sabato 26 settembre 2015

Il te' verde, di Sophie Lacoste, tea, rece

Sophie Lacoste mi ha deliziato scrivendo un libro sul te' verde dall'omologo titolo, appunto, il te' verde, edito per la tea, appena sei euro. Ripercorrendo in sintesi le origini di una bevanda che la gran massa dei consumatori italiani snobba enormemente in luogo del piu' tradizionale e sigarettofilo caffe', origini che risalgono niente meno che al 350 avanti cristo, in Cina,mentre in Giappone la bevanda fu scoperta e divenne un vero e proprio culto quasi religioso soltanto nel 700 dopo cristo, ci spiega i segreti di questa bevanda salutare i cui innegabili benefici per la salute sono tutt'ora oggetto di studi approfonditi. Il te' verde e' un vero e proprio brucia grassi e contiene sostanze antiaging, che rallentano, cioe', i processi di invecchiamento cellulare, nonche' forti componenti antibatteriche contro stafilococchi e altri batteri. Aumenta la concentrazione senza incidere sul sistema nervoso , cosa che accade invece per il caffe' ed agisce beneficamente sulla sfera sessuale, tanto da essere stato adottato da Luigi XIV alla corte francese, in accoppiata con il ginseng, per favorire la digestione di lauti pranzi e soddisfare al contempo le varie cortigiane. In Inghilterra fu una Stuart, Anna, che lo introdusse, nel 1653, dopo che ne ebbe assaggiata una tazza proveniente da una partita sequestrata ad un battello battente bandiera olandese. Sucessivamente il te' divenne protagonista di guerre commerciali fra olandesi e inglesi. Molte curiosita' vengono soddisfatte da questo prezioso libretto, per esempio che il te' verde si chiama cosi' pur provenendo dalla stessa pianta, Camellia Sinensis, rispetto ai te rossi, neri, gialli e bianchi, unicamente in base alla raccolta e al processo di lavorazione, come pure la temperatura che deve avere l'acqua per goderne al massimo l'aroma e le proprieta' organolettiche. L'autrice consiglia inoltre il te' in foglie e proveniente da agricoltura biologica, perche' altrimenti potrebbe essere foriero di pesticidi dannosi per la salute. Nel finale , dopo averci ammaliato con alcune massime riportate da un libro classico sul te' scritto dal cinese Lu Yu [Il classico del te'], la Lacoste ci accompagna nel mondo delle varieta' di te' Giapponesi, facendoci appassionare al te' come bevanda dai contenuti spirituali, oltre che botanici. Consigliatissimo!

