lunedì 23 luglio 2012

I sogni finiscono dove incomincia la vita ( incontrando il fantasma di Bukowski in un bar)

Mi sedetti al bar. Era un bar di Corsico, poteva essere di Los Angeles o della Bovisa, i bar hanno sempre quel lezzo di morte che non vuole morire definitivamente ma che si crogiola in quello stato di vita apparente. Ordinai un caffè. Decaffeinato, dissi. Il barista che doveva essere un calabrese mi guardò torvo. Mi guardò come se fossi un malato. Per via del reflusso, capisce, dissi. Lui non disse niente. Lui il reflusso lo curava con una bella litrata di Cirò e se lo ricalava giù nello sciacquone dello stomaco. O almeno così mi parve di interpretare. Poi entrò Bukowski. Ma è lui o non è lui? Mah, a me sinceramente sembrava proprio lui, Charles Bukowski. Mi guardò. Il deca era pronto sul bancone. Ordinò una birra. Mi guardò di nuovo. Che c'è, gli chiesi. Lui mi guardò di nuovo. Hai detto qualcosa, chiese? Sì, dissi, ho detto che c'è. Lui chiese al barista, Eugenio, senti scusa, ma che ci sono i fantasmi in questo posto? Già è un bar di merda, ci mancano i fantasmi. Già, dissi io, ci mancano i fantasmi e poi sarebbe un bar di merda con i fantasmi. Bukowski mi guardò. La stoffa ce l'hai, disse, hai la battuta pronta, ma ti mancano gli attributi...naa, non ce la puoi fare. Tu vuoi diventare uno scrittore famoso, fare i soldi, vuoi i titoloni sui giornali, le copertine nelle edicole. No, dissi, nelle edicole no, non mi piacerebbe un mio libro a fianco a Mani di fata. Cos'è, Mani di fata, una rivista porno? Quasi, dissi io. Molla quell'acqua di rigovernatura, mi fece e disse al barista, una birra bella gelida per il mio amico. Non posso, ho il reflusso, dissi. No, amico, tu non c'hai il reflusso, è semplicemente che ne hai i coglioni pieni. Hai fatto il pieno. Odi tutti. Ma la colpa non è loro. La colpa è tua, gli hai concesso troppo di te stesso. Vedi io, sono stato un isolazionista, in un certo senso, non sapevo mentire, fingere. Se volevano i miei racconti era così se non li volevano era così lo stesso. Non hai capito il trucco. Più scrivi male della gente e più la gente ti adorerà. La gente è masochista. Gli piace essere insultata. Vedi Eugenio, per esempio, se gli dici che il suo è un bar di merda alla fine si affezionerà a te. Eugenio lo guardò e fece di sì con il capo. Visto? Disse Charles. Hai ragione, è proprio un bar di merda, dissi. Eugenio mi guardò male. Perchè con me non funziona? chiesi a Charles. Naa, non ce la puoi fare, non ci sai fare...bevi la birra dai. Bevvi la birra. Era gelida al punto giusto e la gustai a lungo, sorso dopo sorso. Buona , dissi. Charles sorrise e ne ordinò un altra. Cominciavo a capire. Non era la birra che era buona, era l'idea di starsene seduti ad un bar a berla che era geniale. Tutto il mondo circostante si sbatteva fra entrate e uscite, si ammazzava di lavoro, gli onesti, o si ammazzavano per cercare un metodo per non lavorare a spese di chi lavorava, i furbi. Ma alla fine se restavano tutti in pari era comunque una sconfitta. Anche chi fumava un lungo sigaro cubano con un bicchiere di rum in mano mentre controllava le sue azioni al computer era uno sconfitto. La moglie in quel momento stava concedendo le sue grazie ad un senegalese piuttosto prestante. Il risultato finale era che spesso il riccone azionista si incuriosiva a tal punto che telefonava alla moglie e gli chiedeva se quando aveva finito lei glielo mandasse da lui, il negro . Charles mi sorrise. Normalmente mi saresti antipatico, ma cominci a piacermi, bevine un'altra , dai e al culo i trigliceridi. Ne ordinai un'altra. La bevvi d'un fiato. Mi sentivo bene. I miei libri potevano attendere, le mie letture potevano attendere, il mio commercialista era un pezzo che attendava perchè non ne avevo uno. Al massimo potevo permettermi una donna che mi stirasse le camice. Ma volete mettere. Che cos'è un uomo senza camicie stirate? é un uomo gualcito, ecco cos'è. E a nessuno sarebbe importato se la sua anima fosse stata pura e linda come un giglio e se si accingesse a scrivere versi immortali da scolpire sul marmo. Volevano sapere se avevi soldi, se avevi il macchinone, se eri un capo di qualcosa, insomma uno che contava, un politico, uno dell'alta finanza, persino un boss mafioso poteva destare una certa ammirazione. Anche perchè spesso i ruoli si sovrapponevano e non si capiva dove iniziava il politico e finiva il boss, o dove iniziava il boss e finiva l'uomo dell'alta finanza e così via. Ma questo è normale, disse Bukowski. Mi leggeva nel pensiero, cavolo. Pensa solo a questo, disse :" tu lavori tutti i giorni, poi quando torni a casa stanco e depresso, apri il computer e scrivi. Fantastico. Se potessi farlo io tornerei indietro nel tempo e renderei tutto il successo, i soldi, le pubblicazioni e quant'altro. Me ne tornerei a lavorare nei mattatoi e nei magazzini e a giocare ai cavalli e scriverei con la macchina da scrivere di notte, ubriaco, così il verso verrebbe meglio, distorto al punto giusto, mentre i proprietari dell'appartamento e i vicini di casa farebbero a gara per potermi cacciare...sarei pieno di idee e le realizzerei su carta e allora si scriverei versi immortali, perchè l'arte è come un parto, la gioia della creazione viene dopo la sofferenza del dolore". Io lo guardai e bevvi un sorso dalla mia quarta birra. "Un'altra cosa", disse:" quante volte al giorno ridi di te stesso?". Un mucchio e una sporta, dissi io. E perchè? chiese. Perchè ho deciso di scrivere libri in un paese che non legge neanche le istruzioni della lavatrice, per questo gli idraulici fanno un mucchio di soldi, perchè nessuno legge più una mazza e questo fatto mi fa ridere . Hai la lavatrice? Chiese. No, dissi, porto la roba a quelle a gettone. Sorrise. Mi sentivo meglio. Ne bevvi un'altra. Mi rilassai. Presi un sigaro toscano dal taschino e me lo accesi. Eugenio non disse niente. Mi lasciò fare. Mi voltai per ringraziare l'anima di Bukowski. Grazie, feci. Ma se n'era andato. Guardai Eugenio. Lui mi guardò sempre in modo torvo. Non lo so, magari i calabresi sono nati sospettosi a furia di essere sospettati. Feci per alzarmi. Era il momento di levare le tende. Quant'è? Chiesi. Niente, ha pagato Chinaski. Stavo per uscire e mi sentii la testa rimbombare. Dovevo aver bevuto troppo. Era come il rumore di una sveglia. Poi qualcuno mi stava scuotendo. "Quando esci getta la spazzatura". Era mia moglie. Naa, dissi, oggi non vado a lavorare. Lei mi guardò:" c'è l'affitto da pagare". Beh, cos'è, dissi, non te lo scopi più il padrone di casa? Lei non disse niente. "C'è anche la spesa da fare", fece dopo un pò . Mi vestii, mi feci la barba e andai a lavorare. I sogni erano finiti era iniziata la vita.

2 commenti: