giovedì 3 maggio 2012

Cambio idea

Cambio idea Appena uscito dal lavoro, mi involo in macchina sul naviglio di Corsico verso Milano. Devo andare in centro a Milano, in Corso Buenos Aires a cambiare un regalo per una mia amica, un braccialetto che non le entra nel polso, poco male. Con la mia saxo verde acquistata sotto costo usata da un mio collega di lavoro-era di sua moglie morta improvvisamente di aneurisma a 40 anni per cui la ritengo magica e lo è davvero dato che rabberciata e riparata di quando in quando con qualche opportuna pezza a colori riesce a portarmi a spasso da almeno quattro o cinque anni salvandomi dal vicolo cieco della formula marchionniana dei cento euro al mese di rate per 9 anni per una punto progettata da ingegneri italiani che dovrebbero passare più tempo alle catene di montaggio che a disegnare sgorbi improponibili-sguscio nel traffico postpomeridiano volgente alla sera, un traffico nevrotico di chi non vede l'ora di tornare a casa e sbattersi sul divano e in qualche caso sbattersi il divano , in mancanza d'altro, come certe tribù africane che infilano i propri peni nella nuda terra per fecondarla, non si sa mai da un divano ben fecondato nasca un forziere di monete d'oro. A destra c'è il naviglio abbastanza colmo d'acqua che riflette a specchio grigi palazzoni anni settanta che fanno la gioia di idraulici orfani di ricevute fiscali senza soluzione di continuità e oltre il naviglio una pista ciclabile dove improbabili joggers e ciclisti postlavorativi si illudono di allenare i propri polmoni che incamerano più sostanze cancerose di dieci macchine tester fumasigarette capaci di fumarne a centinaia la volta, solo per prova. Osservati con le code degli occhi da un buon numero di canottieri del Circolo Canottieri Olona, giovani e biondi esibizionisti della Milano bene che immaginano di rinverdire i fasti di una Oxford inesistente nella città del “pirla” facile sparato a mitraglia con il più classico dei cazzofiga finali . Supero un paio di autobus-balenotteri arancioni e vecchi superstiti cigolanti tram elettrici le cui macchie rugginose sono persino più chiare del fuligginoso arancione in via di volatilizzazione come avessero la vitiligine. Viro a destra per viale Cassala e cerco subito dopo un parcheggio in questa giornata di sole ventoso un po' blasè. Riesco a parcheggiare alla velocità della luce, nei pressi della fermata Romolo. Poco dopo sono in strada e venti metri dopo mi immergo negli anfratti strigiformi dalla metropolitana milanese . Ho in tasca il fatidico euro e cinquanta per il biglietto, ma ci sono file all'edicola, file alle macchinette distributrici, file allo sportello dell 'atm e io ho l'incombenza di arrivare in Buenos Aires almeno prima della chiusura per operare il cambio . Dopo un quarto d'ora buono di una fila molto tessera per il pane che mi farà risparmiare quei due o tre euro in luogo della tassa di cinque euro per recarmi in centro by car misura antinquinamento e batticassa della attuale giunta rossoverdebanconota autodefinitasi di sinistra, riesco a fare il biglietto. Ma mi accorgo invece che è una macchinetta che rilascia solo abbonamenti. Andiamo bene, la sfiga s'accanisce sulla fretta come un girfalco su una ignara cavia da laboratorio. Altra fila e altro quarto d'ora. Con l'agognato biglietto attraverso il tornello che quando tornerò giocoforza mi verrà da chiamare ritornello. Attendo il treno. E' pieno e cerco un posto a sedere. Lo percorro tutto in lungo e nell'ultima carrozza che sarebbe poi la prima visto che è in cima al treno, trovo un pertugio vicino ad un'araba enorme che sta studiando un testo per fare l'esame di patente...mi auguro c, a questo punto, nella civiltà della Smart non mi risulta ci siano auto per taglie così forti . Resto in piedi e una donna seduta vestita di nero con occhialetti da vista rotondi alla Gramsci in versione femminile legge un libro di Baricco, Mr Gwyn. Sfoglia il testo con una mano, lentamente e tristemente, deve avergli consigliato quel libro il suo psicanalista per combattere l'insonnia. E quando sorride lievemente mentre io mi meraviglio che abbia trovato qualche traccia di umorismo in quel libro piangente m'accorgo che lo fa ad un bimbo in passeggino davanti a me. Un uomo poco più avanti vestito di nero come l'impiegato di un'impresa di pompe funebri, legge La cripta di di Tom Harper, omen nomen . Tutti gli altri smanettano sui loro smartphone da mille euro con conto in rosso e affitto in arretrato . Un giornalista consulta sul suo tablet le lettere che gli scrivono sulla homepage de La Repubblica . In Cadorna/Triennale, cambio e prendo la linea rossa per Sesto, per scendere poi a Lima, pieno centro di Corso Buenos Aires e sufficientemente vicino al luogo della