mercoledì 2 maggio 2012

Milano è una città dove non ci si può sedere

Milano è una città dove non ci si può sedere. Penso questo mentre mentre scrivo a penna queste note seduto sotto uno dei tanti grattacieli in zona Stazione Centrale tra via Melchiorre Gioia e Piazzale Lagosta, in quella zona che una volta era costituita da case di ringhiera e oggi da appartamenti frazionati in bi e monolocali per farci i soldi affittandoli a manager o executives di multinazionali o gente del mondo della moda. Dico così perchè dalla Stazione Centrale ho dovuto fare i chilometri per trovare un posto a sedere decente sotto forma di questa panchina lignea senza schienale a prova di ernia del disco-ma chi è che non ha l'ernia del disco a Milano tra scale mobili, scale normali, marciapiedi, autobus e metropolitana presi in fretta al ritmo imposto dalla produzione in una città dove se non corri non arrivi in tempo per produrre e se non produci non mangi. E 'l'unico posto che ho trovato per sedere da Corso Buenos Aires fino qua , più o meno 4 km in linea d'aria, questo qui dove sono seduto. Davanti alla Stazione Centrale dove sto di solito seduto sull'ampio bordo delle aiuole è tutto recintato, ci sono dei lavori in corso che permetteranno alla metropolitana due altre uscite , altre due bocche verminanti umanità sprinters alla Usain Bolt con per premio finale la sopravvivenza. E adesso me ne sto qui a scrivere di come cambino i colori delle amministrazioni mentre la filosofia resta la stessa : devi muoverti, non puoi sederti, perchè sederti significa fermarti a pensare, meditare, ed è pericoloso per i sistema. E lo mette in crisi economicamente, altresì. Se ti vuoi sedere c' è il bar, i Mac Donald , Spizzico. Così per sederti devi spendere e far girare l'economia, ma io mi chiedo ma quest'economia che gira e gira , ma poi la direzione che prende è dritta dritta in saccoccia ai soliti furbi in barba a noi parco buoi eterni clienti di sempre . Inoltre devi consumare in fretta perchè altri attendono il proprio turno in piedi davanti a te guardandoti mangiare. E guai a leggere il giornale, vuol dire relax, genera invidia e odio sociale. Quanto a scrivere su un quadernetto poi è sovversione pura: sei un esaurito che sta perdendo il suo tempo: specie se non sei uno scrittore famoso, conosciuto, questo poi manda i tuoi spettatori non richiesti fuori di testa. Cominciano a odiarti sul serio. Altro che invidia sociale, esiste un' invidia ancora peggiore che è quella culturale. Almeno usassi un pc portatile, sarei più accettato. Ma un quaderno con una penna, beh, questo no, è sovversione armata, genera risentimento, specie in gente in astinenza da Mac Donald , da hamburgher e da quelle proteine aggressive di cui ha bisogno per avere il coraggio di aggredire il prossimo. Alla stessa maniera di giovani virgulti delle new generations che per chiedere come si chiami ad una ragazza in discoteca hanno bisogno di sbronzarsi fino a sboccare. Il massimo contributo dato alla mobilità dalla giunta Pisapia sono le piste ciclabili. Sempre di stare in movimento si tratta , su una specie di rullo che ricorda le catene di montaggio dell'America anni '50 di Bukowski. E adesso sono qui a scrivere sul mio quadernetto antidiluviano con una penna a spirito in quanto posso usarla persino la sera disteso nel letto contro quella a sfera che scrive solo dall'alto verso il basso, mentre io amo scrivere dal basso verso l'alto e usare la penna come un mortaio dritto negli zebedei di chi si crede potente solo perchè porta la giacca e cravatta, guida la maserati e ricorre alla chimica per un minimo d'erezione decente...Qui, sotto questi palazzoni retaggio della giunta Moratti, palazzoni o , meglio, grattacieli di calcestruzzo armato e vetrometallo che si stagliano babelicamente sullo sfondo azzurrino primavera trapuntato di nuvole che scorrono veloci scolpite da un vento improbabile per Milano che le rende cangianti, ora assomiglianti ad un volto di Padre Pio, ora al Millenium Falcon, ora alla barba di Zeus: costruzioni silenti, corpi cavi senza un'anima che hanno arricchito solo le imprese siculo-milanesi in odore di ndrangheta che le hanno innalzate e che mi fanno sentire, ragazzo di provincia quale sono rimasto, un lillipuziano davanti ad una simile