domenica 24 giugno 2012
La pole position per il Quirinale
La pole position per il Quirinale
Il governo Monti ha distrutto l'articolo 18, abbassato le pensioni, aumentato le tasse, che pagano i soliti gonzi perchè quelli che non le hanno mai pagate tanto sanno che non gli succederà niente, si è speso( scusate il verbo ma sembra un refuso per un governo allergico a tale verbo, tanto che lo usa inglesizzato, spending, non sia mai che non passi inosservato) per completare la Tav perchè a tutti costi si deve arrivare a Cuneo a tempo di record, ne va dell'economia piemontese, nonostante notoriamente non sia prodiga, basti vedere come la moglie di Fassino tiene a stecchetto il marito, ha acquistato dei cacciabombardieri per sparare alle quaglie, crediamo, visto che non c'è rimasto un filo d'erba in Afghanistan( se la saranno fumata tutta, beati loro) , manda in giro i suoi ministri a dire che chi si laurea a 28 anni è uno sfigato, che il posto fisso è monotono e che i figli degli italiani vogliono il posto vicino a mammà, quando nel nostro paese ce ne ne sono milioni che hanno dovuto lavorare per pagarsi gli studi, è c'è una tale caccia al posto fisso, questo è vero, che c'è stato in massa il rinnovo delle licenze di caccia, ( posto monotono? Detto da chi se n'è stato sempre seduto su una poltrona di pelle a scegliere fra il fare l'amministratore delegato , il direttore di banca o il ministro, grazie al ciufolo che era monotono il posto fisso) ; e da ultimo, non lo vada a dire, sempre soggetto il governo Monti, ai milioni di meridionali che per lavorare sotto casa sono finiti a migliaia di chilometri di distanza o addirittura all'estero, rischierebbe il linciaggio e non tanto mediatico. Nonostante tutto l'asse Monti-Napolitano regge. I corifei dei massmedia e della stampa li idolatrano, elogiano la loro eleganza british: di Monti elogiano come viene considerato all'estero, un coro di elogi per questa meraviglia della robotica che parla inglese e rassicura i mercati come un vigile urbano i venditori di pesche della Capitanata e di Napolitano per il suo patriottismo che lo ha portato a familiarizzare con Buffon, uno che fino all'altro ieri portava sulla maglietta il numero 88 a simboleggiare il numero delle lettere di Adolf Hitler .
Stanno facendo il lavoro sporco, mettendoci la faccia, con la scusa del tecnicismo, per fare quello che non è riuscito a fare Berlusconi, il quale se la ghigna alla grande, pronto a uscirsene pulito da questo salasso istituzionale legalizzato che sta grecizzando un paese, che, valga per chi ha ancora uno straccio di lavoro, non arriva alla terza settimana senza scendere in rosso . Scalda i motori per il Quirinale . E mentre le soluzioni che appaiono all'orizzonte prevedono , tutt'al più, la sostituzione, udite udite, alla presidenza del consiglio di questo paese, di un comico naturaliter con un comico professional, leggi staffetta Grillo- Berlusconi, la cosiddetta sinistra che fa? Lancia il Sindaco di Firenze, ma non dalla finestra, lo lancia proprio in avanscoperta, come rottamatore di D'Alema e Veltroni, i quali, c'è da dire, mentre Renzi declamava i loro nomi da un palco per indicare che devono andarsene, avevano l'espressione corrucciata e lo sguardo rivolto a Fassino, come a dire, miiii, se la scappotta sempre, sguscia sempre via, è talmente invisibile che non si sono accorti che fa il deputato da quando Renzi era ancora uno spermatozoo .
mercoledì 20 giugno 2012
La solitudine del fumatore di sigaro
La solitudine del fumatore di sigaro...
