martedì 28 febbraio 2012

Ryanair

Spesso come tutti gli emigranti meridionali degli anni duemila, per tornare nella mia terra, prendo l'aereo. Adesso da Bergamo c'è la Ryanair, una compagnia inglese che fa voli low cost. Per i meno avvezzi all'inglese sarebbero voli a basso costo . Prima bisogna fare il check in . Per i meno avvezzi all'inglese bisogna presentarsi a delle veline in divisa di tailleur blu e dichiarare che si vuole volare . Ti fanno mettere il bagaglio a mano, che deve essere rigorosamente uno, in una sagomatore metallico e se per caso il trolley non ci entra , lì, seduta stante, devi abbandonare tutta la tua scorta di calzini o tre paia di mutande, mentre gli altri passeggeri che ti seguono tentano la fortuna a loro volta col sagomatore. E giù lì nei pressi vicino a te, un minuto dopo, anche loro a svuotare il bagaglio sperando di non fare nella vita per mestiere i commessi di sexy shop . Quando hai abbandonato un po' di capi d'abbigliamento che giacciono lì sui sedili dell'aeroporto ricordando i vestiti che i migranti albanesi lasciavano sotto i nostri ulivi secolari una volta approdati dal mare a terra, solo più firmati ma nient'altro di più, si vince l'ingresso a bordo . Quando entri nell'aereo delle hostess modello Cerbero nell'inferno dantesco ti prendono in carico e cercano di costringerti a occupare il primo posto vuoto disponibile. Non c'è la prenotazione. Che volete , sono voli democratici, il welfare dell'aria . Quando finalmente tutti sono riusciti a sistemarsi e qualcuno resta in piedi pronto per sedersi in corridoio come quando si prendeva l'autobus della gita scolastica e si caricava qualcuno di altre scuole che erano rimasti a terra privi dei fondi necessari per il ritorno, ci si comincia a guardare intorno. Qualcuno legge il giornale, altri un libro. Ma i lettori tradizionali, diciamo così, sono sempre più rari, se ne dovrebbe oramai interessare il Wwf . La maggior parte invece sfoderano computer e ipad, ultimo grido in termini di tecnologia, che consiste in un cellulare delle dimensioni di un libro sottile più o meno come un foglio A4 . Meno male, finalmente noi italiani cominciamo a mostrarci al passo con i tempi . Così do un'occhiata a quello a fianco a me, un giovane con gli occhiali dall'aspetto intellettuale, sicuramente un aspirante manager, uno studioso, qualcuno che ha una necessità estrema dell' ipad per le sue improcrastinabili ricerche, svolte indefessamente e che non tollerano nemmeno l'interruzione di un paio d'ore di volo. Maneggia il suo ipad con una certa maestria, strofinando le sue dita sullo schermo con la stessa dovizia con cui Aladino doveva strofinare la sua lampada magica . Mi aspetto che appaiano immagini di siti interessanti che consentano al passeggero in questione di concentrarsi sulla sua ricerca dimenticando così le paturnie del volo . Ed ecco che lo “scienziato” apre subito il sito della Gazzetta dello Sport e si sofferma , ingrandendolo con un sol schiocco di dita, su un articolo in cui Reja, allenatore della Lazio, spiega perchè non si è più dimesso . Immagino che abbia avuto una fifa matta dello spread . Poso la testa sul mio sedile e chiudo gli occhi. Meno male, l'italiano non si è snaturato. Perlomeno all'estero non ci riconosceranno più così facilmente vedendoci passare per strada con il mitico giornale rosa sotto il braccio . Finalmente si vola e osservo i passeggeri intorno a me, ciascuno con i suoi propri gesti apotropaici, chi fingendo di addormentarsi, chi pregando, chi incrociando le dita e chi sognando la California . Ma subito dopo il decollo inizia il marketing aziendale. Hostess e stewards passano per vendere sigarette senza fumo che mi fanno venire in mente il fare sesso con tua moglie in meno pausa col preservativo, giornali come Gente, venduti ad un prezzo maggiorato come la Hostess che li scarrozza per tutto l'aereo sfilando nel corridoio, vivande a prezzi salatissimi ( una bottiglietta d'acqua naturale costa 3 euro ) , gratta e vinci che il cui ricavato va in beneficenza e profumi di marca duty free. Perchè l'aereo ad alta quota e come Livigno . Insomma uno stress continuo che ti impedisce la classica pennichella d'alta quota o di leggere un libro usato preso dal Libraccio l'altro giorno