mercoledì 6 ottobre 2010

Ciao Mino



Mi sono alzato tardi. Fra un pò andrò a correre, oggi non lavoro. Dovrei dire per fortuna. Ma non lo dico.Perchè oggi sono triste. Un ragazzo che conoscevo anche se non benissimo-ma si sa quando vieni da un borgo di poco meno di quarantamila anime ci si conosce tutti- si è tolto la vita lanciandosi da un treno, uno di quei treni che ho preso centinaia di volte per scendere e salire da Milano ad Ostuni e viceversa. Qui di seguito riporterò l'articolo di cronaca con le stupende parole del officiante nell'omelia( così distanti dai valori del porporato cattolico), parole che bisognerebbe stampare a caratteri cubitali e imprimere nelle coscienze di questo paese addormentato, perso dietro gli spot di canale 5, tutti a gridare come degli idioti "Italia Uno", sbavanti dietro i camerini delle selezioni del Grande Fratello. Me lo ricordo Mino, un ragazzo simpatico, solare, uno dal sorriso facile, incappato però in quel bieco meccanismo provinciale dell'avere successo a tutti i costi. Per questo sono un artista, per questi motivi, perchè ognuno di noi ha delle capacità in qualsiasi ambito e delle passioni ed ha il diritto di coltivarle, al di là di una società che detta i parametri del successo altrimenti non vali niente, al di là di aziende in cui dirigenti inetti giudicano le capacità produttive di un individuo rendendolo un parametro di giudizio complessivo su tutta la sua vita, della serie se non vali per l'azienda non vali per la vita. E' questa cultura che combatto da anni, scrivendolo nei mie libri, nei mie romanzi, attaccato sia da destra che, purtroppo, da sinistra, da tromboni che si ostinano a dire che sono un estremista, che questa società è tutto sommato giusta , che la selezione ci vuole, che Milano è una città piena di opportunità nella quale chiunque con delle capacità si può inserire e che il sud non è preda di logiche clientelari e vittima di politici che elargiscono posti di lavoro in cambio della svendita delle proprie coscienze. Proprio in questi giorni ho completato il mio terzo romanzo che non so quando ne se uscirà, un romanzo sui tempi che viviamo, in cui l'Italia è rappresentata come un paese irriconoscibile brutto fuori e dentro, in cui razzismo, omofobia e successo a tutti i costi sembrano costituirne i nuovi disvalori fondanti. Appena ho letto l'articolo su Repubblica che riportava questa tragica notizia di cronaca, ho sentito che il cuore mi si chiudeva e che le carni mi si raggrinzivano, ho sentito una responsabilità immensa sulle mie spalle, la responsabilità di chi aveva visto in anticipo gli sviluppi di una politica ultracinquantennale di prebende e assistenze, la politica di un paese nato vecchio e che non vuole crescere, soprattutto culturalmente, di un paese dove esiste ancora gente che pensa che i comunisti ti porteranno via la casa- che se pure per assurdo fosse così, diciamo, se servisse a farci stare tutti meglio ed a conservare il sorriso ai Mino di tutto il sud, non vedo dove sarebbe il problema- ...ma come non eravamo il paese della solidarietà, il paese degli interventi umanitari? Beh, non lo siamo più, sbagliamo tempo e luogo per i nostri interventi umanitari, perchè portiamo la guerra in Afghanistan e il ponte sullo stretto in Sicilia mentre bisognerebbe portare l'esercito in Sicilia e sacchi di riso in Afghanistan. Sono come al solito iperbolico, lo faccio perchè nessuno sembra più dire nulla in questo paese di moderati, dove ognuno pensa ai fatti suoi, il paese delle furbate come genius loci nazionale, il paese dei berlusconidi, assai più pericolosi di Berlusconi, la continuazione della vecchia Dc con altri Mediaset. Ma non voglio aggiungere altro, ne terminare con il mio consueto umorismo, perchè oggi sono triste e voglio portare un tributo a Mino ed a quella che è la mia generazione, di giovani pieni di speranze che si sono formati nelle parrocchie cattoliche portando nel mondo i valori cristiani, certo alcuni laicamente, come il sottoscritto, perchè essi sono valori universali che non moriranno mai, così come i ventuno grammi di Mino resteranno nell'atmosfera finchè un bel giorno non si poseranno sull'anima di altri che raccoglieranno il suo testimone e renderanno la sua vita degna di essere stata vissuta.

