mercoledì 23 maggio 2012

Il viaggiatore solitario è un demonio

Scritto il 6/5/2012 Oggi libero dal lavoro, ore 14,30 circa, decido di prendere l'autobus per fare un giro in centro a Milano. Scenderò in piazza Duomo in questa domenica di maggio che segue al giorno 5 , data che per molti anni è stata per me una sorta di spartiacque , preludio di una trasformazione, il serpente cambia la pelle e si spera in una nuova rinascita, il tepore della primavera-estate si fa largo e scaccia il freddo inverno nevoso foriero di gastroenteriti a frigore, giorno che ricorda l'anniversario della morte di Bobby Sands, storico militante dell' Irish Republican Army che si lasciò morire di fame per protesta contro il governo inglese che non voleva riconoscere a lui e ai sui altri compagni incarcerati lo status di prigionieri politici considerati invece in toto detenuti comuni. E così oggi come per una strana nemesi , la Tatcher è in alzhaimer conclamato, e Reagan, ci ha rimesso la pelle per la stessa malattia , come madre natura avesse provveduto a vendicare le politiche scellerate del liberismo che hanno fatto soffrire milioni di persone, rendendo infanti rimbecilliti questi due perfetti strumenti affilati di quel capitalismo dal volto disumano . . E, punto, il 5 maggio da molti anni è stato da me scelto come giorno di celebrazione di ogni nuova trasformazione, un punto e a capo annuale in più rispetto al mio compleanno , che è comunque 10 giorni dopo. E c'era una cerimonia che compivo che consisteva nel farsi il bagno a mare ad Ostuni, altosalento adriatico-mediterraneo, tanto più che vivevo da quelle parti, in quei luoghi natii. Immergendomi in quelle acque per più di vent'anni, acque che per l'occasione definivo gangetiche, mondavo la prima parte dell'anno , mi depuravo immergendomi in quelle acque gelide di maggio quasi sempre tiepido all'esterno quanto polare per temperatura delle acque marine . Mentre nuotavo ricordavo Bobby Sands dichiarandolo ai miei amici che mi coglionavano della grossa , esercitavo una catarsi , avveniva una nuova rinascita , l'ennesima con nuovi propositi , che non è detto che si sarebbero rivelati migliori dei vecchi , se è vero come è vero che nessuna verità è per sempre rivelata e che come ha detto Majakoskij sino alla bara sempre se ne impara . Mentre siedo sull'autobus che da Corsico mi porterà a Romolo, osservo una famiglia latinamericana ispanica il cui padre è vestito come un pusher di Los Angeles cappellino da cui spunta una “recchia panna” , con seduta a fianco la moglie o compagna sul cui viso s'è spento l'eterno sorriso sud-del-mondo, dietro i mille cessi da nettare ai vari Michele Serra di turno dietro la cui benevolenza si cela comunque, e mica tanto nascosta, la spocchia pseudodemocratica di una finta tolleranza che consiste nel relegare comunque questa gente al rango di poveretti in nome di cui parlare , ma lasciandoli al loro posto di derelitti alibi eterno per criticare un sistema che li arricchisce concedendo la libertà di essere criticato. Sedute davanti a loro due bambine mulatte, le figlie, che parlano fra loro in un italiano perfetto imparato a scuola e dai cartoni dei Pokemon , che citano per altro mentre sono intente in un loro personale giochino fatto di filastrocche e numeri con le mani. A Romolo scendo e prendo la linea verde della metro per Cadorna dove cambierò per il Duomo. In metro trovo posto con una certa tranquillità , la giornata minaccia pioggia e quindi la maggior parte delle persone si sarà andata a rinchiudere nei Centri Commerciali . Sono solo, tutte le volte che vado in centro a Milano e le domeniche liberate dal lavoro sono sempre più rare. Per cui viaggiatore solitario me ne sto seduto nel treno della metro e penso a quel meraviglioso proverbio marocchino che dice che ogni viaggiatore è un demonio . Esco poco dopo , un quarto d'ora circa, in Duomo , dove la piazza invece è piena di gente variopinta di ogni età ed etnia