, sfreccio con la mia maglietta con su scritto “Partigiani Sempre” e un idiota italico medio mi lancia un “meno male che Silvio c'è”, cantato e un “Italia uno” urlato, in questo paese che ha perso il senso del pudore e che non si vergogna più di niente , nemmeno della propria ignoranza. Corro ancora lungo il periplo del parco che fra qualche anno si chiamerà Parco del Grande Fratello , c'è da giurarci, ma niente mi distrae dal completare il mio allenamento, nulla può distogliermi dal mio bipede viaggio quotidiano nel viaggio della vita. Ancora un allungo e infilandomi in dei vicoli, in men che non si dica, sotto gli occhi di esterrefatti passanti, chi fumando, chi flirtando appoggiati a un auto, percorro gli ultimi cento metri, che faccio alla velocità del velocista giamaicano della mia immaginazione. Una volta fermo continuo a camminare. Trenta metri e sono davanti a casa , dove mi fermo davanti ad un palo che segnale divieto di sosta a fare stretching, indispensabile corredo al termine della fatica. Osservo il palazzo di fronte al mio, un palazzone vecchio e crepato, dove al quinto piano alcune finestre sono aperte estate e inverno e nere nigeriane e russe discinte si alternano a lavare piatti e cucinare, lanciando di quando in quando sguardi al mio indirizzo e sorrisi sornioni, in reggiseno alcune, con magliettine che coprono tette free lance, altre. Io rispondo al sorriso e faccio per rientrare nel portone del mio condominio. Nella mente la gradevole immagine di questa gente che sa ancora sorridere e che se ne frega della disperazione, e che anzi la scaccia dalla propria vita in modo ammirabile, mentre lava i piatti nel proprio momento zen della giornata, prima di andare a battere o a fare lavori pesanti e malpagati in pizzerie di italiani che non sanno più apparecchiare un tavolo , o in fabbriche che gli italiani non sano più tenere pulite o prima di andare a mandare i soldi con money transfer in lontani paesi che sembrano sputi su google maps, ma che conservano la memoria genetica di un'umanità che noi italiani abbiamo perso per strada perchè ci siamo creduti americani. Incontro nelle scale un paio di inquilini del mio condominio. Facce tristi e spente di chi ha casa, box auto e abbonamento a San Siro ma non sa più sorridere alle foglie secche.

venerdì 2 settembre 2011

Come un racconto (terza parte)




Il lavoro sul polpaccio procede. Il viso Yanomami viene inciso per sempre nel polpaccio. Camminerò nella giungla per sempre. Sull'impiantito dell'azienda, per strada, su asfalti roventi o bagnati esalanti aloni come geyser, su strade sterrate, ovunque. Quello che mi interessa del tattoo è lo spirito che ti infonde. E c'è il fatto, poi, che io non ho la faccia da tatuato e non mi piace ostentarli. E' bello vedere l'espressione di meraviglia sul viso quando ti spogli, in spiaggia al mare o prima di fare sesso. Gli occhi di chi ti guarda si fumano una canna senza fumarsela. Rispetto agli altri due tatuaggi, rispettivamente un minotauro e un budda giovane, scolpiti sui deltoidi, questo, sul polpaccio, fa male, dopo un po'. Certo un dolore sopportabile che ti ricorda in senso buddistico il dolore di esistere. Con la mente vago, esco dal palazzo, scendo per le strade del quartiere, zona Cologno Monzese. Incontro un uomo che si muove con una stampella. Soffre molto nei movimenti. Ogni passo una smorfia di dolore. Più avanti incontro un vecchio. Il suo viso è scavato e triste, la vita è passata e non ha fatto quello che avrebbe voluto fare. Alla fine tutti dobbiamo morire. In pratica faccio lo stesso percorso iniziatico del Buddha. Con la mente. Ritorno in me. Tommy mi sta scolpendo il tattoo.
“Non mi piace fare tatuaggi a scopo commerciale. Non faccio tatuaggi a chiunque. Mi deve piacere la persona a cui tatuo qualcosa. Porterà tutta la vita addosso qualcosa di mio. Si stabilisce per sempre un rapporto personale”, dice.
“Questi tatuaggi non lo vedrai mai in giro a nessuno, sono frutti di disegni unici creati a posta per te o per chi tatuo”, dice ancora.
Renata sfoglia Tolstoj e assente col capo .
“Uh uh”, dico io.
Va avanti veloce, Tommy e in un'ora a mezza ha già definito il disegno e si accinge a passare alle sfumature in nero dei capelli.
Come un alchimista muove minuscoli alambicchi plastici attento a non contaminarli per poterli riusare, con aghi rigorosamente monouso. Ci versa dentro i colori. Pulisce il lavoro fatto con uno spruzzino di disinfettante. Si cambia i guanti sterili. Il sole comincia un po' a perdere di intensità, la sua luminosità prende ad opacizzarsi. Forse una nuvola, forse il pomeriggio inoltrato.