Buona giornata e buona fortuna
Ps: di seguito l'articolo di cronaca con le belle parole di Don Giulio Galassi:





Dura omelia di don Guido Galassi durante i funerali di Cosimo Damiano Nardelli, il trentottenne “precario” ostunese toltosi la vita lunedì scorso
“Mino, un corpo estraneo all’interno di una società sorda, opulenta e edonistica”
di Nicola Quaranta » 5 ottobre 2010 alle 21:38


a destra, in testa al corteo funebre, padre Guido Galassi

Mino Nardelli
OSTUNI – “La morte di Mino? Il dito del Signore puntato contro tutti noi, sordi di fronte alla sua sensibilità e incapaci di reagire a un modello di società fondato sull’apparenza, sull’edonismo e sulle frivolezze”. Dal pulpito il messaggio più duro. Parole severe ma intrise di dolcezza ogni qualvolta lo sguardo di don Guido Galassi, religioso dei Servi del Cuore Immacolato di Maria (Opera Nostra Signora di Fatima) si volge con tristezza verso la bara, per ricordare il sacrificio di Cosimo Damiano Nardelli: Il trentottenne ostunese che nella mattinata di ieri (attorno alle 10.20) si è tolto la vita, lanciandosi dal finestrino del treno in corsa, alle porte della Stazione della Città bianca.


L'ultimo saluto a Mino Nardelli
Sgombrato ogni dubbio, ormai, sulla dinamica della disgrazia: Cosimo Damiano Nardelli, laureato in economia e commercio e da anni alla ricerca di un impiego stabile, sopraffatto dallo sconforto e dalla depressione, si sarebbe gettato dal treno sul quale viaggiava, nonostante il disperato tentativo di un passeggero di trattenerlo per la cintola dei pantaloni. Nel pomeriggio di oggi, all’interno della Cattedrale di Ostuni, l’estremo saluto.

“Quale fiducia – ha attaccato Padre Guido – può trasmettere ai tanti giovani come Mino una classe politica e di governo incapace di offrire prospettive? In mancanza di idee illudono le coscienze con i “gratta e vinci”. Quali valori riesce a trasmettere la Tv? Farabutti sono coloro che vogliono farci credere che nella vita conta il sapersi misurare con il regime della concorrenza ad ogni costo e con ogni mezzo. E chi, come Mino, non sa sgomitare? Non tutti sono belli e dotati di sorrisi ammiccanti per farsi strada nel mondo del lavoro. Non tutti riescono con facilità a trasmettere i propri sentimenti, ricevendo in cambio amore e attenzioni. A costoro che diciamo? Qual è il messaggio che i mass media promuovono?”


Tanti gli amici attorno ai familiari
Padre Guido lancia l’affondo: “Nella società di oggi conti se vali, se sei ricco, fornito di bella presenza, sei hai un’auto di gran lusso e soldi da spendere. Ma uno come Mino, bravo e umile, preparato, cosciente dei propri mezzi e delle proprie qualità eppure messo nelle condizioni di covare rabbia in silenzio, come può stare al passo di questi stereotipi? Ecco perché la sua morte non può essere archiviata come un nudo fatto di cronaca. Tutti dovremmo avvertire un pesante senso di colpa collettivo. Un giorno ci troveremo innanzi al Giudizio universale, chiamati a rispondere anche della sua tragica scomparsa. E a quel punto nessuno potrà ritenersi esente da colpe”.

L’ultimo pensiero, tenero e commosso, è per i familiari: “Prego affinché possiate trovare nella fede l’unica consolazione e la forza di guardare avanti”. Commovente, sempre dal pulpito, il ricordo di un’amica: “Per tutti noi, resterai il Nardelli di sempre”. Presente alla cerimonia religiosa, il sindaco della Città bianca, Domenico Tanzarella, ha sottolineato a margine del rito funebre come sia alto il prezzo pagato quotidianamente dalle nuove generazioni, “verso le quali ognuno, per quanto di propria competenza, ha il dovere di concentrare le attenzioni e gli sforzi, promuovendo politiche sociali e di sviluppo atte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro”.


L'uscita del feretro dalla chiesa
Parole di solidarietà e cordoglio sono state espresse anche dal senatore Salvatore Tomaselli: “Ciò che con tristezza abbiamo letto con sempre maggiore frequenza negli ultimi mesi, nelle scorse ore si è materializzato troppo vicino a noi per non aggiungere alla tristezza e al dolore un grande senso di impotenza. Il suicidio di Mino Nardelli a pochi chilometri dalla stazione ferroviaria della sua città è uno schiaffo che ci giunge troppo forte per poter anche solo immaginare che si tratti, per quanto grande, di una tragedia lontana. Che un giovane della nostra terra, giunto a 38 anni dopo aver a lungo studiato, conquistato con sacrifici una laurea a pieni voti, sopportato lavori umili e non adeguati alla sua formazione culturale e professionale, scelga l’estremo gesto è il segno non solo della disperazione e dello sconforto ma, probabilmente, di una perdita di dignità che ogni uomo o donna vive nel suo intimo come un dolore insopportabile...

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