lunedì 13 maggio 2013

Storie, di Vincenzo Palmisano

Conoscevo Vincenzo Palmisano di vista, lo vedevo sempre con quell'aspetto serio, gli occhiali inforcati e il piglio dell'uomo distinto che si distingue dalla massa, La Repubblica sotto braccio, l'impermeabile bianco come un tenente Colombo più à la page, fuori dall'Orlandini Barnaba. Lo conoscevo come marito della professoressa Baccaro ben nota a me alle scuole medie, una bella donna, distinta anche lei, molto brava a trasmettere il sapere . Poi lo conobbi personalmente , Vincenzo Palmisano, andai a trovarlo a casa sua per ringraziarlo personalmente per la bella recensione che aveva fatto del mio promo libro "Nell'acquario", su un giornale locale. In quella recensione aveva colto il senso vero di quello che avevo voluto dire e lui lo aveva mirabilmente riportato in un bell'articolo. Di persona quella scorza che pareva dura , nell'osservarlo dall'esterno, si liquefece, e venne fuori l'uomo con tutta la sua umanità. E quell'uomo mi piacque, era un uomo di lettere che non aveva mai pubblicato , diciamo così, in pompa magna, per pudore, perchè pur sapendo di possedere il dono del talento narrativo non ne aveva voluto approfittare per avere successo, per trarne profitto, quasi la consapevolezza di possedere questo dono lo appagasse di per se'. Mia madre , qualche tempo fa , mi fece dono del suo libro, pubblicato forse troppo tardi, ma forse proprio per questo distillato di una vita di scrittura in cui la narrazione breve, le cosiddette short stories avevano trovato una mirabile raccolta, splendido esempio buzzatiano a tratti, kafkiano a volte, dove la natura delle cose mediterranee veniva miscelata in un potente cocktail di humor nero molto burroughsiano, d'antan e moderno al tempo stesso. Il libro si intitola molto semplicemente e modestamente, in linea con il carattere del'autore, Storie( edizioni il Punto).Ed è una miscellanea di vicende e personaggi che abbracciano l'intero arco dei suoi ricordi e della sua esistenza, ricordi di guerra, racconti di racconti, leggende, fiabe, poesie, antiche credenze spogliate con sguardo laico ma senza denudarle della sacralità cui appartenevano, scemi del villaggio che ricordano golem ebraici, il tutto osservato con lo sguardo compassionevole di chi guarda agli ultimi con la speranza cristiana che resteranno primi nel cuore di Dio. Ma senza illudersi troppo che finchè resteranno sulla terra saranno tenuti in giusta considerazione. Personaggi che appaiono usciti da una realtà assurda come quella descritta da Ionescu, a volte dostoevskijani a volte gogoliani, con le masserie, gli ulivi, le case bianche, i paesaggi mediterranei , insomma,a fare da sfondo in luogo di steppe e isbe. E' un bel libro davvero, sintesi di racconti disseminati in varie antologie, che ora trovano un corpus narrativo degno del loro valore. Io l'ho letto in viaggio sui pullman della Marino su è giù per l'Italia, andando e tornando da Milano verso e di ritorno da Ostuni. E mi ha davvero allietato, mi ha fatto riflettere e deliziato, come un prodotto genuino della mia terra pronto per piacere anche ai più raffinati palati d'ogni dove.

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