lunedì 18 luglio 2011

Malpensa express


Racconto 6
Ore 6 del mattino, la sveglia suona. Io casco dal letto. Metto a scaldare l'acqua per il caffè, accendo su Rai News, un Berlusconi stanco e bolso sta parlando dell'ultima manovra finanziaria che ci permetterà il pareggio di bilancio nel 2014 mandando a casa degli impiegati pubblici il medico fiscale il primo giorno di malattia. Bevo il caffè e ripasso mentalmente se per caso sto dimenticando qualcosa. Esco poco dopo. Fuori fa caldo ma c'è una lieve brezza che muove le foglie del piccolo giardino all'ingresso del condominio. Poca gente ancora per strada e l'edicola aperta che vende qualche giornale e intorno al chiosco i gestori, un uomo e una donna, fratelli di mezz'età, stanno ancora sistemando le pile di giornali che sempre meno gente compra. Faccio trecento metri e mi fermo in attesa sotto la pensilina. Qualche impiegato in divisa e un paio di esteuropa biondi occhiazzurri, dal capello rasato , che fumano in attesa. Vedo arrivare il 325 che mi porterà a Romolo, fermata della linea verde. Di lì scenderò a Cadorna, dove prenderò un treno che, nella migliore delle ipotesi, in quaranta minuti mi porterà a Malpensa. Dove un aereo della Rayanair, compagnia aerea low cost, mi porterà a Brindisi. L'autobus comincia ad affollarsi e qualcuno oblitera il biglietto mentre l'autista , stancamente, pare scuotesi un poco a causa di quei rari rumori magnetici della punzonatura. Scendo a Romolo, mentre imbocco la metropolitana, agguanto al volo una copia di “Metro”, uno dei quotidiani gratuiti che distribuiscono all'ingresso dell'underground milanese. Scendo ancora di un piano strada con la scala mobile e attendo il treno. C'è già gente e Milano è piena come non mai, quest'anno, sempre meno vuota, comunque, di anno in anno, mano mano che la crisi economica diventa più acuta. Il treno arriva e subito c'è la corsa ad accaparrarsi il primo posto della fila che ti consente di vincere il minor contatto possibile con altri umani, quasi la prossimità fisica sia diventata il tabù assoluto in questi tempi fagocitati da Facebook. Tre o quattro fermate e sono a Cadorna. Scendo con il mio trolley al rimorchio e il pc a tracolla e mi immergo nella folla che comincia a diventare asfissiante. Salgo con la scala mobile ed entro nella stazione delle ferrovie nord. Vado in biglietteria e mentre faccio il biglietto una ragazza poco meno che trentenne di una certa avvenenza , mi invita a spicciarmi, che il treno per Malpensa sta per partire. Lo dice con quella voce un po' alla Claudia Cardinale in c'era una volta il West, rassegnata a vedere il suo uomo partire ma languidamente assuefatta al letto sfatto di uomini in perenne partenza. Mi sistemo sul treno e attendo. Leggo Metro, non ho gran che da fare. A Saronno salgono una coppia di giovani gitani. Parlano fra loro quella lingua sinti slava o rumena e si siedono a fianco a me. Posso avvertire l'odore acre e ruspante dei loro sudori. La ragazza è seduta proprio nel sedile a fianco al mio. L'odore forte come di animale selvatico abituato a lavarsi in ruscelli o canali irrigui. Mi inonda le narici, ma gradevolmente. Odore di alimenti speziati e di steli di granturco intrecciati incontrati attraversando campi.
Scendono a Busto Arsizio e la ragazza mi dà un'occhiata in tralice con un certo interesse venatorio. I quaranta minuti passano abbastanza in fretta e dopo un po' arriviamo a Malpensa. Scendo dal treno , salgo con un tapis roulant e , arrivato in cima, do un'occhiata agli schermi televisivi che mostrano l'elenco dei voli. Apprendo che devo partire dal terminal due. Quindi devo prendere un autobus. E lo faccio saltandoci su quasi al volo, passando in mezzo ad una folla di trolley in movimento trainati da hostess dirette in varie direzioni.
Sull'autobus siamo in pochi e nella fila di sedili alla mia destra , è seduto un uomo sui trentacinque anni, alto, barba incolta di vari giorni, che indossa dei pantaloncini che paiono da pigiamino estivo, su calze scozzesi e scarpe da trekking all'ultimo grido. Porta una giacca elegante e la cravatta e un sacco da viaggio misero e pieno di poche cose. Tramesta con un i-phone e riceve una telefonata. Parla con qualcuno con cui deve essere in confidenza con un tono di voce molto da paillettes e chiosando i dialoghi, di volta in volta con un “amore”, “ tesoro” o “gioia” e ripetendo più volte il concetto di voler dormire insieme. Capisco che sta parlando con un uomo a cui si rivolge al femminile secondo un frasario tipico degli ambienti gay del mondo della moda. Chiude la comunicazione e si guarda intorno per vedere quanto ha scandalizzato. Il suo vocabolario mi riporta alla mente quello di “Pao Pao” di Piervittorio Tondelli.
Arrivo al terminal 2 e scendo. E' pieno di poliziotti che fumano stanche marlboro lights osservando le tettine free dancing di un buon numero di turiste americane che sono in gruppo. Entro attraverso le porte scorrevoli sotto la gigantesca scritta Departures, una rapida occhiata agli schermi video e mi metto in coda per il check in. Non c'è molta coda, sono in largo anticipo. Lascio il bagaglio alla hostess di terra , mentre quasi mi rimprovera per il mio anticipo. Non sono mai contenti, questi delle compagnie low cost: o sei in anticipo, o sei in ritardo, o non hai fatto il check in online per cui devi integrare: insomma alla fine al posto di risparmiare questi qui fanno rimpiangere l'Alitalia.
