giovedì 18 febbraio 2016

Caro Salvatore

Buongiorno signor Danilo sono Salvatore S. l'alunno del professore Lorenzo C. . Salve, signor Danilo Coppola. Io e la mia classe stiamo affrontando un tema molto importante riguardante quello del futuro e del lavoro dei giovani. Sono temi che coinvolgono tutti. Vi sono giovani che emigrano al nord o all' estero per trovare lavoro, abbandonando famiglie, amici, affetti, tradizioni. I miei compagni di classe hanno pensato di porre domande a giovani emigrati o a giovani che sono tornati nel loro paese. Io, invece, vorrei conoscere la sua esperienza e la sua opinione su questo tema ed è per questo che mi permetto di rivolgerle alcune domande. So che ha da fare molto, ma spero che possa trovare un po’ di tempo per rispondermi. Il mio professore mi ha parlato di lei dicendomi che è andato via dal suo paese per trovare un lavoro in maniera civile e corretta, come ha affrontato la distanza da casa? Come è stato l'impatto con la nuova città? ha avuto difficoltà nell'integrarsi? Nonostante lei sia laureato in Giurisprudenza come mai ha deciso di lavorare in un Centro IKEA,i invece di seguire i suoi studi? La ricerca del lavoro è stata difficile o trasferendosi al nord è stato più semplice rispetto alla situazione che abbiamo qui? Che rapporti ha, ora, con il suo paese d’origine? Il mio professore mi ha parlato dei suoi scritti: Acquario1, Acquario2 e Al Maresciallo piace la buona musica, da cosa è stato ispirato nel scrivere questi testi? Le è mai venuto in mente di tornare a vivere nella sua Ostuni? I suoi genitori cosa pensano della sua decisione di partire e non fare un lavoro inerente ai propri studi? Quali consigli darebbe a me giovane studente del sud? La ringrazio molto per la sua disponibilità e le auguro tanti romanzi ancora… Caro Salvatore la tua raffica benefica di domande mi ha messo in difficolta'. Soprattutto perche' da' la stura a una serie di interrogativi ai quali spero di saper rispondere. Innanzitutto la spinta ad andarsene mi e' sorta da un potente desiderio di liberta'. Volevo essere libero. Dalle nostre parti, ed e' ancora cosi, non si pensa minimamente a prepararsi negli studi per affrontare e vincere qualche concorso o per rivestire dei ruoli di responsabilta'. Certo non dico che non ci sia qualcuno che lo fa e ci riesce ed ha tutta la mia sincera ammirazione. Ma la maggior parte di noi ritiene tutta questa faccenda del prepararsi , studiare, formarsi, per poi rivestire un ruolo che sia in grado di introdurti in una carriera, sia una sonora perdita di tempo. Per cui i nostri genitori e parentame vario per primi cominciano dal cercarsi una raccomandazione. E questo malcostume e' impossibile da sradicarsi. Ma c'e' anche il fatto che seppur giustamente si voglia instradare un figlio verso una carriera brillante per il suo bene, perche' guadagnare di piu' aiuta , perche' un posto di potere ti pone in una condizione di scambio di favori che un giorno potrebbe tornargli utile, sta di fatto che anche questa mentalita' e' sbagliata. Ragioniamo un momento, se tutti ragionano cosi come puo' un qualsiasi paese crescere e svilupparsi, se tutti pensano a posti di prestigio e di potere acquisiti senza preparazione? Ora qualcuno potrebbe pensare che al nord dove mi sono trasferito-ma questo l'ho capito dopo-non per lavoro, ma per la ricerca della mia liberta', le cose vadano meglio. La mia esperienza in questi anni mi dice il contrario. Anche al nord ci sono le stesse dinamiche clientelari, di familismo cosiddetto amorale, che porta milioni di persone a brigare per sistemare lavorativamente meglio se stessi e i propri cari. Diciamo che al nord , perlomeno quando sono emigrato io, parlo degli anni '90, c'era piu' richiesta di lavoro e si aveva fretta di completare i ranghi delle aziende. E sotto questo profilo tanti come me sono riusciti a prendere l'ultimo treno per un posto di lavoro a tempo indeterminato. Allora si riusciva anche a non ricorrere al politico di turno che ti raccomandasse. Cosa che da noi in Puglia era pressoche' impossibile. Ecco da noi questa storia della raccomandazione, del mettersi al carro di qualcuno e del galoppinismo politico ha raggiunto tinte grottesche. E una volta ottenuto il posto, spesso pagando tangenti, non si era e , diciamo pure, non si e', liberi. Ad ogni tornata elettorale, ad ogni impegno politico sei chiamato al "vota e fai votare", al porta a porta del lecchinaggio politico. In altre parole, il lavoro, che dovrebbe rendere indipendenti, liberi, dare dignita' piena ad una persona, per le dinamiche attraverso le quali era ed e' acquisito finiva e finisce per trasformarsi in una schiavitu'. Io emigrando al nord non ho comunque trovato lavoro molto facilmente. C'era da confrontarsi con chi viveva al nord e in qualche modo era favorito, poi con chi era emigrato prima di me[la classica guerra dei poveri] ed esercitava una sorta di diritto di prelazione. Riguardo agli stranieri io non ho avuto problemi, perche' ai miei tempi nessuno assumeva per un lavoro normale persone che non fossero in regola. Li assumevano in nero per lavori particolarmente usuranti che noi italiani non volevamo fare. E in qualche modo oggi e' ancora cosi. E poi c'era