mercoledì 18 gennaio 2012

Fer-de-lance, la prima avventura di Nero Wolfe, recensione

Ho appena finito di leggere " Fer-de-lance", un meraviglioso libro di Rex Stout, giallista newyorkese nato , udite udite, nel 1886 e morto nel 1975. Si tratta del primo volume di una vera a propria saga che ha per protagonista Nero Wolfe, gigantesco e obeso investigatore amante delle orchidee e della buona cucina e genio insuperabile nel risolvere casi di omicidio intricati e difficili. Il narratore della vicenda è Archie Goodwin , fedele assistente del genio Wolfe, il quale non perde occasione per andarsene al cinema per riflettere sui casi della vita, finendo , il più delle volte, per perdersi la trama dei movies...mentre Nero Wolfe sta bevendo con gusto estremo la sua ennesima birra quotidiana. Immagine che ricorda in modo incredibile , la tipica abitudine di uno dei nostri giallisti italici nazionali di maggior pregio, che risponde al nome di Andrea Camilleri: ebbene , il Camilleri, che ricorda fisicamente e nell'eloquio calmo e calibrato, il genio Wolfe, in un intervista dichiarava, tempo fa, che la mattina fino alle 12 beve birra gelata, tutti i giorni e per tutto l'anno. Le vicende del romanzo in questione partono dalla denuncia della scomparsa di un immigrato italiano, tale Maffei, scomparsa reclamata dalla sorella. Da questo fatto e dalla conseguente immagine che il venale e calvinista Wolfe, che viene descritto come "estremamente rispettoso" del denaro, incarna di se' in mezzo alle sue orchidee , tra l'altro gestite da un assistente apposito, il gruppo di uomini che gli ruota intorno , dei quali il più originale è il cuoco francese Fritz (che ha il grande privilegio quotidiano di dedicarsi alla lettura di un quotidiano in madrelingua), si dipana una serie di avvenimenti che, previsti dall'acume predittivo del genialoide grassone , portano alla scoperta del colpevole. La vicenda si arricchisce notevolmente allorchè si scopre che la morte di un influente preside di College, apparentemente inspiegabile, si collega alla morte del Maffei attraverso una mazza da golf. L'assassinio era stato un errore e in realtà l'obbiettivo vero era rappresentato dal compagno di golf del preside Barstow, il ricco e influente professore la cui morte viene erroneamente e frettolosoamente archiviata come infarto. La fine, che non racconto, per lasciarvi godere a pieno le vicende narrate, è ricca di colpi di scena, con una conclusione che pone sotto una luce sinistra, oltre che per l'ennesima volta, geniale, il nostro stupendo investigatore grassone e birrofilo, fra una birra e l'altra, un orchidea e l'altra e una pietanza ben cucinata e una copia del New York Times sapientemente aperta sulla scrivania dello studio-guscio, dell'uomo più antisociale più simpatico che sia mai stato inventato.

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