Fatto il check in ho un sacco di tempo libero. Così vado all'edicola. Do un occhiata ai giornali. Prendo una rivista di storia dalla quale , apprendo, sfogliandola velocemente, che Alessandro Magno aveva un debole per gli uomini e che comunque stette con le più belle donne della sua epoca: insomma i potenti benchè gay, finiscono per beccarsi sempre le donne più belle: a noi arrivano quando sono, vecchie , sfatte e consumate. Il mondo va avanti come un gambero, un passo avanti e due dietro. Su “Chi” apprendo che la Canalis e Cloney si sono lasciati e che la velina nazionale s'è subito messa con qualcuno che evidentemente non frequenta i dormitori pubblici: con un metalmeccanico mai, eh. Mi sento proprio in vacanza e incrocio una signora che sta sfogliando un'altra rivista dello stesso genere, che chiacchiera con la figlia che le sta urlando che ha appena letto che lo yacht più costoso del mondo è quello di Abramovich. La signora, una bella donna con la permanente appena fatta , magra e già abbronzata prima della vacanza, dà una carezza di approvazione ala figlia, soddisfatta dell'imprinting che le ha dato. Il marito, un tizio panciuto e nervoso, la chiama e lei con una nonchalance da attrice navigata, si volta lentamente e la permanente , miracolosamente, si muove con lei. Scatta in direzione del marito, quel tizio che le permette permanenti e abbronzature prevacanze, e di sognare lo yacht di Abramovich. Insieme si avviano verso un volo low cost. Insomma gli italiani in vacanza sono sempre uguali, portano sempre addosso quell'ipocrisia piccolo borghese che gli impone di ostentare ciò che non hanno, costi quel che costi, a costo del low cost. Dopo un po' mi scoccio a gironzolare di là e di qua e passo attraverso l'uscita d, pronto per passare attraverso le forche caudine dei metal detector. Mi spoglio di tutto e metto nella vaschetta. Passo in un attimo a mi involo verso l'area tax free dei negozi dove c'è anche una discreta libreria. E' pieno di gente, italiani in vacanza. Ci sono anche molti turisti. Un po' tutti sono in giro per stecche di camel, cioccolata e libri da spiaggia. Come si possa leggere in spiaggia un libro della Mazzantini da tagliarsi le vene , solo loro lo sanno. Ma forse è solo l'ennesimo acquisto al fine di arredare la libreria. Al bar pizzeria e al mac donald c'è un sacco di gente seduta a sfoggiare minipc o i-pad e si guarda in giro per cercare di fare invidia. Navigano in internet sui siti preferiti: scommesse, gossip, youporn.
Qualcuno mangia un panino, mentre un gruppo vacanze tutti con la stessa maglietta con la scritta “ trombatori folli”, ore 10 di mattina, stappano uno spumante e bevono urlando slogan di contenuto demenziale. Anche loro si apprestano a prendere un aereo per qualche località esotica con puttane all inclusive low cost.
Alle 11 e 45 il volo della Rayanair è quasi pronto. Ha un ritardo di mezz'ora. Lì in fila per l'ingresso nel collo di brontosauro che ci porterà dentro la sua carlinga, lo vediamo atterrare. Gli addetti alle pulizie devono aver preso lezioni da Flash Gordon o lezioni di tolleranza dagli spazzini napoletani...in cinque minuti entrano ed escono con un paio di sacchi di immondizia. Facciamo la fila e le famiglie con bambini si prendono la priorità d'imbarco.
Ci sediamo dove capita, a chi prima arriva, i posti non sono numerati.
L'aereo parte e gli stuart fanno il loro classico thai chi del salvataggio, con movimenti lenti, salvagenti sgonfi e dita negli occhi alla Bruce Lee, per indicare le uscite di sicurezza. Poco dopo il decollo, inizia il marketing aziendale. Prima passano con le sigarette finte, poi con i profumi firmati tax free, poi con i beveraggi, tutto rigorosamente a pagamento : una bottiglietta di acqua naturale 3 euro. Io mi distendo sul sedile e mi addormento. Due ore circa dopo, guardo fuori dal finestrino, e il mare adriatico e spumoso, fa la sua comparsa, siamo già in fase di atterraggio e l'aereo fa la sua classica manovra ad esse passando sul porto di Brindisi, col monumento al marinaio a salutare statico tenuto in piedi dal viagra dei contributi pubblici.
Atterriamo. Scendiamo dalla scaletta e saliamo sui pulman. L'aereoporto sarà a venti metri. Ma dobbiamo salire sugli autobus. Motivi di sicurezza, dicono. Esco dall'autobus, il sole è alto in cielo e il vento di tramontana mi schiaffeggia come se mi volesse dare dei buffetti di benvenuto sulle guance. Sono a casa. L'aria è tiepida, la gente lenta, la calma placida, la brezza marina odora d'infanzia, quando me ne stavo sul mare per sei mesi e la vita, quella che mi stava aspettando, si preannunciava misteriosa, senza tuttavia riuscire a scalzare l'idea, che la vita che stavo facendo, tutto il giorno sul mare a raccogliere conchiglie, sarebbe meno bella. E avevo ragione.

Buona giornata e buona fortuna

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