mercoledì 21 gennaio 2015

Una coppia perfetta, di Joe R. Lansdale, recensione

In attesa che mi torni l'ispirazione per le foto, mentre scrivo i miei libri, leggo anche. Dove diavolo trovi il tempo è per me un mistero al pari di quello della fede che ho sentito declamare ad un certo punto delle funzioni religiose migliaia di volte . Mio fratello dice che è perché non tengo famiglia, io invece una famiglia ce l'ho, quella umana...e le mille famiglie che frequento nelle mie esplorazione umane, facendo del bene, qualche volta, se riesco e senza pubblicità, come se fossi un buon cattolico senza essere un buon cattolico. Il libro di cui vi voglio parlare è "Una coppia perfetta",tascabile Einaudi, costituito da tre racconti, tre gioielli che i critici letterari istituzionali ascrivono al genere pulp-thriller, ma che io invece definisco Letteratura con la L maiuscola. Il bravo scrittore texano, Joe R. Lansdale, già autore di numerosi libri, romanzi e racconti che abbracciano le tematiche più varie con i trait d'union costanti delle arti marziali intese come strumento filosofico esistenziale, più che tecnica del menar cazzotti in modo estetico ed elegante , della letteratura dei romanzi di serie b, dei fumetti e dei b movie già saccheggiati e trasvalutati ad libitum dal grande Tarantino in forma di film destinati a diventare classici del cinema di tutti i tempi,in questo testo, racconta tre storie. Tre avventure dei suoi personaggi più riusciti, vale a dire Hap Collins, eterosessuale liberal politically correct e Leonard Pine, omosessuale nero di destra ,autenticamente e convintamente violento(sia pure a fin di bene o per giustizia personale), entrambi di mezz'età, i quali fra lavoretti saltuari un po' all'americana e incarichi da detectives, danno vita a delle vicende picaresche, i cui dialoghi di una comicità surreale ( da farti sbottare dal ridere da solo mentre leggi, e a me è successo, in pausa al lavoro o in autobus mentre mi dirigevo per un giro in centro a Milano) costituiscono la cifra di una società, quale è quella americana tragicomicamente complessa e contraddittoria (che è poi il tipo di società verso cui stiamo andando anche noi). Nel primo racconto troviamo i nostri due eroi alle prese con la risoluzione del caso sottoposto loro da un brillante intellettuale che per badare al fratello, invischiato nell'organizzazione di una rapina che non promette nulla di buono per la sua salute, lascia il proprio incarico di prestigio e ben retribuito, per andare a fare il bidello in un'università. Costui si rivolge ai nostri eroi promettendogli dei soldi per tirare fuori dai guai suo fratello, affascinato dal capo di questa banda di personaggi improponibili, descritti sempre in modo sarcastico sin nei particolari fisici, pance debordanti, sguardi svegli come cavie da laboratorio, come pure lo stesso loro capo, soprannominato Ciminiera, bozzettato come una montagna di muscoli da palestra sul corpo contraddetti clamorosamente dalla strana abitudine, strana per uno sportivo, del fumo. Nella vicenda viene coinvolta l'eterna fidanzata di Hap Collins, Brett , infermiera dalla forme sagaci, rossa di capelli, molto ironica ed un po' sboccata , ma parecchio intelligente e , particolare non trascurabile per inquadrare i personaggi, sempre munita di una rivoltella infilata nella giarrettiera. Per dirla tutta chi di noi non vorrebbe incontrare una donna così, io per esempio sogno di conoscere una comandante delle milizie serbe della guerra civile slava, ma questa è un altra storia. La storia sarà risolta con il solito mix di improvvisazione, azione, umorismo e violenza, che , nelle descrizioni, appare così truculenta, da svaporarsi rispetto ai contenuti della vicende, un po' come se leggessimo un fumetto, ecco. La seconda storia vede l'apparizione di Veil, spesso protagonista nelle storie dei due detectives sbrindellati all'apparenza, diciamo così. Veil è un avvocato che ha un vissuto intenso, misterioso. Una parte di questo vissuto viene svelato nel racconto per convincere il nero Leonard ad essere difeso da lui in una causa intentagli contro per aver incendiato volontariamente una casa del suo vicinato dove dei tizi spacciavano crack. Con una condotta processuale impeccabilmente basata sul parallelismo fra l'avvento della peste bubbonica nel secolo scorso e la diffusione presso la gioventù del luogo del crack, e cioè di quella piaga che nelle periferie americane ne ha uccisi più del Vietnam, riuscirà a convincere la giuria, che in barba al giudice, farà assolvere Leonard Pine. Il quale riconoscerà a Veil lo status di figlio di puttana, che detto con un diverso tono e soprattutto in un diverso contesto equivale, traducendo il linguaggio suburbano, alla definizione di genio. Nel terzo ed ultimo racconto di questo libro stupendo e divertente che mi ha fatto sembrare pazzo un paio di volte mentre ridevo da solo in metropolitana- e , permettetevi, è questo che deve fare un libro, coinvolgervi, strapparvi le unghie per emozioni e risate-, i nostri eroi-antieroi, sono alle prese con la dixie-mafia, la mafia italoamericana, che li coinvolge in un ricatto volto ad incassare la polizza vita di un ex petroliere come contropartita al suo debito di gioco pregresso. La scena finale con un duello da film western, fra un killer di colore e Hap Collins,che, oltre ad essere l'io narrante delle storie sospetto essere una sorta di alter ego deformato di Lansdale, è da applausi, meglio di un film, meglio di un racconto di Tex Willer. Ogni tanto, di quando in quando, quando sono giù e devo cercarmi l'ispirazione per colpire ed uccidere metaforicamente qualcuno che detesto con la forza di immagini e parole dissacranti, mi rileggo un libro di Lansdale. Più di un politico, di un dirigente, di uno pseudointelletuale, più di un figlio di puttana, in definitiva, è ancora in vita perché qualcuno li ha uccisi solo nella propria mente. Come in un libro di Lansdale. Catartico, direi.

