mercoledì 5 febbraio 2014

Il senso dell'umorismo

Questo è un paese che ha smarrito il senso dell'umorismo, sa solo insultare, invidiare, odiare, sghignazzare, non sa più ridere, sorridere, elogiare senza leccare il culo, apprezzare obbiettivamente i meriti. Non so come si sia arrivati a questo, i più danno la colpa al Berlusconismo, ma io dico sempre che più che a Berlusconi in se' dovremmo stare attenti a Berlusconi in me, in noi stessi cioè. Fondamentalmente tutto nasce dalla mancanza pedissequa di ironia, che è quella forma di umorismo intelligente, di classe, lontano anni luce dall'umorismo becero da caserma. Quindi essenzialmente si tratta a mi avviso di un problema culturale. Si moltiplicano i lettori che leggono libri perché pubblicizzati e diminuiscono quelli che leggono libri di qualità, magari poco sponsorizzati, pubblicizzati, poco accompagnati da battages pubblicitari o dovremmo forse dire "battuage"? Intendiamoci qualsiasi lettura è benvenuta e che adesso le casalinghe di Voghera o di Trepuzzi si siano messe a divorare tomi e tomi di "sfumature di grigio " o altro, che le parrucchiere di Canicattì o, perché no, di Busto Arsizio, ciancino dei libri di Fabio Volo, va benissimo, se prima leggevano "Chi" e "Cronaca Vera", ci troveremmo sicuramente davanti ad un progresso, non vorremmo però correre il rischio di ascoltare casalinghe in coda alle casse del Carrefour dire alla cassiera:" scommetto che fa più in fretta a sfilarsi le giarrettiere che a passare i prodotti allo scanner", o, vieppiù, parrucchiere che consigliano alle loro clienti di fare attenzione nell'uso della spirale perché hanno letto che in genere il termine è associato a "di violenza". Naturalmente potete sempre dire che io sono un snob offensivo che si permette di dire che intere categorie di persone indulgono nella propria crassa ignoranza, ma non sarebbe male dichiarare una volta per tutte che è necessaria una campagna di rialfabetizzazione di massa, se è vero, come è vero, che personaggi del calibro di Enrico Letta dicono in conferenza stampa che l'Italia corre il rischio della barbaria. Di certo lui non corre il rischio del barbiere, potremmo replicare, ma rientrerebbe nel novero delle cose dette con umorismo becero. O no? Insomma questa faccenda dell'umorismo sta diventando un po' come dichiarare o meno che un quadro sia arte o fuffa. Così se Sgarbi dice che un quadro è arte allora dobbiamo considerarlo arte e se Letta dice barbaria e ridiamo , umorismo becero. In realtà un po' di equilibrio non guasta, anche se parlare di equilibrio in un paese come il nostro fa venire in mente un funambolo su una fune fra due grattacieli. Per cui alla fine, non diciamo che vogliamo che le parrucchiere tornino ai loro pettegolezzi da shampiste su Titina e Tatiana che escono con Totonno e Tutuccio, ne' che le casalinghe si dilunghino davanti al macellaio illustrando teorie rivoluzionarie su come il consumo di carne piena di estrogeni induca i maschi italiani a irricchionirsi(mi sia permesso il termine senza incappare nel rischi di scadere nell'umorismo becero), ma che dicano, una volta ogni tanto , le parrucchiere, " oh, se Marchionne vuole produrre macchine in Polonia, beh, se le venda in Polonia" e le casalinghe dicano infine ai macellai:" magari oggi mi mangio un po' di verdura, che fa bene alla salute e al borsellino".

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