mercoledì 25 gennaio 2012

Il professore di Vigevano (Racconto)

Fa caldo, oggi, una giornata di agosto. Le previsioni del tempo dicono farà caldo tutto il mese . Le previsioni del tempo sono come i sondaggi di opinione di Berlusconi: truccate. Sennò incominciano le disdette e le mancate prenotazioni nelle località turistiche. E' tutto truccato, col preservativo, ma l'unica cosa che si preserva è la salute della malattia: il consumismo. Io prendo la macchina, sette di sera, mi dirigo verso Vigevano, verso il Ticino. Chissà, magari faccio un bagno, respiro un po' d'aria, guardo l'acqua del fiume attorcigliarsi in mulinelli una volta tanto con funzione estetica, piuttosto che da pesca. C'è traffico , ma io non ho fretta. Sei italiani su dieci non sono andati in vacanza. Secondo Rai News. Secondo Canale 5 le località turistiche sono tutte al completo. Secondo gli organizzatori e secondo la Questura. Devi far girare i soldi, devi far girare l'economia, ma , francamente, l'unica cosa che gira sono le balle. Comunque per chi deve restare a lavorare non fa differenza. Per me si. Aspetto sempre agosto perchè Milano si svuoti e io possa viverla tranquillamente come un turista, senza traffico, poca densità umana, locali chiusi, insegne spente, polizia in vacanza e poche stanche puttane che stazionano sui viali come pigre libellule di fiume. In zona ponte sul Ticino, prima di giungere a Vigevano, giro a sinistra. Sto a centro strada una vita col rischio che mi investano. Saranno questi i famosi investimenti di cui parla Tremonti? Ce la faccio a girare. C'è un camioncino che vende panini e un uomo che vuol farmi pagare due euro per parcheggiare. Ma sono le sette di sera, dico. Ah già, allora non paghi niente, fa l'uomo, un marocchino piuttosto in carne che fuma una marlboro rossa appena sfilata dal pacchetto. Parcheggio e mi inoltro nella macchia, verso il fiume, di cui sento già il rumore, la presenza, il lento scorrere fra gli argini di ciottoli e la velocità delle acque interrotte da morti tronchi d'albero, vecchie nutrie che le solcano nuotando e intrepidi zingari che studiano la corrente per zigzagare a nuoto da una parte all'altra del letto del Ticino. Cammino in mezzo ad alberi e macchie di un verde intenso che va affievolendosi al tramonto. Famiglie di peruviani con donne in bikini e bimbi in braccio fanno sulfumigi di barbecue a due passi dal fiume, l'ombrellone aperto e sbilenco e le pance birrose che fanno su e giù nelle acque basse della riva. Mi inoltro nella macchia e via via i tratturi si fanno più stretti, e si diramano in mille rivoli nelle direzioni più disparate inghiottiti dal verde sempre più fitto e cupo. Percorro un centinaio di metri ed in fila, lungo il greto del fiume, ci sono uomini completamente nudi, alcuni in semierezione, altri molli, che guardano e ammiccano nella mia direzione. Il mio imbarazzo è totale. Evidentemente è un posto per nudisti. E il fatto che non ci sia una donna e che mi invitino senza mezzi termini ad appartarmi con loro nella macchina indica inequivocabilmente che è una zona d'abbordaggi per soli uomini. Ad un certo punto penso di tornare indietro. Ma mi imbarazza ripassare nei pressi di quella sfilza di tronchi d'uomini perlopiù anziani e panciuti, per cui decido di proseguire. Più avanti le apparizioni nudiste continuano, ma con minore densità e intensità. Un giovane effeminato , magro e glabro, torso nudo ,bermuda attillate e codino d'ordinanza, si scopre le terga e me le offre , fermo in piedi alla biforcazione di un tratturo. Io sono un semaforo a bordo strada. Rosso dall'imbarazzo. Eppure dovrei sentirmi più imbarazzato a guardare il telegiornale. Ma il telegiornale non guarda te. Forse è questa la differenza. Proseguo oltre. Mi avventuro nella macchia, senza paura, ma con costante imbarazzo, quello sì . Poi per un pezzo più nulla. Solo alberi, macchia, cespugli di more carichi di frutti, aironi cenerini e cornacchie che sorvolano la zona. Ad un certo punto , la macchia finisce e si apre in un acciottolato, che dà su un braccio di fiume piuttosto largo, che forma come una sorta di baia. Faccio una specie di sedile con delle pietre tondeggianti davanti al fiume e mi siedo. Silenzio. Lieve brezza. Pace. Recupero equilibrio. In posizione del semiloto, faccio un po' di respirazione addominale e cerco di non pensare a nulla. Dieci minuti dopo, mi sento toccare la schiena. Io, in stato di trance, mi scuoto. Dietro di me c'è un uomo avanti con gli anni, magro e senza un pelo, capelli completamente neri, ma, data l'età, credo, tinti. Mi osserva e mi fa:” cosa ci fai qua?”