che indossa magliette del Milan e dell'Inter in omaggio al derby cittadino incombente e decisivo per il campionato. Noto una ragazza cinese con la maglietta dell' Inter e un bambino italiano di cinque o sei anni seduto da solo ad uno dei numerosi tavolini dei salatissimi bar lungo Corso Vittorio Emanuele con la maglietta rossonera di Pato che smanetta come un forsennato adulto erotomane un iphone, roba da denunciare il padre al telefono azzurro . Davanti ad un negozio di abiti alla moda sotto i portici è in corso una sfilata di moda con modelli e modelle molto più belli degli abiti che indossano e mentre incassano qualche salve di applausi , di fronte a loro , sulla parte opposta del corso , siamo a metà circa della salottiera avenida meneghina , un gruppo di breakdancers si scalda facendo verticali mentre attende il proprio turno per esibirsi. Disseminati lungo corso Vittorio un mucchio di mimi vestiti e mascherati da personaggi più incredibili, da Dante Alighieri a improbabili cavalieri di Tolkien , molti musicisti ,fra sassofonisti, fisarmonicisti e violinisti gitani, scultori cinesi di ortaggi che hanno salvato zucchine e carote da più prosaici destini orofecali e ritrattisti ciuchi , conferiscono a questo confuso caravanserraglio l'aspetto di un circo improvvisato, anarchico e divertente . I vigli urbani lasciano fare , a differenza dei tempi della Moratti quando persino allo storico fachino massafrese Mustafà si elevavano multe dalle cifre impossibili da onorare e le sole attrazioni del corso consistevano nelle divise mimetiche dell'esercito, nelle camice azzurre di poliziotti sfumacchianti affetti da pollicite da iphone e nei pantaloni neri rigati di rosso di quei milanisti involontari chiamati carabinieri. Più in là incrocio una donna bellissima vestita di bianco , con tacchi altissimi, bionda, capelli a caschetto lisci, sotto l'ombrello per una pioggerella incipiente , e quest'immagine mi fornisce lo spunto per un accavallarsi di considerazioni su noi maschi mondiali in libera uscita che siamo prodighi di attenzioni rispetto a cotante bellezze finchè non le possediamo fisicamente per poi immediatamente dopo dirigere le nostre attenzioni , una volta soddisfatti gli istinti, ad altre prede, non necessariamente più belle, magari più intriganti o esotiche o androgine o quant'altro, e se non siamo stati pienamente soddisfatti della “prestazione” le lasciamo illudere che siano irresistibili finchè non abbiamo ottenuto ciò che vogliamo e come lo vogliamo, giusto per soddisfare il nostro ego complessato, per poi tenerle con noi a mò di trofei...e quel che è più curioso di tutta la faccenda è che a certi tipi di donne , in fondo, piace questo tipo di uomo cacciatore e son of beach, che quello troppo sdolcinato e attenzioso, se così si può dire, dopo un po' stanca e lo si manda a raccogliere cesti di lumache. Faccio due passi ancora e comincia a piovere. Fermo sotto i portici in piazza San Babila osservo il variopinto popolo della domenica che apre i suoi ombrelli multicolori fornitigli all'istante da ambulanti cingalesi che consultano nervosamente i propri iphone impostati su siti meteo pregando Allah , Buddha o chi per loro perchè piova . E mentre piove uno di loro , evidentemente mussulmano, con un mucchio di ombrelli penduli dalle sue due mani pronti per essere venduti ,declama ad alta voce, Allahu akbar. Io gli passo vicino e gli dico , grazie il caffè l'ho già preso . Ritorno indietro da San Babila verso il centro della piazza , piena di carovane di turisti con le loro guide al centro di gruppetti che decantano delle bellezze architettoniche di un Duomo in perenne restauro come una vecchia signora che non riesce a decidere che trucco mettersi per l'ennesima serata di gala, con le impalcature che recano enormi pannelli pubblicitari senza più alcuna remora nel rivendicare la più grande conquista nella storia della chiesa del terzo millennio è consistita nel considerare