martedì 22 gennaio 2013

Il venditore di cucine

Arrivava sempre sul tardi, al lavoro, non che non gli piacesse dormire, ma i suoi orari tenevano conto della maggioranza cattolica del paese, e siccome i suoi colleghi avevano dei figli, beh, lui poteva fare gli orari peggiori, tanto era uno sporco single, non s'era sposato, era strano, non che fosse frocio, ma era strano, chi era che non si sposava al giorno d'oggi facendo poi regolarmente le corna alla moglie che però era bella profumata nelle occasioni ufficiali in presenza di amici e affini? Nessuno immaginava che anche loro, le mogli, da quando c'era internet tradivano i mariti virtualmente e praticamente e sistematicamente, ma siccome erano sposate nessuno le poteva chiamare puttane ,erano sotto l'egida della santa romana ecclesiae, un organismo bancario che si fregiava di titoli religiosi governato da uomini che amavano altri uomini odiando se stessi nel pubblico disprezzo degli altri che lo facevano fuori dalle mura di Gerico. Posava la sua borsa nera che tutti osservavano come una specie di ordigno che si portava al seguito e si scommetteva su cosa contenesse. Conteneva libri, ma per non scandalizzare i presenti e per lasciare una divertente aura di mistero lui diceva che conteneva i suoi guai. E in un certo senso i libri portavano guai, aiutavano a pensare e pensare era cagionevole per la salute, perchè tendeva a farti rendere conto di quanto fosse assurda la tua vita, tirare la carretta per un pugno di ragazzotti brufolosi che erano poi i figli dei padroni del vapore, che trascorrevano la propria vita a prelevare dai bancomat paterni e materni un bel gruzzolo da spendere quotidianamente per i loro stravizi. Avere soldi di solito tende a farti dimenticare che potrebbe esistere un Dio e un al di là a cui rendere conto dopo, una volta tirate le cuoia . Posava come detto la borsa in un armadio lì nei pressi dell'area progettazione e cominciava il proprio lavoro. I clienti si sedevano al tavolo e lui cominciava a muovere sullo schermo con il mouse lavelli, piani cottura, pensili, tutte cose che chi comprava una cucina tendeva a non conoscere nominalmente e la cosa assurda era che chi le progettava, queste benedette cucine, ne avrebbe volentieri fatto a meno, preferendo un bel bivacco nel deserto arrostendo carni ovine o caprine, con un bel turbante in testa senza per questo credere in Allah. I clienti avevano pretese strane, far entrare in un metro e mezzo tutto il potenziale tecnologico degli ultimi ritrovati in termini di elettrodomestici, lavastoviglie, lavatrice, forno, fuochi, microonde, e quando lui spiegava che esisteva una materia che sovraintendeva a certe richieste e che si chiamava geometria, i clienti di solito rispondevano:"non si preoccupi, lei metta tutto uno sull'altro". Lui sorrideva amabile come un vino dell'ottocento e con molto tatto rispondeva:" non posso essere utile alla vostra causa, per progettare in questo modo c'è solo uno che può riuscirci". "Chi?", chiedevano i clienti inopinatamente. "San Francesco", diceva il nostro venditore di cucine. Mancava poco che replicassero" e dove lo troviamo questo architetto San Francesco?". Ma il nostro amico aveva già in canna la risposta adeguata:" difficile, lui è un'archistar". E così via, otto ore, una famiglia dietro l'altra, sempre le stesse dinamiche e soprattutto si doveva progettare la cucina tutta in funzione della presenza della televisione nell'ambiente, che la gente ci teneva a mangiare davanti ai telegiornali che mostravano mortammazzati, sgozzamenti, sottufficiali accoltellatori di donne indifese, capi di governo che usavano armi chimiche, non riuscivano a farne a meno, stimolava il loro appetito, senza la tv in cucina la cucina non aveva senso, non serviva a niente, tanto valeva mangiare al ristorante, erano persino disposti a sacrificare il tavolo snack o la lavastoviglie, cazzosenefregava tanto c'erano le mogli sguattere che dovevano lavare i piatti, ma proprio loro non sarebbero riusciti a ingurgitare un solo boccone senza guardare Giovinco battere una punizione vincente o Antonella Clerici cuocere un risotto allo zafferano, per non parlare dell'eterno loro presidente del consiglio, proprio di lui non potevano farne a meno, quant'era simpatico con le sue battute, i suoi raggiri, la sua furbizia, quanto sarebbe piaciuto a loro assomigliare a lui e quando adoravano mangiare gli spaghetti all'amatriciana mentre lui sorrideva ai giornalisti prendendoli in giro, era qualcosa che metteva appetito, voglia di cibo, convivialità, era la democrazia ed era lì, davanti a loro, in un piccolo schermo intorno al quale avevano costruito la loro cucina. Al termine della giornata il venditore di cucine riprendeva la sua borsa, timbrava il cartellino e usciva da quel posto. Una volta in macchina osservava il retrovisore e sorrideva. Accedeva la radio e c'era musica, poi qualcuno gracchiava e cambiava stazione, dove c'era musica, solo musica. Una volta a casa si faceva degli spaghetti al pomodoro, nella penombra, in silenzio, al silenzio, come nel deserto del gobi. Forse era per questo che Dio era stato visto nel deserto. Non c'erano tv , ne' radio, ne' idiozia, c'era la saggia silenziosa pazienza dello stare al mondo con la volta celeste per tetto e la sabbia calda del mattino sotto il sedere , prima di addormentarsi con i grilli, quelli veri, non quelli urlanti e televisivi. Non c'era bisogno di nessun Dio, perchè si era già in paradiso.

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