. “Niente. Medito”. “Ma lo sai che posto è questo? Sembri un pesce fuor d'acqua”, dice lui. Nel frattempo si siede al mio fianco. La sua voce affettata e sottile e il modo in cui mi guarda, come un superstite del deserto davanti ad un ghiacciolo, mi autorizza a pensare che sia gay. “In effetti me ne sono accorto. Sembra che questo sia un luogo di incontri per soli uomini...ma all'inizio era pieno di normali famiglie peruviane”, dico. Lui sorride. “Ti va di fare qualcosa?”, dice. “ Qualcosa cosa?”. Sorride. “ Ti dà fastidio se resto ancora un po' qui?”, fa. “No, non mi dà fastidio...purchè non torni su un argomento che è fuori discussione...mi riferisco al fare qualcosa”. Sorride. “Sei bellissimo”, mi dice. Io sono nell'imbarazzo più totale. E' un uomo anziano, molto in forma per l'età che deve avere, ma parecchio avanti con gli anni e non si fa scrupolo di corteggiare un altro uomo in questo modo spudorato. Io non ho certo paura di lui. E non provo schifo . Perchè dovrei? Dopotutto quello che mi chiede non solletica per nulla alcun mio appetito. Mi incuriosisce questa sua sfrontatezza. E' vero che i tempi sono cambiati, ma diosanto, comportarsi in questo modo così esplicito. Io non mi comporto così con una donna. Uso altre parole, altre formule. “Non ti sembra di esagerare...non sono gay”, dico. “Che tu sia bello è un dato oggettivo”, dice lui. “Io non credo. Piaccio molto agli uomini, questo l'ho notato. Ma le donne non mi guardano per niente. Quelle che piacciono a me , almeno”, dico. “Beh, vedi, per noi è lo stesso: quelli che ci piacciono non ci filano di striscio. Nessuno riesce mai a coronare i propri sogni. Altrimenti i sogni non esisterebbero”, dice lui. Io sorrido, lo guardo e dico: “ raccontami la tua storia, la voglio scrivere”. “Uhm. Tu scrivi?”. “Si, scrivo. Non sono uno scrittore affermato...per scelta, diciamo, delle case editrici”. Lui ride. “Ma mi piace scrivere. Non lo faccio per avere successo, lo faccio perchè non saprei come non farlo”. “Interessante”, dice. “D'accordo”, dice, “ ma tu in cambio cosa mi dai?”. “La mia attenzione...e vivere nel mare delle fibre ottiche...con connotati diversi...una sorta di storia della tua vita in forma di chirurgia plastica dell'anima”. “Complicato. Ma mi piace”. Si accomoda meglio. Le zanzare pungono maledettamente. Sembrano pungere solo me. Piacciono agli uomini e alle zanzare. Bene, le categorie a cui piaccio sembrano aumentare. “Beh, mi sono accorto da bambino che mi piacevano i maschi . Ho settantacinque anni adesso. A quei tempi manifestare certe tendenze equivaleva alla morte sociale tua e della tua famiglia. Ma prima o dopo arriva un redde rationem. Così la prima volta mi ha posseduto mio cugino, più grande di me. Ma non reclamo per questo. Anzi, mi ha liberato da ogni dubbio. Lui adesso è morto. Ma ha condotto una vita di inferno. Lui anche era gay, ma ha scelto di sposarsi ed avere dei figli. Ha avuto amori clandestini tutta la vita. E' stato infelice. Ha dormito per una vita in un letto matrimoniale con una donna che non amava”. “Beh, ma lo fanno anche molti etero”, dico. “Si è vero, ma capisci cosa voglio dire”. “Credo di si”, dico. “Per fare contenti i miei uscivo con delle ragazze. Ma è stato drammatico. Non riuscivo ad eccitarmi, ad avere l'erezione. Dovevo inventarmi le storie più strane, per lasciarle. Quando arrivava quel momento la mia fronte si imperlava di sudore e non c'era verso che il mio coso si