la morale antimoderna una reliquia del passato e il marketing e gli sponsor insperati alleati sulla strada per Gericolandia . Attraverso la piazza verso via dei Mercanti, poi percorro via Dante e mi dirigo verso parco Sempione. In cerca di una panchina . Ho bisogno di una panchina per sedermi e scrivere il mio libro , la puntata di oggi . Ma sono tutte occupate da coppiette in amore che si amano part-time: giusto oggi. Amore a chiamata. Più tardi, penso, mi attende un piatto serale di tutto rispetto: riso patate e cozze: riso , che caratterizza le mie giornate aiutandomi a tirare avanti, patate che ogni tanto rimedio nonostante l'età e cozze , beh, pure quelle non mancano...ma la bellezza di essere poeti è capire che anche le cozze possono avere un loro sapore asprigno e selvatico per niente meno allettante di patate sciape e spente che si credono irresistibili perchè hanno scambiato la doratura del forno per gli effetti di una lampada solare. Poi infilerò nel lettore di dvd per l'ennesima volta il film “Constantine” con Keanu Reeves che interpreta un esorcista dei fumetti che non sta né con Dio né tanto meno con Satana, perchè lui sa dell'esistenza di Dio e ha visto l'inferno , quella volta che suicida è morto qualche minuto , prima di tornare nel mondo dei vivi. Ma non ha fede e non crede...mi guarderò per l'ennesima volta quella scena in cui lui John Constantine seduto ad un chiosco ambulante in attesa delle sue uova strapazzate dice alla sua amica:” Dio ci guarda da lassù come delle formiche. Credimi, non ha piani per noi”. E mi riguarderò quelle scene , epiche per me, da uomo solitario e dannato che fuma a nastro sigarette di una marca sconosciuta, mentre sorseggia il suo Porto ( o perlomeno a me piace immaginare sia Porto) , seduto ad un enorme tavolaccio ligneo mentre fuori dal suo appartamento angeli e demoni si fronteggiano, senza mai intervenire direttamente, ma , dice lui, influenzando un'umanità sempre più perduta e smarrita e definendo questo gioco assurdo equilibrio fra le due superpotenze: Dio e Satana . “ Io la chiamo ipocrisia di merda”, dice John Constantine . E adesso, ancora una volta, mentre vergo queste note a penna in un treno della metropolitana fra lo stupore generale , sempre io, l'esaurito, lo strano, il Keanu Reevs non figo dei poveri , sono solo come un demonio...e come vedete il demonio alla fine di tutto c'entra...

giovedì 3 maggio 2012

Cambio idea

Cambio idea Appena uscito dal lavoro, mi involo in macchina sul naviglio di Corsico verso Milano. Devo andare in centro a Milano, in Corso Buenos Aires a cambiare un regalo per una mia amica, un braccialetto che non le entra nel polso, poco male. Con la mia saxo verde acquistata sotto costo usata da un mio collega di lavoro-era di sua moglie morta improvvisamente di aneurisma a 40 anni per cui la ritengo magica e lo è davvero dato che rabberciata e riparata di quando in quando con qualche opportuna pezza a colori riesce a portarmi a spasso da almeno quattro o cinque anni salvandomi dal vicolo cieco della formula marchionniana dei cento euro al mese di rate per 9 anni per una punto progettata da ingegneri italiani che dovrebbero passare più tempo alle catene di montaggio che a disegnare sgorbi improponibili-sguscio nel traffico postpomeridiano volgente alla sera, un traffico nevrotico di chi non vede l'ora di tornare a casa e sbattersi sul divano e in qualche caso sbattersi il divano , in mancanza d'altro, come certe tribù africane che infilano i propri peni nella nuda terra per fecondarla, non si sa mai da un divano ben fecondato nasca un forziere di monete d'oro. A destra c'è il naviglio abbastanza colmo d'acqua che riflette a specchio grigi palazzoni anni settanta che fanno la gioia di idraulici orfani di ricevute fiscali senza soluzione di continuità e oltre il naviglio una pista ciclabile dove improbabili joggers e ciclisti postlavorativi si illudono di allenare i propri polmoni che incamerano più sostanze cancerose di dieci macchine tester fumasigarette capaci di fumarne a centinaia la volta, solo per prova. Osservati con le code degli occhi da un buon numero di canottieri del Circolo Canottieri Olona, giovani e biondi esibizionisti della Milano bene che immaginano di rinverdire i fasti di una Oxford inesistente nella città del “pirla” facile sparato a mitraglia con il più classico dei cazzofiga finali . Supero un paio di autobus-balenotteri arancioni e vecchi superstiti cigolanti tram elettrici le cui macchie rugginose sono persino più chiare del fuligginoso arancione in via di volatilizzazione come avessero la vitiligine. Viro a destra per viale Cassala e cerco subito dopo un parcheggio in questa giornata di sole ventoso un po' blasè. Riesco a parcheggiare alla velocità della luce, nei pressi della fermata Romolo. Poco dopo sono in strada e venti metri dopo mi immergo negli anfratti strigiformi dalla metropolitana milanese . Ho in tasca il fatidico euro e cinquanta per il biglietto, ma ci sono file all'edicola, file alle macchinette distributrici, file allo sportello dell 'atm e io ho l'incombenza di arrivare in Buenos Aires almeno prima della chiusura per operare il cambio . Dopo un quarto d'ora buono di una fila molto tessera per il pane che mi farà risparmiare quei due o tre euro in luogo della tassa di cinque euro per recarmi in centro by car misura antinquinamento e batticassa della attuale giunta rossoverdebanconota autodefinitasi di sinistra, riesco a fare il biglietto. Ma mi accorgo invece che è una macchinetta che rilascia solo abbonamenti. Andiamo bene, la sfiga s'accanisce sulla fretta come un girfalco su una ignara cavia da laboratorio. Altra fila e altro quarto d'ora. Con l'agognato biglietto attraverso il tornello che quando tornerò giocoforza mi verrà da chiamare ritornello. Attendo il treno. E' pieno e cerco un posto a sedere. Lo percorro tutto in lungo e nell'ultima carrozza che sarebbe poi la prima visto che è in cima al treno, trovo un pertugio vicino ad un'araba enorme che sta studiando un testo per fare l'esame di patente...mi auguro c, a questo punto, nella civiltà della Smart non mi risulta ci siano auto per taglie così forti . Resto in piedi e una donna seduta vestita di nero con occhialetti da vista rotondi alla Gramsci in versione femminile legge un libro di Baricco, Mr Gwyn. Sfoglia il testo con una mano, lentamente e tristemente, deve avergli consigliato quel libro il suo psicanalista per combattere l'insonnia. E quando sorride lievemente mentre io mi meraviglio che abbia trovato qualche traccia di umorismo in quel libro piangente m'accorgo che lo fa ad un bimbo in passeggino davanti a me. Un uomo poco più avanti vestito di nero come l'impiegato di un'impresa di pompe funebri, legge La cripta di di Tom Harper, omen nomen . Tutti gli altri smanettano sui loro smartphone da mille euro con conto in rosso e affitto in arretrato . Un giornalista consulta sul suo tablet le lettere che gli scrivono sulla homepage de La Repubblica . In Cadorna/Triennale, cambio e prendo la linea rossa per Sesto, per scendere poi a Lima, pieno centro di Corso Buenos Aires e sufficientemente vicino al luogo della mia a questo punto poco probabile transazione . Alle sette meno un quarto finalmente arrivo. Mi involo su per le scale mobili ed eccomi sul corso. Migliaia di persone passeggiano, chiacchierano e aggiornano Facebook via smartphone e io mi immergo in questo torrente umano. Ho voglia di fumare e tiro fuori una siga dal pacchetto morbido delle mie Marlboro light in cerca di un accendino. Trovo una ragazza che ha la siaretta spenta e sta anch'essa cercando un accendino. Un altra fuma una sigaretta handmade e non ha accendino. Milano sta diventando davvero salutista, camminando senza fumare nel bel mezzo di uno dei corsi più trafficato d'auto nel mondo. Quando finalmente scorgo un signore di mezz'età capelli lunghi grigi da ex rocker metallaro in