mercoledì 2 settembre 2015

Escursione al Parco Regionale delle Dune Costiere, Ostuni. Agosto 2015

Un mio antico amico d'infanzia, il dottor Gianfranco Ciola, una sera di agosto, in quel di Ostuni, su viale Oronzo Quaranta, cinta muraria di quella sorta di presepe palestinese che e' il centro storico di Ostuni, il quartiere terra, mi invita per il giorno successivo a fare un'escursione nel Parco Naturale Regionale delle Dune Costiere, area di interesse naturalistico e paesaggistico che da Torre Canne si estende fino a Torre San Leonardo, antico presidio aragonese a difesa delle scorrerie turche sulle coste salentine. Lui ne e' il direttore e ne coordina le varie attivita' ormai da alcuni anni con un ritorno di immagine, per Ostuni e circondario, che rispetto alla proporzione delle risorse a disposizione , ha del soprannaturale. Lo conosco praticamente da sempre ed e' il classico esempio della persona giusta nel posto giusto, perche' e' uno che ha sempre visceralmente amato la propria terra, gli ulivi, le zolle rosse, le rocce bianche che vi spuntano a tratti e i cespugli spinosi come l'euphorbia spinosa [di cui il parco e' ricco] , da cui i romani distillavano un succo medicamentoso , di cui Gianfranco conosceva l'esistenza sin dai tempi in cui ballavamo Sunday Bloody Sunday in improbabili discoteche locali. Il giorno dopo mi presento in orario previsto presso la localita' Fiume Morelli, zona che prende il nome dall'omonimo corso d'acqua che li vi sfocia. Alle 19 incontro il mio contatto, la dottoressa MariaFranca Mangano. Ci sono ancora dei bagnanti, siamo alla fine di Agosto e la spiaggia e' superaffollata di turisti che gozzovigliano birrosamente sotto gli ombrelloni raccontandosi barzellette su handicappati ed ebrei, secondo la nouvelle vague del "politicamente corretto e' morto". Inutile dire che pur facendosi il bagno praticamente sotto le millenarie dune fossili che danno il nome al parco, non sembrano interessati a nient'altro che a tranciare le radici degli arbusti di macchia mediterranea che quelle dune, che pure della benefica ombra la generano, lasciano spuntare qua e la', come preistoriche impalcature delle piu' antiche costruzioni primitive realizzate dagli dei del vento e dell'acqua marina. Mentre alla spicciolata arrivano numerosi i partecipanti al gruppo escursionistico che si sono prenotati nei giorni scorsi [tramite il sito internet o altro], con la dottoressa Mangano inganno il tempo chiacchierando amabilmente. E' una biologa marina che ha lavorato qualche tempo nelle Marche ed ha poi avuto quella che lei definisce una grossa fortuna, quella cioe' di poter ritornare in terra appula e per di piu' nella sua citta' di origine, che e' neanche a dirlo , Ostuni,coronando cosi il sogno di lavorare nell'ambito per cui ha studiato. Mi spiega che le acque salmastre dei laghetti retrostanti le dune millenarie che si frappongono come gobbe di improbabili giganteschi cammellosauri [ l'immagine e' dell'autore e se ne assume la responsabilita' stilistica] fra il mare e la marina degli uliveti, sono gestite da una cooperativa di pesca di cui fanno parte i vecchi proprietari del sito. Questi, una volta, all'inizio dell'esperienza, commercializzavano la vendita delle anguille ,[ eccettuati i capitoni, che delle anguille sono le femmine riproduttrici e quindi in quanto tali preziose], interrompendo in seguito la vendita allorche' si veniva a scoprire che le anguille venivano pescate di frodo da bracconieri. A beneficio dell'esecuzione di pesche dimostrative per scolaresche o gruppi che durante tutto l'anno visitano il sito. Mi mostra sul suo smartphone delle foto di anguille ancora nelle uova, dette cieche e di piccoli di anguilla che chiama argentine, che sono quelle che si riproducono in mare. Mi dice che vengono dal mar dei Sargassi. Io do un'occhiata sullo smartphone e scopro che il mar dei Sargassi e' quella parte di Oceano Atlantico che sta fra le Azzorre e le Antille. Emozionante, direi. Sapere che in questi laghetti ci sono anguille che provengono da cosi' lontano...e non hanno bisogno di un permesso di soggiorno! Non e' qualcosa che dovrebbe emozionare uno che vive da queste parti, uno di Ostuni? Chiedo retoricamente alla Mangano. Lei sorride amaramente e dice che i visitatori locali sono in numero limitato rispetto a quelli che vengono da ognidove, persino dall'estero. Man mano arrivano altri partecipanti e siamo quasi pronti per partire. Ci muoviamo lungo la spiaggia in molti con scarpe da trekking, io in perenni infradito anche perche' ,nato in questi lidi, non mi spaventa certo camminare nell'erba alta che i meno informati del gruppo gia' giudicano foriera di vipere. In realta' le vipere vivono in altura e da queste parti non e' cosa o casa loro. Le canne ,che circondano gli specchi d'acqua che riflettono mirabilmente cieli trapunti di poche nuvole dalle forme cangianti scolpite in corso d'opera da brezze grecali/levantine ,un paradiso per i fotografi che amano le rifrangenze, di per se', sono rare e protette, come pure altri arbusti che incontriamo nel percorso e sui quali la