rappresentazione fisica di un potere di per sé opprimente e schiacciante, erto a simbolo minaccioso di un potere gigantesco come Gulliver quanto a denaro ma nano morale . E pensare che poche ore fa ero partito da Corsico con l'autobus, in fuga dal mio appartamento in un condominio molto difficile, dove urla di mogli violentate da mariti, schiamazzi di bambini trascurati e perenni lavori di ristrutturazione eseguiti con trapani e martelli pneumatici avrebbero finito per trapanarmi il cervello...e invece via verso il centro, via via , vieni via con me m'ha detto l'autobus improvvisamente sembiante un Paolo Conte improvvisato. E così in autobus, il 325 che ferma a Romolo quasi capolinea della linea verde della metropolitana milanese, in compagnia di molto sud del mondo, me compreso, noto una esteuropea bionda e scollata con calze a rete piuttosto ardite per l'orario ed il luogo che sorride mentre osserva delle studentesse delle medie superiori, biondine anch'esse e sboccate , che ripassano la lezione d'inglese coram populo dialogando fra loro in uno slang periferico molto “zia hai rotto”. A Romolo scendo e subito mi immergo nel torrente umano che si immette nella bocca che dà giù per la metro . Ognuno con la sua copia di “Metro” in mano, quotidiano gratuito che dà notizie stringate come le striinghe di una ballerina de La Scala. Passo dai tornelli obliterando il mio biglietto e ciondolo sulla banchina in attesa del treno. C'è un telo proprio sui binari , sul quale un proiettore irradia immagini di una tv locale e tutti i passeggeri in attesa la guardano come ipnotizzati. Io sono l'unico che guarda invece i volti della gente . L'unico che non guarda la tv ma preferisce quei paesaggi straordinari che sono i volti della gente e che raccontano di sofferenze e di gioie e mostrano occhi che hanno visto panorami andini, paesaggi tropicali e visto corpi che hanno danzato su spiagge incontaminate, spento falò in un'infanzia tanto lontana quanto la prospettiva di uno sguardo metropolitano che ha teletrasportato i proprietari di quegli sguardi nei lerci retrobottega di discoteche buie e spente piene di tavolini che fanno da base d'appoggio a uomini tanto ricchi quanto morti , sponsor ufficiali notturni della Folletto nasale diochenoia... Scendo in Duomo e c'è un mucchio di gente che mi spinge a pensare che tutte queste persone in giro che non lavorano e che spendono mi danno l'impressione che non abbiamo ancora toccato il fondo. Ma non aspetto questo momento, tanto poi, noi italiani, scaviamo. Entro alla Feltrinelli e chiedo un libro di De Sade, Viaggio in Italia e viaggio in Olanda. La ragazza dà una scorsa su un pc e dice che quel libro è introvabile e che non sarà più ristampato. E aggiunge che se voglio vedere per altri libri di Sade devo guardare nella sezione dei libri erotici . “Letteratura erotica?”, dico, “ ma avete affidato la dislocazione dei volumi per argomenti a Fabio Volo?”. Lei ride e dice che ho ragione e che non è più la Feltrinelli di una volta. De Sade mi piace perchè è uno dei pochi scrittori ateisti che scriveva da Dio. Vale la pena comunque di comprare “ La filosofia del boudoir”. O meglio ricomprarla, visto che una volta ne avevo una copia che ho lasciato in chissà quale dei cento appartamenti dove ho dimorato in questi ultimi vent'anni a Milano . Esco dalla Feltrinelli del Duomo. Non ho mai provato invidia per gli scrittori che pubblicano senza meritarselo. Semplicemente non compro i loro libri. Compro quelli di scrittori che possono darmi qualcosa. Mi nutro di loro. Poi però cerco la mia voce. Ci ho impiegato anni, ma l'ho trovata. Quando riesci a scrivere quello che pensi nella forma più vicina a come l'hai pensato originariamente, il più è fatto. Io scrivo cercando di dire ciò che voglio dire nel modo più conforme a me. Alla mia musicalità. Senza preoccuparmi del pubblico. Non è presunzione. Se scrivi per il pubblico o cose che pensi possano piacere al pubblico , allora diventi il pubblico, diventi la gente. E io devo poter un minimo detestare la gente per poterne scriverne male ed essere apprezzato per questo dalla gente che leggendo si riconosce e approva il tuo disvelamento. Tanto comunque non cambierà. E' la forza del genio della massa .

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