Renata di quando in quando dà una mano, ora a noi, ora a Pablo, per consolarlo. Non riesce proprio a capire che cosa stiamo facendo, poverino. E perchè non giochiamo con lui.
Ad un certo punto facciamo una pausa. Io vado in camera da letto e guardo allo specchio il frutto della prima stesura. L'immagine è nitida e ben scolpita, il nero dei tratti intenso. Fra un po' passeremo alle sfumature, alle rughe , ai particolari degli occhi, che Tommy vuole ieratici e magici, come si conviene ad un personaggio di impronta castanediana. Beviamo un bicchiere di Canonau, che fa sempre buon sangue. Guardiamo al pc qualche foto del recente viaggio che Tommy ha fatto in Sardegna, terra della metà del suo sangue, da parte di madre. La seconda metà , quella da parte di padre, è calabrese.
Belle foto con sfondi naturalistici di natura mediterranea, macchie di lentischi , ginestre , rocce preistoriche, fichi e fichi d'india. Assolutamente assente alcun tipo di fico milanese doc o d'importazione.
“Ero al bar con un mio amico d'infanzia. Lui adesso fa il finanziere. Io l'ho salutato. Lui mi ha guardato come se avesse visto un gremlins. Mi fa, sei tutto tatuato, ma che ti è successo? Scommetto che c'eri anche tu a Genova, al g8. Io gli dico, ma che cavolo c'entrano i tatuaggi col g8? Sei proprio un ignorante. Fra noi due chi è peggiorato, gli dico, nonostante le apparenze, sei tu. E me ne sono andato per i cavoli miei. Finchè la gente ragionerà per luoghi comuni non cambierà mai niente”, dice Tommy.
“Allora fai prima a dire che non cambierà mai niente...cambiano le facce e i colori, ma le architravi della società, vale a dire Economia, Chiesa, Politica , vengono mossi da pochi grandi vecchi che si assicurano che cambi tutto senza che cambi niente. Siamo il paese dei gattopardi”, dico.
“Siamo il paese delle zoccole”, dice Tommy. Touchè.
Riprendiamo il tattoo. Mi ristendo sul tavolo. Pablo ora siede ai piedi del tavolo, la lingua penzoloni a lavare il parchè, sembra essersi calmato ed aver accettato la sua condizione di animale essere innocuo che si contenta della vicinanza e della prossimità degli umani, senza contatto fisico alcuno. Renata riprende Tolstoj. Guarda con soddisfazione al lavoro svolto e dà qualche consiglio. La luce del sole comincia mano mano ad affievolirsi . Ora il dolore al polpaccio comincia a farsi intenso, come tante punture di spillo. Esercito la mia resistenza fachirica cercando di non darlo a vedere. E' il momento dei colori. I minuscoli alambicchi vengono intinti di continuo per il rosso, il blu e il giallo delle bacchette infilate in naso e labbra dell' indio. Il verde viene dato sulle foglie intorno alle orecchie, tutto in sequenza.

Al tramonto il lavoro volge al termine, sono trascorse circa sei ore ed il risultato è francamente incoraggiante. La faccia dello Yanomami è ora immortalata per sempre sul mio polpaccio. Me lo porterò con me fino alla tomba e porterò un pezzo d'anima di chi lo ha disegnato con me . Renata nel frattempo va di là in camera da letto e naviga per un po' in internet. Ecco, adesso, sono al culmine del dolore. La schiena mi fa male, per essere stato disteso a lungo prono e le punture di spillo si fanno sentire lancinanti. Non c'è più endorfina che tenga.
Tommy dà gli ultimi ritocchi e mi consente di alzarmi in piedi. Guardo il risultato allo specchio nella camera da letto, aprendo le ante dell'armadio. Lo Yanomami sembra animato di vita propria, i muscoli del polpaccio agitandosi per il movimento del camminare dà alla faccia una plasticità sconcertante. La faccia parla, sembra volermi parlare, sembra volermi dire delle cose . Forse mi maledice per essersi trovata di colpo sul polpaccio di un uomo occidentale che vive nella modernità che è la lapide della vita primigenia. Che altro non è se non la vita vera tout court. Mi siedo per rilassarmi un poco. Mi sento come in preda ad una strana febbre. Bevo un bicchiere di Canonau per riprendermi. Renata comincia a cucinare una pasta con sugo di melanzane. C'è una catartica armonia nell'aria, dopo una sofferenza che non assomiglia per nulla a quella della vita quotidiana. Mi sembra di essere stato altrove. Nella giungla amazzone , in un tempio buddhista zen o a Badu'e carros, in un carcere speciale sardo, dove detenuti politici di una rivoluzione che non c'è mai stata meditano su una sconfitta nata dall'aver confuso il popolo con la gente .