mia a questo punto poco probabile transazione . Alle sette meno un quarto finalmente arrivo. Mi involo su per le scale mobili ed eccomi sul corso. Migliaia di persone passeggiano, chiacchierano e aggiornano Facebook via smartphone e io mi immergo in questo torrente umano. Ho voglia di fumare e tiro fuori una siga dal pacchetto morbido delle mie Marlboro light in cerca di un accendino. Trovo una ragazza che ha la siaretta spenta e sta anch'essa cercando un accendino. Un altra fuma una sigaretta handmade e non ha accendino. Milano sta diventando davvero salutista, camminando senza fumare nel bel mezzo di uno dei corsi più trafficato d'auto nel mondo. Quando finalmente scorgo un signore di mezz'età capelli lunghi grigi da ex rocker metallaro in pensione che sta fumando. Gli chiedo un accendino e lui mi guarda e mi mostra le braccia prive di mani . Rimetto la sigaretta nel pacchetto perchè lo capite anche voi che non è cosa . Arrivo finalmente presso la gioielleria. Dentro c'è una commessa poco più che ventenne che è disposta al cambio. Prendo un braccialetto più grande e mi predispongo a pagare la differenza. Mentre mi fa il pacchetto dà un'occhiata alla maglietta che indosso sotto una felpa aperta comprata dai cinesi 10 anni fa a Correggio durante una fiera recante scritte giapponesi che paiono marziane. Sulla maglietta attillata a petto al vento, ho un cocco stilizzato con una cannuccia infilata dentro. “ carina la sua maglietta”, fa, “cosa significa?”. “ Succhiami”, dico in vena di equivoche sintesi. “ Come scusi?”, fa lei diventata più bordò delle mutande rosse della Bardot dei bei tempi andati. “ Volevo dire che viene dal Brasile e immagino che abbia un significato metaforico...mi scuso se può averle dato fastidio, il modo in cui le ho risposto, ma del resto Pasolini diceva che se quello che dici non dà fastidio a nessuno non hai detto niente”.Touchè. La ragazza si apre in un sorriso raggiante. “Questa frase è molto bella...chi era che la diceva?”. “ Pasolini”, ribadisco . Mi guarda interrogativa. Passo. Cambio argomento, parlo di clima , di sole, di gente in giro, di crisi economica, argomenti più rassicuranti in bocca ad un pazzo in libera uscita . La saluto ed esco col mio pacchettino . Il corso è ancora pieno, non si riesce quasi a camminare sui marciapiedi. Entro in metropolitana in Lima, mentre osservo due arabi che fumano le loro sigarette di pace in assenza di narghilè al termine della giornata di un lavoro che non hanno . In attesa del treno ne vedo passare quattro senza riuscire a prenderne uno. Troppo pieni a quest'ora e da quando c'è l'area c e per circolare in auto anche se sei residente devi pagare 2 euro . Tanto che mi viene fatto di pensare che quando si fanno scelte economiche è come tirare da una parte una giacca stretta e le parti nude che restano servono a coprire le altre: morale l'atm sta facendo affaroni . Ma non mi dispiace, se serve a diminuire l'inquinamento. Ma di sicuro non favorisce il dialogo. Dove sono quei vagoni semivuoti dove potevi guardarti nelle palle degli occhi l'un l'altro e se non riuscivi a scambiare qualche chiacchiera perlomeno ti lasciavi andare ai segnali morse del desiderio , mentre ora l'unica cosa che riesci a vedere sono le nuche di quelli che hai di fianco e i pessimi libri che leggono o i sudoku sugli smartphone , massimo contributo possibile allo svago postlavoro di migliaia di uomini e donne metropolitane che vivono alla giornata nella civiltà del lavoro hic et nunc grazieadio che ce l'ho ? Ad una fermata imprecisata entra un gitano, con un cappellino di lana , un armonica a bocca e un microfono da cui declama una litania modello filodiffusione da centro commerciale subumano, con una giacca sdrucita da cui sporge un bicchiere di plastica improvvisata cassa per monete di risulta inesistenti, per i più . Suona l'armonica a bocca e muove una maracas improvvisata che sembra un piccolo pungiball per quatrenni, un piccolo grottesco complesso umano ambulante multitasking. Al termine della sua esibizione incassa il disprezzo bipartisan di un signore anziano che legge Il Giornale e di una bella milf elegante e griffata , ma con immancabile sacchetto ecologico, che legge Repubblica accennando ad un vago gesto di commiserazione furbescamente inoltrato agli astanti metropolitani, giusto a ribadire, che lei è uguale però è anche diversa , dal suo dirimpettaio lettore della stampa di destra . Ancora un po' e giungo a destinazione. Esco all'aria aperta dopo quest'inferno di un paio d'ore di metalli , clangori, sudori, profumi griffati e sguardi vacui da pescirossi, quelli seduti, fortunati, sulla notizia scema dell'ultim'ora, appena giunta sullo smartphone di turno .

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