venerdì 18 marzo 2011

Elevador Da Bica, itinerario personalizzatro:seconda parte









Percorro via augusta, il viale , non a caso, imperiale di Lisboa, cammino agile con le mie scarpe da trekking sull'impiantito di pietre bianche con inserti di pietre nere che riproducono decorazioni, e c'è un artista di strada che crea bolle di sapone enormi e io ne attraverso una enorme che quasi mi contiene, come un embrione, l'embrione dell'uomo nuovo che sarò diventato dopo questo viaggio , come si diventa uomini e donne nuovi ad ogni viaggio. Più avanti, nello spazio fra una spianata di tavolini coperti da tende di cellophane e l'altra-fa ancora freddo nonostante il primo sole pseudoprimaverile- c'è una ragazza tutta dipinta di bianco in piedi su un cubo che fa il mimo immobile. Sono quasi alla porta augustea. Attraverso Avenida Infante Henrique e mi vado a piazzare alla fermata del tram numero 15, che, attraverso Avenida Das Naus, in direzione del mitico ponte XXV aprile, mi porterà in zona Cais Do Sodrè, dove, per la precisione in Rua de Sao Paulo, prenderò il caretteristico Elevador Da Bica, che prende il nome, appunto, dal quartiere o, in portoghese, bairro, de "La Bica". Salgo sul tram e faccio il biglietto usando una macchina automatica. Meno male che ho spiccioli. Resto in piedi per godermi meglio il panorama del mare, che abbiamo, noi passeggeri del tram 15, sulla sinistra. Una ragazzina dai tratti rom, orecchie a sventola, borsetta di pelle lucida rossonera incollata alla spalla destra, sul metro e sessanta, capelli lisci legati dietro la nuca, sguardo ambiguo e sospetto sulle cinture e le borse di noi passeggeri, mi ronza intorno. E' chiaramente una borseggiatrice. Per camuffarsi da turista porta a tracolla (a sinistra) una borsa di pezza con scritte "Portugal"in vari colori, una di quelle borse che si trovano in tutti i negozi di souvenir. Ma a me non la dà a bere. Si esibisce davanti a me, incurante del pericolo, o forse consapevole che, essendo minorenne, non le potrebbero fare nulla. Più o meno. Sulle mani porta un giacchino che le serve per nascondere l'operato delle stesse, mentre si avvicina con fare agile alle tasche dei turisti, o alle loro borse, appena entrano ad ogni fermata. Prima che arrivi a destinazione si è già fatta un paio di macchine fotografiche digitali. Proprio davanti ai miei occhi. E con tono di sfida mi comunica con la chat line dei suoi occhi di farmi gli affari miei. E io non sono certo lì per fare l'eroe fuoriposto di una battaglia che non mi appartiene. Nei pressi di Cais Do Sodrè, scendo. Faccio qualche decina di metri e trovo l'entrata de "L'elevador da Bica". All'ingresso una scritta ricorda che è un monumento nazionale. Entro e un conducente di tram mi fa il biglietto: tre euro. E praticamente ho diritto al viaggio di andata e ritorno. Chiedo all'uomo di mezz'età dai capelli grigi che ha la faccia tipica di un conducente di tram di tutto il mondo, Milano compresa, ma molto più rilassato e lento, dove arrivi quella specie di tram rialzato posizionato lì davanti a me già in salita, una salita vertiginosa che stento quasi a credere sarà in grado di percorrere. E lui in tutta serenità, mi dice:" chega no Baixa-Chiado". Incredibile, arriva in zona Baixa Chiado, praticamente da dove sono partito. E' entusiasmante quest'idea di percorrere Lisboa quasi come un lunapark, ma usando i mezzi pubblici normalmente usati dalla gente che va al lavoro o torna dalla spesa, in mezzo a squarci suggestivi creati involontariamente dalla necessità di costruire sulle colline. Salgo sul tram, che praticamente è una funicolare. Insieme a me ci sono un paio di signore con sporte della spesa e due turisti. Su ognuno di questi convogli a rotaia non possono salirci più di sei o sette persone. Il mezzo si muove e come un vecchio artritico, ad una lentezza esasperatamente poetica che dà l'immagine piena del senso della vita lisboeta, comincia a salire, nel sottofondo del clangore del ferro che resiste al tempo cigolando come risposta all'usura, in mezzo ad uno stretto budello di case dai tetti rossi che si inerpica vero Baixa-Chiado, superando qualche anziano sdentato che fa quella salita mozzafiato a piedi, fumando una sapida sigaretta. E che deve sentirsi più o meno come il marinaio di un sommergibile dimenticato sul fondale oceanico che decide di risalire in superficie a nuoto. Dopo un quarto d'ora arriviamo a destinazione. E dire che a piedi ci avrei messo una vita. La pianta topografica di Lisboa è decisamente esaltante, come giocare a scacchi. E prendere i vari mezzi per creare un'incastro fra le varie zone suggestive e scegliere volta per volta, a seconda del tempo a disposizione e delle suggestioni che la giornata offre, soluzoni diverse, rende la città nuova ad ogni nuovo sguardo. L'elevador , dopo una sosta di una decina di minuti, torna indietro e percorre la discesa, ora, mostrando in lontananza il mare e i tetti delle case che si affacciano sullo stretto percorso, che pare ancora più stretto, quando incrociamo un altro mezzo che sta salendo.
Esco dalla funicolare e mi ritrovo per strada. Ho un'altra tappa da compiere e una missione. Andare al Museo do Oriente , che è da qualche parte poco prima del ponte XV aprile.Prima di partire , su una guida letta rapidamente in libreria, ho letto che lì c'è una bambolina nepalese di legno e pezza , senza volto, usata per esorcismi. Un piccolo insignificante oggetto che racchiude una cultura millenaria, quella sciamanica, dalla quale provengono tutte le religioni. E che mi fa pensare che, una volta tanto, ciò che ha dato origine sia tutto sommato meglio delle sue cosiddette evoluzioni.

Buona giornata e buona fortuna

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