mercoledì 12 settembre 2012

Tex Willer è comunista

Uno dei fumetti che ha contrassegnato la mia infanzia e che leggo tutt'ora potendo così affermare che ha accompagnato e accompagnerà l'intero arco della mia esistenza , è senza dubbio Tex Willer. L'ho amato sin da subito per quel mix di azione e, soprattutto, meditazione , nelle frequenti scene che ritraggono il ranger che gli indiani Navajo chiamano “Aquila della Notte” per via del suo mezzo sangue indiano avendolo persino nominato loro capo, in compagnia dei suoi pards, Kit Carson, Tiger Jack e Kit Willer, suo figliolo un po' se stesso in scala ridotta, accampati e seduti intorno all'acqua in ebollizione per il caffè durante i tramonti fatti di soli che si infilano nella fessura dell' orizzonte sullo sfondo di montagne rocciose, cactus e avvoltoi . Le lunghe conversazioni intorno ai fuochi tenuti bassi per non essere individuati da nemici di ogni sorta mi hanno sempre affascinato perchè sono intrise di una filosofia espressa in un linguaggio caratteristico ed efficace che sintetizza mirabilmente la visione del mondo del suo inventore, Gianluigi Bonelli e di suo figlio Sergio Bonelli, suo continuatore e scomparso per altro di recente ( nel 2011) . Le storie sono sempre state scritte con cura , frutto di attenti studi storici e antropologici , ed hanno avuto il merito di usare il far west americano come sfondo entro cui lasciar agire i personaggi più disparati, da Mefisto , esponente della magia nera, a El Morisco , archeologo , ricercatore e interprete della magia bianca , quella buona, diremmo, per non parlare di un lama tibetano, Padma, scacciato dalla sua lontana terra d'oriente , di pistoleri meticci, ex confederati sconfitti e indiani rinnegati, tutti protagonisti di storie archetipiche di un mondo che non sa rinunciare al male come l'acqua marina al suo sale . Inoltre Tex mi è caro perchè inaugurò , nel dopoguerra, il filone di un giusto revisionismo storico sulla storia del west, sposando pienamente il punto di vista dei nativi americani, dei pellerossa , fino a un certo momento individuati , da una vasta cinematografia imperialista d'accatto, come i cattivi della situazione, e che ci aveva mostrato il più reazionario degli attori Hollywoodiani , John Wayne, sempre impegnato ad interpretare personaggi che rivestivano i panni dell'ammazza musi rossi in una sequenza impressionanti di film indianofobici . Tex Willer agisce nelle sue storie sempre come difensore dei deboli e degli oppressi, tanto che , ad esempio in “Ombre di morte”, rispondendo a suo figlio Kit che gli domanda “per chi combattiamo noi, papà”, risponde inopinatamente:”per i deboli e per gli oppressi, figlio mio!Non certo per un branco di sporchi e ignobili politicanti!”. E questa lotta in difesa degli oppressi la svolge in modo netto e radicale, con una rabbia che può apparire a volte eccessiva, come tutte le volte che in situazioni di pericolo estremo mentre è legato in attesa di essere ucciso o mentre si batte all'ultimo sangue , se ne esce con espressioni come:” andate al diavolo, per quanto riguarda il sottoscritto siete già pendagli da forca”.O come quando dice, ad esempio di Mefisto, suo storico nemico:” questa volta gli procureremo un domicilio sicuro in una solida cassa di pino”. Non è un radicalismo casuale questo, Tex , ovvero i suoi autori, ci vogliono dire che noi da un eroe, da uno come lui, ci aspettiamo esattamente questo, una inflessibile coerenza in tutto quello che fa nella infinita e imperitura battaglia per la giustizia. Vuole dirci che ciò che non può essere risolto a parole verrà risolto con i fatti. Ma è proprio la scelta delle parole, nel comunicare questo concetto, che fornisce la cifra stilistica del suo autore e padre padrone ( e dei suoi continuatori) e che contraddistingue Tex Willer come personaggio unico e di peso nella letteratura contemporanea, in barba a chi pensa che i fumetti non siano letteratura ( basta leggere un libro di Fabio Volo per non trovare questo concetto affatto bizzarro ) , come accade ad esempio in “Kit Carson entra in gioco”: ” vattene pure a casa, signor granduomo, ma che io sia impiccato se per questa notte riuscirai a dormire tranquillo!”. E, di seguito, mi preme dire che, non si possono dimenticare espressioni come, “ gli metteremo il sale sulla coda”, abitualmente usata da Tex rivolta ai suoi pards mentre inseguono qualche criminale, o come , “ non ci abbiamo cavato un ragno dal buco”, quando le indagini sono ad un punto morto, né i coloriti insulti ad ogni sorta di bandito o criminale, tipo, ”pendaglio da forca”, “faccia patibolare”, “stanco di vivere?”, “quando incontro gente come voi sento vacillare la mia fede nel genere umano”, senza tacere la goliardica ma sempre valida espressione tipica all'arrivo in un saloon dopo faticose galoppate nei deserti polverosi : “ vorrei una bistecca alta tre dita sotto una montagna di patatine e un fiume di birra”, che usando personalmente una volta mi è valso un fidanzamento( non sto a dire) . Né gli spagnolismi messicani come “vamos”, “vamonos”, o , “lo siento”, per dire “mi dispiace”. Ma c'è una frase, secondo me, che racchiude tutta la filosofia radicale e anche politica del nostro eroe dei fumetti e che esprime sinteticamente un concetto sempre valido in ogni tempo e che contiene poi il concetto del fare le cose, nel senso del muoversi per risolvere i problemi, in luogo di sterili e stolide conferenze programmatiche che altro non sono se non esibizioni masturbatorie di parole tenute insieme per riempire l'aria , un'espressione che bisognerebbe tirar fuori tutte le volte che i nostri politici sembrano dire qualcosa di solenne e di definitivo, quando non sanno cosa dire di fronte all'evidenza della propria incapacità: “ ancora una volta avete perso un'occasione buona per stare zitti”. E credo sia il giusto suggello a questo mio modesto omaggio ad un eroe senza tempo .

Nessun commento:

Posta un commento