pensione che sta fumando. Gli chiedo un accendino e lui mi guarda e mi mostra le braccia prive di mani . Rimetto la sigaretta nel pacchetto perchè lo capite anche voi che non è cosa . Arrivo finalmente presso la gioielleria. Dentro c'è una commessa poco più che ventenne che è disposta al cambio. Prendo un braccialetto più grande e mi predispongo a pagare la differenza. Mentre mi fa il pacchetto dà un'occhiata alla maglietta che indosso sotto una felpa aperta comprata dai cinesi 10 anni fa a Correggio durante una fiera recante scritte giapponesi che paiono marziane. Sulla maglietta attillata a petto al vento, ho un cocco stilizzato con una cannuccia infilata dentro. “ carina la sua maglietta”, fa, “cosa significa?”. “ Succhiami”, dico in vena di equivoche sintesi. “ Come scusi?”, fa lei diventata più bordò delle mutande rosse della Bardot dei bei tempi andati. “ Volevo dire che viene dal Brasile e immagino che abbia un significato metaforico...mi scuso se può averle dato fastidio, il modo in cui le ho risposto, ma del resto Pasolini diceva che se quello che dici non dà fastidio a nessuno non hai detto niente”.Touchè. La ragazza si apre in un sorriso raggiante. “Questa frase è molto bella...chi era che la diceva?”. “ Pasolini”, ribadisco . Mi guarda interrogativa. Passo. Cambio argomento, parlo di clima , di sole, di gente in giro, di crisi economica, argomenti più rassicuranti in bocca ad un pazzo in libera uscita . La saluto ed esco col mio pacchettino . Il corso è ancora pieno, non si riesce quasi a camminare sui marciapiedi. Entro in metropolitana in Lima, mentre osservo due arabi che fumano le loro sigarette di pace in assenza di narghilè al termine della giornata di un lavoro che non hanno . In attesa del treno ne vedo passare quattro senza riuscire a prenderne uno. Troppo pieni a quest'ora e da quando c'è l'area c e per circolare in auto anche se sei residente devi pagare 2 euro . Tanto che mi viene fatto di pensare che quando si fanno scelte economiche è come tirare da una parte una giacca stretta e le parti nude che restano servono a coprire le altre: morale l'atm sta facendo affaroni . Ma non mi dispiace, se serve a diminuire l'inquinamento. Ma di sicuro non favorisce il dialogo. Dove sono quei vagoni semivuoti dove potevi guardarti nelle palle degli occhi l'un l'altro e se non riuscivi a scambiare qualche chiacchiera perlomeno ti lasciavi andare ai segnali morse del desiderio , mentre ora l'unica cosa che riesci a vedere sono le nuche di quelli che hai di fianco e i pessimi libri che leggono o i sudoku sugli smartphone , massimo contributo possibile allo svago postlavoro di migliaia di uomini e donne metropolitane che vivono alla giornata nella civiltà del lavoro hic et nunc grazieadio che ce l'ho ? Ad una fermata imprecisata entra un gitano, con un cappellino di lana , un armonica a bocca e un microfono da cui declama una litania modello filodiffusione da centro commerciale subumano, con una giacca sdrucita da cui sporge un bicchiere di plastica improvvisata cassa per monete di risulta inesistenti, per i più . Suona l'armonica a bocca e muove una maracas improvvisata che sembra un piccolo pungiball per quatrenni, un piccolo grottesco complesso umano ambulante multitasking. Al termine della sua esibizione incassa il disprezzo bipartisan di un signore anziano che legge Il Giornale e di una bella milf elegante e griffata , ma con immancabile sacchetto ecologico, che legge Repubblica accennando ad un vago gesto di commiserazione furbescamente inoltrato agli astanti metropolitani, giusto a ribadire, che lei è uguale però è anche diversa , dal suo dirimpettaio lettore della stampa di destra . Ancora un po' e giungo a destinazione. Esco all'aria aperta dopo quest'inferno di un paio d'ore di metalli , clangori, sudori, profumi griffati e sguardi vacui da pescirossi, quelli seduti, fortunati, sulla notizia scema dell'ultim'ora, appena giunta sullo smartphone di turno .