Alla finestra della mia stanza d'infanzia della mia casa avita di cui Dio osserva la lucina che proviene dall'interno dal suo personale google maps, fumo un sigaro toscano. Fuori, giù di sotto, sono al terzo piano, c'è un aiuola mediterranea le cui fronde ondeggiano nel vento di tramontana al buio .La brace del sigaro fa il suo sporco lavoro di morte che nonostante tutto genera idee. Le nuvolette di fumo sono fantasmi. La cenere incandescente cade nel vuoto nel buio nel silenzio di una tranquilla notte mediterranea accarezzata dal vento . Sono lapilli del vulcano che è in me . La lava dei pensieri comincia a montare . Il momento adatto per pensare a Dio . Esiste ma non ha piani per noi, ci guarda come un entomologo guarderebbe delle formiche e neanche tanto furbe . In altre parole ci credo ma non ho fede ... tragico destino degli uomini liberi. Mio padre entra nella stanza mentre sono alla finestra a gustarmi, boccata per boccata il mio toscano. Mi volto, lui mi saluta e dice:" Le due partite decisive per la salvezza del Lecce sono sullo zero a zero. Due zero a zero squallidi e ipocriti . Così il Lecce se ne va diritto in serie b". Poi andando via, prima di richiudersi dietro la porta e con essa rinchiudere il mondo che gli è rimasto delle cose in cui credere, e cioè nel Lecce e in suo figlio, prorompe in una delle sue frasi emblematiche che gli vengono fuori di getto quando hai l'età della saggezza, i capelli bianchi e sai che tutto quello in cui hai creduto è stato divorato dalla storia e che alla fine vincono sempre gli stessi, quelli che Dio o non Dio, per intanto fanno loro il bello e cattivo tempo sulla terra:" eh, caro Danilo, l'argent fait la guerre " . Ho quasi finito il sigaro e lo lascio cadere dal terzo piano, un mozzicone ancora acceso con brace viva . Lo sento frangersi sull'asfalto rabberciato non ancora elettorale come un corpo senza vita che ho visto una volta nel pozzo di luce dalla finestra della mia casa a Corsico. E mi dispiace un pò , per il sigaro , avesse un'anima anche lui? In tal caso gleil'ho rubata,me ne sono nutrito, improvvisato vampiro che lo ha usato per richiamare vecchi e nuovi pensieri addormentati nelle profondità oceaniche della mia mente...
domenica 17 giugno 2012
Vocals Comunications e Bacharach, di Raffaele Cavallari, recensione
sabato 16 giugno 2012
Giusto il tempo di annegare in una pinta di birra(Brave)
Nella mia casa avita per una settimana...
me ne sto nella mia cameretta dell'infanzia da me affettuosamente ribattezzata La Stanza del Morto perchè da quando sono migrato a Milano mia madre ha lasciato intatta come vent'anni fa quando presi un treno a cui fusi le ruote metalliche come Bolivar bruciò le navi per non tornare indietro obbligandosi a liberare il continente sudamericano. Io invece ho viaggiato non tanto in cerca di lavoro ma in cerca di me stesso e la liberazione a cui volevo giungere era quella mia personale, se è vero come è vero che se non puoi liberare il mondo puoi almeno cercare di liberare te stesso. Ad un certo punto mi alzo dal letto in cui sono sdraiato in questo pomeriggio di folle maltempo di mezza stagione e rovisto fra vecchie cassette per lo stereo che ancora hanno l'ardire di di svolgere il loro benefico lavoro di lasciarsi ascoltare volentieri. Nel mucchio pesco "Brave" , una cassetta registrata da un disco in vinile dei Marillion che mi aveva registrato e data in dono il mio fraterno amico TYBA con cui ho trascorso gran parte dell'infanzia mediterranea in quel di Ostuni in un altosalento surreale tutto muri a secco, ulivi secolari e ginocchia sbucciate sui mille campetti di calcio improvvisati un pò dovunque in quelle lande. Come una madelaine uditiva, le note di Brave mi raggiungono mentre me ne sto raggomitolato sul letto e mi rimandano immagini di un tempo lontano più di vent'anni, quando in un vecchio scaracchiante walkman ascoltai questa cassetta su un vecchio autobus che da Londra mi stava portando ad Edimburgo. Ero stato da poco mollato da una ragazza, una mora androgina dal capello corto e dalla pelle ambrata di natura come certe ragazze salentine che mostrano chiaramente i segni genetici di passate razzie costiere saracene. Ci eravamo lasciati in quel di Londra dove eravamo andati insieme in cerca di qualcosa, lei in cerca di una rivincita col