per rilassarti . Una volta arrivati a destinazione, l'atterraggio non è propriamente morbido, diciamo che se hai il reflusso te lo aggiusta un tantinello , con coda sonora di squillo di tromba in filodiffusione cui deve possibilmente seguire il tradizionale applauso, tiepido o meno a seconda degli shakeramenti più o meno violenti dei succhi gastrici di noi passeggeri . Così, dopo una settimana di pranzi luculliani a base di cucina tipica, sbronze notturne con gli amici e improbabili jogging mattutini tra il Playa Residence e Costa Merlata, nemmeno il tempo di assaporare appieno le indigestioni, che si deve ripartire. Non senza essersi caricato il bagaglio di prelibate e introvabili leccornie nostrane, tipo capperi sotto sale e ricotta ascante, nostro genius loci alimentare che non può mancare quando sei lontano dai lidi natii . Eccomi quindi dopo pochi giorni all'aeroporto di Brindisi, pronto per il check in. Il bagaglio mi viene pesato e supera i canonici dieci chili e mezzo. Le hostess di terra sono intransigenti e mi dicono che se non svuoto il bagaglio non mi fanno partire. Io non posso certo rinunciare né ai capperi , né alla ricotta ascante. Al massimo a delle mutande e ad un maglioncino. Ma lo stesso non sto nel peso. Il mio trolley è come un pugile che ha scoperto che non può combattere nella sua categoria se non scende di peso. Ma a tutto c'è rimedio. Basta pagare, sapete , in questo, gli inglesi, non mi pare siano differenti dai napoletani . Pago per far viaggare il mio trolley nella stiva. Aaaahh, meno male, la ricotta ascante è salva . Ma devo lo stesso passare col bagaglio dai metal detectors. Cosa che faccio immantinente. Mi tolgo orologio, cintura e collanine, metto il trolley sul nastro trasportatore e lo lascio passare alla visione delle telecamere a infrarossi. Passo senza che suoni nulla. Ma proprio quando penso che è tutto a posto e che posso finalmente rilassarmi, un uomo in divisa viene da me e dice se per caso trasporto dei capperi. E mi ride in faccia. Ora , penso io, non credo che a casa di questo indefesso controllore di merci aeroportuale si mangi il patè d'anatra accompagnato da prelibati vini francesi. E vorrei ben vedere, se l'autoctono non ha il buon gusto di mettere i capperi nostrani ben crudi e salati su qualche insalata o pizzaiola di carne equina. Ma in quell'istante non esita a chiedermi di aprire il bagaglio per sequestrarmi i capperi e , soprattutto, udite udite, la ricotta ascante. Così in mezzo ai passeggeri divertiti, apro il trolley e mostro i boccacci in vetro di capperi e ricotta ascante. Il vigilante aereoportuale osserva attentamente quei presunti ordigni e decide che i capperi li posso tenere, ma la ricotta ascante, proprio quella no, che è considerata crema e supera i cento grammi. Io lo guardo e lo prego di soprassedere. Ma lui è inflessibile , e ha la sicumera di chi sta pensando, così la finiscono questi emigranti di pensare che qui giù siamo rimasti come una volta, superficiali e corruttibili, è ora di dare un'altra immagine di noi. Si, penso io fra me e me, quella dell'ottusità . Io insisto, capisco, dico, che la ricotta ascante, se usata in un certo quel modo, possa diventare un'arma letale, ma non vi sembra di esagerare? Ma lui niente, inamovibile e sotto gli occhi divertiti ma solidali degli altri passeggeri, il corpo del presunto reato terroristico mai consumato, mi viene sequestrato e viene messo da parte, presumo per la tavola del sequestratore. Sono disperato. Avrei lasciato tutto, dico proprio tutto, Trolley compreso, per quel pugno di ricotta ascante sotto vetro. Non immaginate cosa significhi per me emigrante pugliese. Lì a Milano non se ne trova di questa qualità e quella che si trova costa un occhio della testa. Esprimo questi miei pensieri ad alta voce mentre mi avvio verso l'autobus che ci porterà all'aereo. Loro, gli altri passeggeri, ridono a crepapelle. Beati loro, magari si sono abituati al risotto allo zafferano o alla cotoletta modello suola di mecap, ma io proprio no, non ci sto e mi accingo a scrivere una lettera di protesta alla compagnia aerea....non sia mai riesca a rimediarmi il mio vecchio amico barattolo di vetro di ricotta ascante.

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