mercoledì 2 maggio 2012

Milano è una città dove non ci si può sedere

Milano è una città dove non ci si può sedere. Penso questo mentre mentre scrivo a penna queste note seduto sotto uno dei tanti grattacieli in zona Stazione Centrale tra via Melchiorre Gioia e Piazzale Lagosta, in quella zona che una volta era costituita da case di ringhiera e oggi da appartamenti frazionati in bi e monolocali per farci i soldi affittandoli a manager o executives di multinazionali o gente del mondo della moda. Dico così perchè dalla Stazione Centrale ho dovuto fare i chilometri per trovare un posto a sedere decente sotto forma di questa panchina lignea senza schienale a prova di ernia del disco-ma chi è che non ha l'ernia del disco a Milano tra scale mobili, scale normali, marciapiedi, autobus e metropolitana presi in fretta al ritmo imposto dalla produzione in una città dove se non corri non arrivi in tempo per produrre e se non produci non mangi. E 'l'unico posto che ho trovato per sedere da Corso Buenos Aires fino qua , più o meno 4 km in linea d'aria, questo qui dove sono seduto. Davanti alla Stazione Centrale dove sto di solito seduto sull'ampio bordo delle aiuole è tutto recintato, ci sono dei lavori in corso che permetteranno alla metropolitana due altre uscite , altre due bocche verminanti umanità sprinters alla Usain Bolt con per premio finale la sopravvivenza. E adesso me ne sto qui a scrivere di come cambino i colori delle amministrazioni mentre la filosofia resta la stessa : devi muoverti, non puoi sederti, perchè sederti significa fermarti a pensare, meditare, ed è pericoloso per i sistema. E lo mette in crisi economicamente, altresì. Se ti vuoi sedere c' è il bar, i Mac Donald , Spizzico. Così per sederti devi spendere e far girare l'economia, ma io mi chiedo ma quest'economia che gira e gira , ma poi la direzione che prende è dritta dritta in saccoccia ai soliti furbi in barba a noi parco buoi eterni clienti di sempre . Inoltre devi consumare in fretta perchè altri attendono il proprio turno in piedi davanti a te guardandoti mangiare. E guai a leggere il giornale, vuol dire relax, genera invidia e odio sociale. Quanto a scrivere su un quadernetto poi è sovversione pura: sei un esaurito che sta perdendo il suo tempo: specie se non sei uno scrittore famoso, conosciuto, questo poi manda i tuoi spettatori non richiesti fuori di testa. Cominciano a odiarti sul serio. Altro che invidia sociale, esiste un' invidia ancora peggiore che è quella culturale. Almeno usassi un pc portatile, sarei più accettato. Ma un quaderno con una penna, beh, questo no, è sovversione armata, genera risentimento, specie in gente in astinenza da Mac Donald , da hamburgher e da quelle proteine aggressive di cui ha bisogno per avere il coraggio di aggredire il prossimo. Alla stessa maniera di giovani virgulti delle new generations che per chiedere come si chiami ad una ragazza in discoteca hanno bisogno di sbronzarsi fino a sboccare. Il massimo contributo dato alla mobilità dalla giunta Pisapia sono le piste ciclabili. Sempre di stare in movimento si tratta , su una specie di rullo che ricorda le catene di montaggio dell'America anni '50 di Bukowski. E adesso sono qui a scrivere sul mio quadernetto antidiluviano con una penna a spirito in quanto posso usarla persino la sera disteso nel letto contro quella a sfera che scrive solo dall'alto verso il basso, mentre io amo scrivere dal basso verso l'alto e usare la penna come un mortaio dritto negli zebedei di chi si crede potente solo perchè porta la giacca e cravatta, guida la maserati e ricorre alla chimica per un minimo d'erezione decente...Qui, sotto questi palazzoni retaggio della giunta Moratti, palazzoni o , meglio, grattacieli di calcestruzzo armato e vetrometallo che si stagliano babelicamente sullo sfondo azzurrino primavera trapuntato di nuvole che scorrono veloci scolpite da un vento improbabile per Milano che le rende cangianti, ora assomiglianti ad un volto di Padre Pio, ora al Millenium Falcon, ora alla barba di Zeus: costruzioni silenti, corpi cavi senza un'anima che hanno arricchito solo le imprese siculo-milanesi in odore di ndrangheta che le hanno innalzate e che mi fanno sentire, ragazzo di provincia quale sono rimasto, un lillipuziano