mercoledì 14 gennaio 2015

Limonov, una recensione

Ho appena finito di leggere "Limonov", mix di biografia e romanzo, scritto da Emmanuele Carrére, edito per i tipi della Adelphi, in Italia. Un bellissimo libro che narra la biografia di un eroe antieroe, un uomo, Eduard Limonov, che , nel bene e nel male io considero un'artista, se per artista consideriamo chiunque che , oltre a creare arte in qualche forma espressiva, e lui lo fa scrivendo dei bellissimi libri autobiografici e "tosti",immola se stesso e la propria esistenza alla musa dell'arte, seppure , mediato dalla politica, dalla brama di potere, una brama di potere che lo lascerà a mani vuote costringendolo a vivere come il fantasma del se stesso (non realizzato) che invece avrebbe voluto essere. Carrére ha raccolto molto materiale su questo eterno enfant prodige della letteratura russa contemporanea, leggendo i suoi libri, incontrando i suoi amici e conoscenti e ,infine, incontrando lui, Eduard Limonov, in realtà Eduard Savenko, facendosi raccontare la sua infanzia da teppista a Kharkov, quando, figlio di un cekista, adepto ante litteram del Kgb, tornando a casa da una rissa malconcio giurò a se stesso che mai più si sarebbe fatto ridurre così, semplicemente perché avrebbe fatto capire al mondo che sarebbe stato disposto ad uccidere. Il nome Limonov glielo mise la sua prima compagna di un certo rilievo, una poetessa beatnik più grande di lui che lo iniziò alla letteratura e alla scrittura e in realtà significa granata, nel senso di bomba, in russo. A Eduard questo nome piacque talmente tanto che se lo tenne. E se lo portò negli Stati Uniti, dissidente ai tempi di Breznev, dove , espulso dal suo paese, condusse una vita da hobos, vagando di casa in casa e di lavoretto in lavoretto e conoscendo una giovane russa ninfomane con cui si accompagnò amandola alla follia, nonostante tutto, nonostante i suoi tradimenti con uomini che la illudevano di poterla mantenere in quel periodo di fame per tutti e due. Limonov toccò il fondo, conobbe l'omosessualità come risposta sadomasochistica ai tradimenti della sua compagna che lo ingannava in continuazione e comincia a scrivere. Si accompagna a gente dei quartieri artistici e mostra il suo primo libro," Io Edicka" a poeti e ballerini russi famosi. E' un dissidente, nel suo paese, ma gli Stati Uniti gli fanno schifo, non rappresentano quell'ideale di libertà e democrazia all'interno del quale c'è posto per tutti. E scrive "Fuck America" , un libro che nessuno volle pubblicare. Nel frattempo, come succede in queste faccende, pur piacendo i suoi libri, fra i quali Carrère segnala , "Diario di un fallito", sorta di raccolta di pensieri fra il nostalgico staliniano e il libertario spinto, scritti un po' alla Henry Miller, nessuno li voleva pubblicare, perché , more solito nepotista, chi era questo Limonov? Nient'altro che un barbone russo che non aveva amici influenti. Solo perché