naturalmente questa questione che la laurea che mi ero preso e che-altra ubbia diffusa ad arte dal sistema di cui l'universita' stessa era parte-doveva schiudermi le porte del dorato mondo del lavoro che contava, in realta' era ritenuta da un bel po' di selezionatori del personale, poco piu' che carta straccia. Un po' perche' venivano preferiti i laureati in Bocconi e Cattolica, universita' prestigiose per frequentare le quali si pagano rette salate[e io invece ero laureato alla statale e per di piu' a Bari], ma anche perche' ho dovuto confrontarmi con il sistema delle raccomandazioni a Milano gestito in gran parte da Comunione e Liberazione. Tutte queste dinamiche, per risponderti compiutamente , caro Salvatore, le ho trasferite nei miei due romanzi classici, di letteratura contemporanea, Nell'acquario e Nell'acquario 2. La raccolta di racconti "Una faccia una razza" si riferisce principalmente a storie della mia infanzia, mixate con pezzi di satira politica o di costume. Al maresciallo piace la buona musica, invece, costituisce la mia irruzione , come narratore, nel mondo del giallo. Il protagonista di questi quattro racconti che costituiscono il libro, si chiama Gabriele Santoro, e' di Ostuni, poco piu' che quarantenne,soffre pesantemente di colite spastica, cosa che lo porta a consumare quantita' industriali di camomilla, legge molto soprattutto classici, di cui si avvale per risolvere casi intricati ed e' un grande appassionato di jazz e musica classica. Tre di questi racconti sono ambientati a Milano, territorio metropolitano in cui attualmente vivo , mentre il primo e' ambientato a Trieste, citta' dove ho svolto il servizio militare come Ufficiale di complemento. Mi chiedi come mai non ho svolto un lavoro attinente ai miei studi. Beh, io sono laureato in Scienze Politiche, che come ben sai, non e' un titolo che puo' darti accesso alla libera professione. In un paese che e' nato e cresciuto secondo logiche provinciali, dove lo studio settoriale doveva necessariamente dar luogo ad uno sbocco certo, ha creato una mostruosita' antropologica piu' unica che rara. Oggi infatti abbiamo laureati in filosofia che si sono riciclati e lavorano nell'ambito delle ricerche di mercato, non avendo trovato sbocco nel semibloccato mondo della scuola, laureati in giurisprudenza che insegnano diritto a scuola, architetti che si occupano di grafica pubblicitaria, laureati in economia e commercio che selezionano il personale. Io faccio l'arredatore per l'Ikea. Ci sono arrivato dopo vent'anni di militanza in questa multinazionale svedese dell'arredamento. Il mio lavoro consiste in un mix di consulenza tecnica e vendita. Una volta, caro Salvatore, pensavo che mi sarebbe piaciuto fare lo scrittore a tempo pieno. Ma ora non lo penso piu' . Non lo farei nemmeno se ne avessi l'opportunita'. Un'autore deve stare in mezzo al popolo, in mezzo alla gente di cui racconta le vicende. La maggior parte degli autori che mi sono piaciuti, infatti, sono stati questo tipo di scrittori. Lo scrittore professionista e' finto e quella finzione nella finzione risulta ancora piu' falsa, ad un lettore ben accorto, di quella che crea lo scrittore che modifica solo lievemente, la realta' che descrive, a fini letterari. Per quanto concerne il mio rapporto con Ostuni, mio paese ci origine, beh, devo dire, che , rispetto ad una fase iniziale in cui non mi sentivo pienamente a mio agio, non sentivo che la citta' stava dando a me cio' che io , nel mio impegno sociale e ambientale, avevo cercato di dare a lei, fase iniziale appena partito per cambiare vita, oggi il mio rapporto e' mutato in senso positivo. So apprezzare di piu' quello che ho perso, cio' da cui mi sono allontanato. E ogni volta torno a trovare i miei cari genitori con sempre maggiore nostalgia, una nostalgia pero' venata di una giusta dose di distacco, non quella nostalgia malata dell'emigrante classico che se n'e' andato a malincuore. Io, chiaramente, non me ne sono andato a cuor leggero, ma i motivi del mio allontanamento, in realta', non consistevano esclusivamente nella ricerca di un lavoro. Ma anche e soprattutto in una ricerca di se stessi , una sorta di autoproiezione nell'oceano della vita, fra le procelle dei mari agitati della realta' contemporanea, per vedere se ce la potevo fare con le mie forze, da solo, senza il doping dell'aiutino di un politico o altro. Con le mie proprie forze. C'era il rischio, in questa sfida con se stessi, di perdersi e di non ritrovarsi, di perdere contro se stessi e di non riprendersi mai piu' da questa sconfitta. Ma valeva comunque la pena di tentare. Di affrontare la vita. E di affrontarsi. Per cui, caro Salvatore, invito i giovani a mettersi in gioco e a ragionare in grande. Le proprie radici sono il punto di partenza a cui si ritorna, di quando in quando o sempre, a volte definitivamente. Ma cosa sarebbe il nostro albero senza radici. E che rigoglio sarebbe. Un rigoglio senza classe, quello di un orticello di fronte a quello maestoso e imperituro della foresta pluviale di un'esistenza forgiata ai marosi della vita, quando ce l'hai fatta ad approdare dall'altra parte del fiume. E la zattera e' la vita.

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