davanti ad una simile rappresentazione fisica di un potere di per sé opprimente e schiacciante, erto a simbolo minaccioso di un potere gigantesco come Gulliver quanto a denaro ma nano morale . E pensare che poche ore fa ero partito da Corsico con l'autobus, in fuga dal mio appartamento in un condominio molto difficile, dove urla di mogli violentate da mariti, schiamazzi di bambini trascurati e perenni lavori di ristrutturazione eseguiti con trapani e martelli pneumatici avrebbero finito per trapanarmi il cervello...e invece via verso il centro, via via , vieni via con me m'ha detto l'autobus improvvisamente sembiante un Paolo Conte improvvisato. E così in autobus, il 325 che ferma a Romolo quasi capolinea della linea verde della metropolitana milanese, in compagnia di molto sud del mondo, me compreso, noto una esteuropea bionda e scollata con calze a rete piuttosto ardite per l'orario ed il luogo che sorride mentre osserva delle studentesse delle medie superiori, biondine anch'esse e sboccate , che ripassano la lezione d'inglese coram populo dialogando fra loro in uno slang periferico molto “zia hai rotto”. A Romolo scendo e subito mi immergo nel torrente umano che si immette nella bocca che dà giù per la metro . Ognuno con la sua copia di “Metro” in mano, quotidiano gratuito che dà notizie stringate come le striinghe di una ballerina de La Scala. Passo dai tornelli obliterando il mio biglietto e ciondolo sulla banchina in attesa del treno. C'è un telo proprio sui binari , sul quale un proiettore irradia immagini di una tv locale e tutti i passeggeri in attesa la guardano come ipnotizzati. Io sono l'unico che guarda invece i volti della gente . L'unico che non guarda la tv ma preferisce quei paesaggi straordinari che sono i volti della gente e che raccontano di sofferenze e di gioie e mostrano occhi che hanno visto panorami andini, paesaggi tropicali e visto corpi che hanno danzato su spiagge incontaminate, spento falò in un'infanzia tanto lontana quanto la prospettiva di uno sguardo metropolitano che ha teletrasportato i proprietari di quegli sguardi nei lerci retrobottega di discoteche buie e spente piene di tavolini che fanno da base d'appoggio a uomini tanto ricchi quanto morti , sponsor ufficiali notturni della Folletto nasale diochenoia... Scendo in Duomo e c'è un mucchio di gente che mi spinge a pensare che tutte queste persone in giro che non lavorano e che spendono mi danno l'impressione che non abbiamo ancora toccato il fondo. Ma non aspetto questo momento, tanto poi, noi italiani, scaviamo. Entro alla Feltrinelli e chiedo un libro di De Sade, Viaggio in Italia e viaggio in Olanda. La ragazza dà una scorsa su un pc e dice che quel libro è introvabile e che non sarà più ristampato. E aggiunge che se voglio vedere per altri libri di Sade devo guardare nella sezione dei libri erotici . “Letteratura erotica?”, dico, “ ma avete affidato la dislocazione dei volumi per argomenti a Fabio Volo?”. Lei ride e dice che ho ragione e che non è più la Feltrinelli di una volta. De Sade mi piace perchè è uno dei pochi scrittori ateisti che scriveva da Dio. Vale la pena comunque di comprare “ La filosofia del boudoir”. O meglio ricomprarla, visto che una volta ne avevo una copia che ho lasciato in chissà quale dei cento appartamenti dove ho dimorato in questi ultimi vent'anni a Milano . Esco dalla Feltrinelli del Duomo. Non ho mai provato invidia per gli scrittori che pubblicano senza meritarselo. Semplicemente non compro i loro libri. Compro quelli di scrittori che possono darmi qualcosa. Mi nutro di loro. Poi però cerco la mia voce. Ci ho impiegato anni, ma l'ho trovata. Quando riesci a scrivere quello che pensi nella forma più vicina a come l'hai pensato originariamente, il più è fatto. Io scrivo cercando di dire ciò che voglio dire nel modo più conforme a me. Alla mia musicalità. Senza preoccuparmi del pubblico. Non è presunzione. Se scrivi per il pubblico o cose che pensi possano piacere al pubblico , allora diventi il pubblico, diventi la gente. E io devo poter un minimo detestare la gente per poterne scriverne male ed essere apprezzato per questo dalla gente che leggendo si riconosce e approva il tuo disvelamento. Tanto comunque non cambierà. E' la forza del genio della massa .