mondo che sembrava non averle elargito i giusti riconoscimenti economico-sociali, io in cerca di qualcosa di indefinito, di me stesso forse o di vedere che effetto facevo ad un mondo sconosciuto o viceversa . Fatto sta che di fronte al duro confrontarsi con il vivere quotidiano del doversi procacciare da vivere in una megalopoli come quella londinese , specimen del pianeta in scala ridotta, con i suoi quartieri arabi o ebraici o italiani e l'eterno naso arricciato a disprezzo del londinese medio allorchè sentiva pronunciare dalla tua bocca quell'inglese appreso sui libri che pareva a loro una specie di sforzo immenso che facevano due down nel voler comunicare con il mondo dei cosiddetti normali, l'amore, quella specie di sessualità animale che ci aveva accompagnato per qualche mese, aveva incominciato a incrinarsi e a frangersi contro gli scogli dell'esistere quotidiano fatto di conti da pagare . Io dico la mia senza contraddittorio, che volete sto sforzandomi di scrivere mi tengo il diritto di avere ragione, quando si ama l'involucro della società o la divisa costosa che dovrebbe farti trattare con rispetto, abiti firmati, lavori di prestigio, gioielli addosso da mostrare al ritorno nei territori natii come trofei di una conquistata stabilità sociale da sfoggiare come un goffo apparato cattura-invidia, molto più del piacere di condividere con qualcuno una ricerca interiore di coppia, persino il sesso vissuto da me sino a quel momento come totale perdimento dell'uno nell'altra, viceversa diviene un surrogato di cui si può fare volentieri a meno. Credetemi puoi essere Rocco Siffredi o Trentalance, per certe donne non è una questione di misure o di come lo sai usare, diventa un succedaneo quasi routinario al termine dell'eccitazione vera che deve essere costituita da ricevimenti, proprietà, ville con piscina, orologi d'oro, vestiti firmati, che divengono una sorta di prolungamento fallico metaforico, per alcune donne, s'intende, le quali, a quel punto, proprio del sesso, finiscono per farne a meno . O al massimo si concedono qualche scappatella con qualcuno di cui hanno il pieno dominio psicologico e a quel punto non si capisce più chi penetra chi e cosa . Era stato così che in bel giorno di questa esperienza londinese, nel nostro flat affittato ad un curdo di chiare origini liguri, tanto si faceva pagare persino un refolo d'aria agitante un rotolo di carta igienica di scarsa morbidezza in un bagno come di Calcutta nel centro di Londra, con la tv accesa sulla BBC, mentre si faceva l'amore, Ramona , la chiamerò così l'aspirante mantide religiosa, nel bel mezzo della cosa, si ferma e mi fa:" miii, è morto Spadolini", mentre guarda lo schermo piatto della tv come è piatta la sua libido del momento, così, con la stessa partecipazione a quel che stava facendo di un elettricista con un filo collegato all'alta tensione in mano di fronte al mare . Così io mi ero alzato, avevo fatto il bagaglio, e nonostante le sue suppliche e i suoi appelli al senso "pratico" di restare comunque insieme fino al ritorno in patria, in quattro e quattr'otto mi ero volatilizzato dietro la porta malferma del flat in questione con il nonostante tutto vaffanculo in mente che data la rabbia enorme non ero stato in grado di vomitarle addosso sul momento . E ora eccomi su quest'autobus diretto a Edimburgo, con i risparmi di un paio di settimane da cameriere in un ristorante palermitano licenziato perchè non sapevo portare tre piatti per volta e da pubblic relation man di un ristorante messicano, incarico da cui ero stato rimosso perchè invece di distribuire volantini pubblicitari ai turisti alla fermata della tube riciclavo i biglietti inutilizzati della metropolitana per rivenderli ad altri utenti. La musica malinconica e struggente dei Marillion sentivo che mi faceva bene, leniva le mie ferite sentimentali. Fuori dall'autobus un deserto di cespugli bassi colorati di viola e azzurrino ingentilivano un tramonto pastellato di colori tenui e lievi come il mio amore scritto sulla sabbia del bagnasciuga cancellato da un'onda. Sono seduto vicino ad un ragazzo molto magro, biondo, che inforca un paio di occhiali da sole e una felpa bianca. Dopo un pò con in mio inglese rudimentale molto the cat is on the table, diventato nel frattempo beffardo ritornello di un famoso