Mangano, perfetto esempio di appassionata della materia sin nel look occhialuto, nei capelli a caschetto e non lunghi proescursionismo e nelle guance arrossate da un'emotivita' passionale e partecipata, ci rende tutti edotti. Ad un certo punto si entra in un quadrato a cielo aperto, che e' posto a centro di questi laghetti. Qui ci fermiamo tutti disponendoci in cerchio. E' il luogo dove anticamente si lavoravano anguille e cefali. Un po' di persone finalmente fanno domande mostrandosi interessate. Un bergamasco si meraviglia che i capitoni siano delle prelibatezze alimentari per tutto il sud specie per i campani. Io gli chiedo se ha mai visto un film di Toto'. Lui mi risponde di no. E' molto giovane ma mi sorprende che non conosca Toto'. Toto' Schillaci? Gli chiedo. Quello si che lo conosce, ma non capisce cosa c'entri con i capitoni. Proseguiamo senza supplementi di chiarimento. Nell'erba folta qualcuno ha panico da vipere, e a nulla serve rassicurarli che a massimo ci possono essere delle bisce d'acqua: il nostro immaginario biblico da "serpente immagine del male tentatore" non ci abbandonera' mai. Per cui il termine bisce non sembra piu' rassicurante ai piu'. Ci fermiamo sotto quelli che potrebbero sembrare grossi arbusti di macchia mediterranea. Sta imbrunendo, ma ad un'attenta osservazione , invitati dall'altra operatrice di una delle cooperative che gestiscono il parco, Ginevra Viesti, ci accorgiamo, con l'ausilio di lampadine e smartphones, che si tratta dei terminali di un immenso albero sepolto nella duna dietro la quale siamo andati a finire, ad una cinquantina di metri dagli anguillosi laghetti di salmastre li nei pressi. E sono i rami terminali di un albero dal nome curioso, Ginepro coccolone, la cui eta' e' stata calcolata intorno agli ottocento anni. Emozionante! Stare sotto le chiome di quest'albero quasi millenario. Ginevra, questa ragazza dal somatico arabo, capelli lunghi corvini e fare spigliato, ci spiega che il nome dell'albero viene dalla bacche, le coccole, e che quest'albero imponente e antico ha scarse possibilita' di riproduzione, in quanto il metodo di inseminazione primitivo e ancestrale, consiste nella ripiantumazione spontanea delle bacche una volta che tassi e volpi, animali scomparsi dalle coste salentine, ne spargono attraverso le loro feci. La rarita' in queste zone costiere di questi agenti involontari di inseminazione della piante rendono quest'albero sempre piu' raro, per cui si sta cercando di riprodurlo in serre. A me stare al cospetto di un albero di ottocento anni mette i brividi. Mi trasmette un sentimento strano, come se fossi al cospetto di un Erodoto arboreo, uno che ha visto secoli di storia, che ha assistito a guerre, armistizi, massacri, accoglienze, catarsi, baci lievi rubati allo sguardo delle stelle temporaneamente coperte da lievi nuvole di passaggio... Subito dopo , sempre Ginevra, tiene una specie di lezione sulle alghe, che la maggior parte delle persone, dei bagnanti canonici estivi, potremmo dire,percepiscono come qualcosa di sporco e dannoso . Una sorta di stupidita' collettiva che costringe chi gestisce le spiagge, ad un uso massiccio di trattori e macchinari il cui utilizzo danneggia le dune, queste formazioni di sabbia millenarie radunate dal vento e scolpite dalle acque salmastre popolate da mantelli verdi di macchia mediterranea a piante spontanee dall'aspetto bellissimo come ad esempio il Giglio di mare. Le alghe, spiega Ginevra, sono piante secche, sono come il fogliame che copre il terreno dei boschi rendendolo morbido al calpestio. E poi emanano profumo di mare. Ma come con tutto cio' che non si conosce i pregiudizi sono rari a stemperarsi. E' buio ormai, quasi le nove di sera e con il gruppo ci spostiamo sulla spiaggia. Un esperto di astronomia ci attende per delle spiegazioni sulle stelle e conseguenti osservazioni ad un telescopio che ha sapientemente piazzato al centro dell'appezzamento sabbioso ormai sgombro di bagnanti. Con una luce al laser ci indica la stella polare, che definisce come la coda del carro minore a cinque lunghezze dall'ultima stella del carro maggiore. Ma potrei non ricordare bene, la serata e' stata cosi gravida di emozioni che le immagini suggestive dell'escursione gia' si accavallano caleidoscopiche, riempendomi la mente di gioia. Sono esausto di bellezza. Tanto che ad un certo punto mi allontano e decido di rientrare a casa.Il gruppo e' invitato a proseguire per la stazione ferroviaria di Fontevecchia, opportunamente restaurata negli ultimi anni e integrata perfettamente nel sistema parco, dove, piu' tardi, sara' proiettato un film . Una giornata fantastica, durante la quale ho condiviso con altri emozioni uniche. Queste realta', come il Parco Regionale delle Dune Costiere, dovrebbero essere difese e incentivate. Ed esiste un solo modo per permettere a queste specie di sogni naturalistici ad occhi aperti di sopravvivere, al di la' dei finanziamenti pubblici:andiamo a visitarli e pubblicizziamo la loro esistenza ai nostri amici. Ci sentiremo piu' orgogliosi della nostra terra e forse la rispetteremo di piu'.