animasse...nemmeno con la respirazione bocca a bocca”. Ride. “Fino all'università ho avuto storie clandestine...ma, a dire il vero anche dopo. L'università l'ho fatta a Milano. E' la città più gay del mondo. La sodomia è praticata in modo molto più esteso di quanto si creda e le persone dei più disparati ceti e più insospettabili la frequentano di nascosto e in abbondanza. Sono stato con manager sposati, preti, commercianti, commessi viaggiatori, ma anche muratori, operai e bottegai. Poi dopo l'università sono tornato a Vigevano ad insegnare in una scuola”. “Quale scuola?”, chiedo. “ Fai lo scrittore, non fare il giornalista. O se proprio vuoi fare il giornalista non di quelli che scrivono di gossip”. E' la mia volta di sorridere. “ I miei hanno sempre saputo. Mia madre mi ha capito e compreso...benchè fosse di estrazione sociale e culturale bassa. Mio padre ne ha fatta una malattia...lui così virile e sciupafemmine, con un figlio finocchio...ma credo che sia stata una sorta di legge del contrappasso. Una sorta di nemesi, una specie di- le colpe dei padri ricadano sui figli!- O almeno così mi piace pensare. Comunque...dov'ero? Ah, la scuola. Ho insegnato per una vita, ma non ho mai avuto rapporti sessuali con nessuno dei miei alunni. Non ho tendenze pedofile. Anche se molti di loro li o beccati da queste parti, su questa sponda del Ticino, che non a caso, fra noi chiamiamo, l'altra sponda”. Io sorrido. “Frequento questo posto praticamente da quando sono nato. Sesso all'aperto, cosa c'è di meglio”. “Insomma sei stato e sei un uomo felice”, dico io. Che domanda stupida. Ma l'imbarazzo fa fare cose stupide. “ La felicità non esiste. Io posso solo dire che, nonostante abbia sentito sulla mia pelle la discriminazione e l'essere messo in disparte per essere diverso dalla maggior parte delle persone, da quando ho scoperto che le persone del mio stesso sesso sapevano procurarsi e procurarmi gioia con ogni parte del proprio e del mio corpo, ho vissuto questa cosa come un dono. La maggior parte di quelli che hanno paura o schifo dei gay hanno qualche conflitto irrisolto. E temono di risolverlo nel momento in cui, diciamo così, ci cascano”. “Per la miseria, non ci avevo mai pensato”, dico. E sorrido. “Si, lo so cosa vuoi dire con quell'espressione furbina...che siccome tu non provi schifo e non hai paura sei al riparo da cascarci”, dice lui. “Io non ho detto niente”, dico. E rido. Le zanzare mordono e il tramonto incombe. Cala l'umido e io mi alzo per congedarmi dal mio narratore di giornata. “Te ne vai di già?”, chiede. “Si...ho raccolto abbastanza materiale, per oggi”. “ E non vuoi fare niente?”. “No”, dico io. E mi viene da ridere. “Cavolo”, dico, “ma ci provi sempre!”. “Perchè”, dice lui, “ tu non fai così con le donne?”. Ci penso su e dico: “ beh, in effetti, si...ma non arrivo a chiederlo tre volte”. “Tre volte è un buon numero”, dice lui. Si alza in piedi. 75 anni e ne dimostra 20 di meno. Dice che fa trekking e molto sesso. Il sesso brucia calorie. Molto più di voi etero, dice. Io , se ci penso, non posso non concordare. Ci inoltriamo nella macchia e torniamo verso il parcheggio. Dietro i cespugli si sente ansimare e mugolare. I cespugli si muovono in assenza di brezza, le cornacchie strillano, gli aironi svolazzano, nel paradiso degli uccelli felici. Arrivati al parcheggio, ci salutiamo. Ci stringiamo la mano. Lui è a torso nudo, occhialetti da vista rotondi alla Gramsci, bermuda strette e fisico da ballerino. “Cosa farai adesso?”, chiedo. “Quello che fanno tutti. Andrò a casa, farò una doccia e mi farò da mangiare. E tu?”. “Le stesse cose”. “Visto? Fra umani le similitudini sono molte di più di quanto si creda. Siamo esseri monotoni. Tremendamente monotoni. Gli animali sono molto più interessanti. E si fanno meno problemi ”, fa. E sorride. Fa dietro front e va verso una bicicletta parcheggiata vicino ad una staccionata. La scioglie dal catenaccio e sale in sella. Sono 30 anni, dice, che la lego lì.

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