brano di discomusic, attacco bottone. Gli rivolgo la parole. Si chiama Oleg, è russo, è in viaggio per l'Europa e anche lui è stato un paio di settimane a Londra. Con i soldi che aveva fatto con vari lavoretti da factotum, aveva deciso di viaggiare in Scozia. Da quello che aveva visto fino a quel momento del paesaggio, era contento . Gli piacevano quei colori decisi e al tempo stesso tenui, perchè non gli davano fastidio agli occhi. Occhi da lupo artico poco abituato ai colori sud del mondo . In seguito, anni dopo, giudicai la Scozia come una specie di Irlanda incorporata al continente britannico. A Edimburgo, con Oleg, prendiamo una stanza insieme in un bed & breackfast. Decidiamo ognuno per proprio conto di fare un giro per la città e di darci convegno in centro, a sera. In un pub da lui indiviuduato sulle nostre guide turistiche tascabili. Io prendo un autobus di quelli cabriolet e faccio unn giro turistico, tour classico della città, non ho molto tempo, circa due giorni, poi i soldi finiranno . La guida che parla al centro dell'autobus, mentre il sole capolina fra uno scroscio e l'altro, racconta le origine storiche dei vari edifici e del castello dove sarebbero custoditi i gioielli di Maria Stuarda, che , a suo parere devono essere assolutamente visti . Io non so come mi viene, così, senza conoscere un inglese dignitoso riesco a formulare una domanda:"perchè non li vendono, quei gioielli, e non danno lavoro ai disoccupati?" . Gli altri passeggeri che devono essere di provenienza esteuropera, si voltano tutti e mi guardano. Sono seri. O non hanno capito la domanda o non approvano. La guida mi spiega che sono un simbolo e che non si può vendere un simbolo. Mi chiede di dove sono. Italian. dico io. Mi osserva sorridendo e dice:"vorreste voi italiani vendere il colosseo per risolvere il problema della disoccupazione?". Ho un idea migliore, dico , ci metterei dentro i politici e i disoccupati, mi sembra democratico no? Si voltano tutti e ridono a crepapelle. Anche la guida ride.
A sera, stanco di castelli e uomini in kilt che suonano le cornamuse ( non ci sono le cornamuse ma io le sento), cammino nei pressi di un ponte. E' un enorme ponte metallico sul mare. Non ne ricordo il nome. Con il walkmen inforcato, in quel momento parte Brave, il pezzo che dà il nome al disco. Piove e io sono senza ombrello, siamo in agosto e quindi è tollerabile, non mi importa più molto di come mi andranno le cose. Cerco di godere masochisticamente della struggente mancanza di Ramona. Razionalmente lo sapevo che non mi avrebbe portato a nulla la storia con lei, ma al fatto compiuto non si fa mai abbastanza l'abitudine. Piove, pioviggina, neanche sento le gocce che si posano sul mio giubbotto verde militare, ho icapelli lunghi, le basette lunge da Beatles, alla londinese, sono magro per per le troppe ore di lavoro e le poche di sonno e a quel punto , nelle mie orecchie, entra Brave, un pezzo che esordisce con delle cornamuse ideale colonna sonora delle immagini di me stesso nel videoclip della mia vita. Il ponte è lì di fronte, immenso, sospeso nel vuoto, "lei cercherà finchè non avrà trovato un modo per prendere i giorni", dice la canzone, " così ha cercato a modo suo per trovare il cuore", parla di una ragazza che si toglie la vita per amore. Guardo il ponte, c'è qualcuno lì sopra e forse vuole buttarsi di sotto. E poco dopo lo fa. Urlo e mi sfilo la cuffia del walkman. E' incredibile, mi sembra un dejavu o un video della canzone che stavo ascoltando. Ci saranno centinaia di metri prima dell'impatto con il mare, con l'acqua. Sono sconvolto, non lo posso accettare. Incontro un policeman a cui cerco di raccontare l'accaduto. Lui per tutta risposta odora il mio alito. Quando capisce che non ho bevuto controlla i miei documenti e poi mi manda via. Io gli urlo, dovete andare a controllare, lo potete salvare. Lui dice che il mio inglese fa schifo, di andare via. Mi viene da piangere. Ho ventisei anni, mi sono appena laureato, sto viaggiando in cerca di me stesso, mi ha appena mollato una donna. Mi rimetto la cuffia e riascolto Brave. Piove sulla mia giacca a vento verde militare, le lacrime mi bagnano il viso, cammino per Edimburgo, qualcuno è appena morto,le cornamuse suonano , i pub sono aperti...giusto il tempo di annegare in una pinta di birra...
