martedì 3 settembre 2013

Pedalare sul naviglio

<i>Ho quaranta minuti di tempo prima del lavoro e decido di andare in bicicletta sul naviglio, la parte che da Corsico ve verso Trezzano sul Naviglio e Gaggiano. Inizio piano, in mountain bike, fa caldo e voglio godermi il sole, mi tolgo la canottiera e proseguo incastrandomela nei pantaloncini, incontro molti ciclisti, l'asfalto è grinzoso, pieno di crepe, come il volto di un vecchio, tanto che immagino che chi corre suda e schiatta su quest'asfalto osservando quelle rughe tragga ancor più stimoli a fare sport, per rallentare il momento in cui il suo viso sarà così, come quell'asfalto. I ciclisti hanno varie età, spesso sono anziani, gente che ha vinto il terno al lotto della pensione, dopo una vita di lavori pesanti in fabbrica, in magazzino o magari in ufficio davanti a scartoffie di cui è diventato amico come un tarlo, alla fine, quasi per identificazione. Hanno fogge sportive di tutto punto, perfette, firmate, di marca, colorate, equipaggiati come professionisti, persino le bici sembrano di quelle costose, così leggere che vanno da sole, quasi a vela. Joggers pochi, qualche ragazza per lo più, di ritorno dalle vacanze e che tenta disperatamente di mantenere la tintarella, perlomeno in viso. Hanno canotte e tute che le coprono le gambe, delle islamiche dello sport, confrontate a me. C'è sempre questa pudica ipocrisia del tornare a vestirsi, a coprirsi, quando a settembre riprende la produzione, quasi una solidarietà con chi indossa le divise da lavoro, le giacche e le cravatte e non a caso mi guardano come un marziano. Ma io proseguo imperterrito a pedalata spedita, godendomi il sole di questo settembre di un'estate slittata verso l'autunno, a giudicare dalle temperature elevate. Passo davanti al comune di Trezzano e a qualche impiegato di rientro dal cornetto maledetto al bar che gli impinguerà quella pancetta che sua moglie esalterà falsamente davanti a giovano virgulti palestrati amici dei figli mi guarda con sconcerto , la seminudità di un uomo maturo e villoso desta scandalo, scalpore...Proseguo verso Bonirola, frazione di Gaggiano, sulla sinistra c'è una cascina e un recinto pieno di polli e conigli, visione bucolica su questo lato del naviglio che contrasta con il traffico squassatimpani e zebedei dall'altra parte del naviglio, quella dove ci sono capannoni industriali e tangenziali. Qualche cornacchia grigia assuefatta al chiasso e agli scappamenti vola placida sulle acque calme del naviglio che pare indifferente a tutto . Comincio a vedere le prime case di Gaggiano, case antiche e ben tenute, alcune con i tetti di tegole rosse, le insegne delle trattorie e delle osterie o di qualche ogm della ristorazione che risponde alla definizione di ristopub . Più avanti incontro degli operai in tuta arancione, con caschi da marziani che fanno volare ciuffi d'erba come mietitori di corpi di samurai in cartoon giapponesi, si fermano al mio passaggio, per non schizzarmi d'erba e rami. Altri ciclisti, per lo più signore della mezza età che provano a battere il tempo della vecchiaia, a sentirsi vive, almeno nel corpo, almeno per risparmiare sulla domestica in casa . Quando arrivo a Gaggiano un'immagine di ponticelli che attraversano le acque del naviglio fa assomigliare questa cittadina a qualche quartiere veneziano, persino meglio, in alcuni particolari. A sinistra case di tetti di tegole con i muri foderati di mattoni rossi, che tanto colpivano Jack Kerouac, quando descriveva le cittadine dell'america interiore, quella di provincia. E ora di tornare indietro , più veloce, per stare nei tempi, qualche ciclista cerca di superarmi e ci riesce senza che io quasi me n'accorga, tanto ci tengo alla competizione, in generale. Incontro anziani che pedalano lenti, come bradipi,come monaci zen, con la stessa fretta psicologica, vale a dire, splendidi esempi su come ci si possa avviare al tramonto dell'esistenza continuando a passeggiare e a godere della vita ovunque e dovunque ci sia toccato di viverla.i>

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