Tommy, con calma, comincia a mettere in ordine le sue cose, in mezzo al tepore dei tegami con sugo di melanzane e pasta a bollire .
Dopo una ventina di minuti di assestamento, Renata si assenta per andare in bagno e Tommy, lì, seduto, di fronte a me prende a parlarmi.
“Quando siamo stati in Sardegna in vacanza, mi è successo un fatto che definirei magico. Lo sai io sono un razionale, non credo molto a queste cose, ma si è verificato un fenomeno sconcertante. Mentre ero a letto una notte, ho sentito in alto, davanti a me disteso, un intenso profumo di tabacco e di sudore che mi ricordava mio zio. Una specie di nuvoletta. Non mi sono spaventato. Ho cercato di capire meglio cosa stesse succedendo, se per caso stessi sognando. Ho auscultato i capelli di mia moglie che dormiva a fianco. Ma non proveniva da quei capelli, quella emanazione. Mi sono rivoltato e quella cosa, dio, era ancora sopra di me. Un profumo intenso di tabacco e di mio zio. Sai io quando vado in Sardegna vado sempre a fargli visita al cimitero. Ma questa volta ancora non c'ero stato. La cosa è proseguita per parecchie ore. Non ho pensato a nulla e non ho avuto paura. Non l'ho detto a nessuno. La mattina dopo sono andato al cimitero, sulla tomba di mio zio. Gli ho parlato . Mi sono scusato con lui per non essere andato a trovarlo prima . Poi il fenomeno non si è più ripetuto. Ecco lui voleva solo questa gentilezza, che lo andassi a trovare”.
“E che idea ti sei fatto?”, gli chiedo.
“Niente, nessuna idea. Forse noi non moriamo veramente, cambiamo solo stato, diventiamo, ghiaccio, acqua, vento, ma la nostra energia resta per sempre. Per questo quelli che fanno i figli al solo scopo della continuazione biologica di se stessi, sono una manica di egoisti. Un figlio è una vita a sé stante, non un tuo clone. E tutti noi siamo energia inestinguibile. Esiste tuttavia un mondo in cui la morte muore veramente. Ma non sono sicuro che sia proprio un male, questo”.
“Già, può essere l'estinzione perpetua del dolore, un concetto buddista”.
“L'hai detto, fratello”.
“Nel disegno dello stregone, per il tattoo, ti sei ispirato a questa cosa?”.
“Un po' si, lo devo ammettere. La faccia sembra quella di un uomo oltre ogni tempo”.
Nel frattempo Renata è rientrata. La pasta è pronta e serve questo piatto mediterraneo, che Tommy non perde tempo a sottolineare, vegetariano, in tavola. E'molto buona e il Canonau la accompagna degnamente. Renata è tutta soddisfatta del proprio risultato e del gradimento machista di noi mediterranei seduti piantati in tavola come gli uomini di una vola del sud cui le donne non concedevano alcuna collaborazione.
Poi Tommy si alza, con mia viva sorpresa. Ma è per prendere una prelibatezza da farmi assaggiare, dice. Una crema di mirto di Chia. Una vera rarità, a quanto pare. Ne bevo un bicchiere ed ha un sapore paradisiaco. Glielo faccio notare e i suoi occhi gli si illuminano. Altro che Bayles, quella merda la lasciamo bere ai fichetti impregnati di pubblicità ed happy hour.
Ce ne stiamo seduti per qualche tempo, in tavola, a parlare del più e del meno. E più è trascorso il tempo e meno abbiamo parlato di lavoro. L'armonia ha fatto il suo ingresso nelle nostre vite della giornata. Ma è già tardi ed io devo andare. Sono venuto con i mezzi ed è già quasi mezzanotte . Ma c'è tempo per un mirto, puro questa volta, che mi lascia sul palato il sapore della macchia mediterranea, delle scogliere dove si infrangono mari gravidi di ricci, del vento che stormisce le fronde della macchia mediterranea e del lontano verso di un gheppio che ha già scovato la sua arvicola di turno.
Dopo un po' usciamo tutti e quattro, Pablo compreso. Eccoci qui, nel buio hinterlandiano inoltrarci con la stanca a sacaracchiante Ka per le strade della periferia milanese, verso Sesto Marelli. Ci salutiamo affettuosamente. Tommy mi dà le sue ultime raccomandazioni sull'uso del Bepanthenol, una crema lenitiva normalmente usata per i rossori naticali neonatali. Scendo dalla macchina e con le mie bermuda celesti, mi addentro all'interno della metro, con la caviglia fasciata dal domopak, più per tema che lo yanomami urli per lo spavento dei mostri che andrò ad incontrare, che per proteggere il polpaccio.