giovedì 14 giugno 2012
Dico il Vero, di Supa Cush (recensione)
Oggi recensisco un cd. Si tratta di Dico Il Vero di Supa Cush, ottimo rapper dell'area milanese e simpatico collega di lavoro . Fabrizio, questo il suo nome lo conosco da poco e mi ha subito mostrato una eccellente personalità, in poche parole ha le idee chiare sulla musica e di conseguenza, come deve essere per un'artista, sulla vita. Questo suo disco esce dopo 10 anni di ottimo rap italiano prodotto da lui ed è lo specimen del fatto che noi italiani abbiamo una nostra via nell'incidere testi importanti ed originali su basi musicali molto ben scelte. Ha lavorato molto sui testi intridendoli di un ottima mescolanza di italiano alto, slang periferici e termini territoriali, parole messe insieme per creare rime e assonanze, musica di parole che accompagna come in un controcoro le basi musicali ben selezionate. Nella seconda traccia, Dico il vero, che dà il titolo all'album, frasi come "divento grande ad ogni nuova sconfitta" che ricorda il motto Bukowskiano" ad ogni rifiuto delle case editrici la grandezza della mia scrittura aumentava" e " non ho mai visto in Italia un rapper con un rolex vero brillanti sull'acciaio solo culi di bottiglia e non mi frega quante quaglie ho portato nel letto" marcando una netta differenza con i rapper afroamericani che ostentano la propria ricchezza come immigrati suditaliani di ritorno dalla Germania tipo code di volpe sul retro di mercedes verde pisello targate Dortmund, come pure i riferimenti a "natura e scienza" , segnano una aperta originalità che fanno camminare questo disco con le sue gambe, nonostante le pur prestigiose feat-ospitate di Fabbri Fibra, che tra l'altro è il miglior rapper del panorama nazionale...abbastanza scevro da troppi compromessi commerciali. La traccia "Into the wild" di cui potete recuperare lo splendido video in youtube con una semplice ricerca, è commuovente e poetica con il ritornello" vivo in un cerchio del grano in mezzo al parco agricolo sud Milano, l'odore dell'erba mi porta lontano " e parla della spasmodica richiesta di aria, natura e alberi, dopo che si è stati rinchiusi dieci ore in un qualsiasi cubicolo impiegatizio, cosa che riguarda milioni di persone che vivono in queste nebbiose lande padane . I continui riferimenti al rifiuto delle energie pericolose come quella nucleare e il rivolgersi ad un uditorio più alto statuito dal proclama " voglio persone serie zero Raul Bova" e " vorrei svegliarmi senza aver bisogno del denaro" ,traccia 6, che ricorda il deandreiano "vorrei vivere in una città civile dove all'ora dell'aperitivo non ci sia spargimento di sangue o di detersivo"( la domenica delle salme), insieme alla metafora per la lotta subumana verso il successo a tutti i costi sintetizzato nel mirabile" spingono tutti per entrare in una stanza quando sono dentro poi si accorgono che è vuota neanche si scopa( Traccia 9)sintetizzano in modo poetico una visione del mondo che anche se comune a tutti gli artisti che scrivono testi socialmente impegnati, viene espressa in modo, unico, personale e originale, in altre parole dalla voce di un'artista maturo che ha qualcosa da dire a modo suo, senza scopiazzare qua e là .
L'abum si chiude con la traccia 11, dal titolo "skb or die", omaggio alla generazione degli skateboardisti, graffitari e ponitori notturni di stickers, molto interessante , "Outro", brano breve al limite dello skit in cui si riconosce la voce di quel meraviglioso masaniello milanese che risponde al nome di Piero Ricca e con due bonus tracks delle quali , l'ultima , dal titolo suggestivo "ognuno vale uno" fornisce una eccellente visione della democrazia ormai distante dai partiti, dalle banche e dai governi che impongono scelte pesanti e inaccettabili sulla pelle dei popoli , insomma un inno ai movimenti, che mi vede in assoluta sintonia, rispetto alle mie attuali posizioni in politica.
lunedì 4 giugno 2012
L'età del ferro
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