la sua egomaniacalità lo portava a pensare di essere, lui, influente, di per se' , e senza inutili laccaculismi a conventicole ben agganciate ai canali giusti.Ad un certo punto un editore francese riceve un suo manoscritto e glielo pubblica. Limonov , più che famoso, comincia ad essere riconosciuto come scrittore. Al suo scritto che narra delle sue vicende americane viene dato un titolo ad effetto che sfonda:" Al poeta russo piacciono i grandi negri". Limonov si trasferisce in Francia , a Parigi, dove comincia a frequentare gli ambienti letterari. Ma gli emolumenti derivanti dalla pubblicazione dei suoi libri, gli bastano appena per sopravvivere. Continua a vivere ai margini della società, ma la cosa non pare dispiacergli troppo, perché lui quegli ambienti li conosce bene, era stato un teppista , nella sua infanzia , era come se gli fornissero la giusta benzina per portare avanti la sua idea personale di grandezza , che aveva come obbiettivo finale, diventare un leader politico capace di prendere il potere in Russia. Nella sua splendida biografia , di quest'uomo dalla cento vite, spiccano il suo ritorno in Russia, dove fonda il Partito Nazionalbolscevico, raccogliendo intorno a se' una accolita di giovani disadattati della immensa periferia russa, dando a loro la prospettiva di essere qualcuno, avere degli ideali, essere rispettati, in un epoca in cui le mafie si stanno mangiando tutto e in cui gli ideali bisogna andarseli a cercare con un lanternino .E poi arriva il carcere di Lefortovo, una fortezza per dissidenti politici, dove viene tradotto con l'accusa falsa di tentativo di golpe in Kazakistan. In due anni scrive quattro libri, si allena tutti i giorni, impara la meditazione da un detenuto che pratica yoga . In questi libri narra sempre di se stesso, delle sue vicende biografiche, dei suoi sogni, delle sue donne, giovanissime ultimamente ,e dell'esperienza della guerra in Serbia, dove sembra abbia combattuto al fianco dei cetnici di Radovan Karadzic, fantasmi dell'anteguerra mondiale. Dopo due anni , miracolosamente, esce da questo carcere di massima sicurezza, dove ha conosciuto gente incredibile, le migliori persone della Russia, secondo lui, molti dei quali detenuti ingiustamente, e che rappresentano quella porzione di Russia che ha nostalgia del comunismo nella misura in cui, ciò che è venuto dopo è peggio. Delinquenti con un codice d'onore, criminali che hanno letto milioni di libri e guardano i notiziari 24 ore al giorno, una folla di cui lui parla in uno dei suoi ultimi libri, di cui posseggo una copia, dal titolo:"Il mondo della metafisica", sottotitolato "memorie di uno scrittore in prigione. Segnalo anche "Il libro dell'acqua", anche questo memorialistico della sua esperienza in vari teatri di guerra del pianeta, dove lui dice di essere stato e di aver combattuto. La conclusione del libro è memorabile e la lascio al vostro possibile desiderio di leggerlo.