martedì 27 novembre 2012

Italia eternamente democristiana

Ci sono state queste primarie del Centrosinistra. Abbiamo assistito ai dibattiti, alla nomina di personaggi nel Pantheon dei candidati, Cardinal Martini, Papa Wojtyla, più che ad un dibattito politico sembrava di assistere ad una disputa teologica, mi è parso, mentre ero in casa a guardare la tv, di avvertire un chiaro odore di incenso. Volevano tranquillizzare, far capire che votando per loro , in definitiva, non sarebbe cambiato niente in questo paese ipocritamente cattolico, dove i figli di puttana vengono perdonati in nome di una non ben chiara simpatia levantina che ispirano ai più. Un paese dove i mafiosi siedono sui primi scranni della chiesa alla messa domenicale e versano l'obolo per espiare i propri peccati, vendendo al demonio il lunedì, quello che di sacro hanno comprato la domenica. Dei 5 candidati, proprio non sono riuscito a capire la presenza di Tabacci, sembrava come il cane a cuccia nella famiglia moderna modello con tanto di pranzo vegetariano in tavola e croccantini pronti per il miglior amico dell'uomo lì nell'angolino. La Puppato non era male, ha detto qualcosa di sinistra, mentre Bersani la osservava con una certa preoccupazione, non si sa mai potesse avventurarsi in qualcosa di marxista leninista, che allontanasse l'elettorato moderato dal Pd . Vendola poi si è sdilinguito nei suoi ragionamenti eleganti, le sue parole si guardavano allo specchio e si mettevano in pose da bodybuilder pronte per le routines finali sul palco, sempre attento a non sembrare troppo comunista, troppo di sinistra , ma anche sempre molto attento a non scontentare l'elettorato cattolico di quest'Italia eternamente democristiana in cui fa comodo attaccarsi ad una religione e a dei preti che rassicurano quelli che hanno sbagliato che errare è umano e che basta una richiesta di perdono per ritornare immacolati come gigli biancofiore, basta confessarsi dal prete per tornare in pista alle prossime elezioni e continuare a rubare, basta che non si passi, non sia mai, per comunistazzi atei(cit. Celine), che siano onesti poi sarebbe ributtante, negherebbero la natura umana fragile che ha bisogni di Dio per compiersi definitivamente. Al termine dei dibattiti i nostri cinque hanno chiesto la benedizione di Ratzinger, che già se l'avessero chiesta a San Francesco questi li avrebbe mandati a sbucciar nocelle ai babbuini alsaziani, ammesso che esistano i babbuini alsaziani( i babbuini però esistono, ne siamo certi dopo aver visto Matteo Renzi fare quel gesto quando dice "rottamare" che sembra una scimmia che sbuccia una banana, è sugli alsaziani che abbiamo dubbi). Poi le immancabili polemiche, mentre tutti giuravano e spergiuravano sul significato straordinario costituito dal fatto che tre milioni di persone erano andate a pagare due euro per andarli a votare e avevano abbandonato i loro letti caldi della domenica per recarsi alle urne e scegliere uno di loro, partecipazione eccezionale, evento storico, chi più ne aveva ne metteva, quanto ad aggettivi suggestivi e digestivi. Nemmeno una parola su chi invece stava lavorando ed è tornato a casa così stanco che le primarie dei primati gli sono sembrate dei primati e basta intesi come scimmie,intese come essere stanchi, rimbambiti dalla fatica. Tutto rema, quindi, nostri cari lettori e, soprattutto, "consentitemi"( non posso non usarlo)lettrici, verso un Monti Bis,anch'esso, si capisce, con la benedizione papalina, con una mano sul cuore e l'altra sul conto in Svizzera o sui contanti sottratti al fisco , che non toccherà mai alcuna patrimoniale , si è mai visto un Potere darsi le mazzate da baseball sui coglioni?. Postfazione: l'altro giorno ero dal salumiere e mentre lui tagliava il salame spredicava contro i politici che avrebbe messo tutti al muro, quei ladroni , ma quando è arrivato il momento di battere lo scontrino ha avuto una improvvisa paralisi alle mani. In attesa, domenica, di sedersi a messa poco dietro i primi banchi.

mercoledì 14 novembre 2012

Virgilio

<b>Entrai a casa di Virgilio. Virgilio è un mio amico barbuto che ha qualche idea anticonformistica e per questo attraente. E' attraente che abbia delle idee, voglio dire. L'anticonformismo bisogna saperlo reggere fino in fondo. Qui sorgono i problemi. Virgilio ha un cane, non mi chiedete di che razza perchè per me i cani sono come le macchine, non le conosco. E poi perchè non me ne frega di che razza sia, in quanto essere vivente. Faccio per sedermi sul divano. Virgilio dice, non ti sedere lì, è il posto del cane. Ok, dico. Resto in piedi. Su un tappeto. Il cane mi abbaia contro. E' il suo tappeto, sai, fa Virgilio. A meno che non mi fornisci di scarpe con reattori sotto, mi dici dove cavolo mi devo mettere? Vieni di qua. Mia moglie ha preparato qualcosa da mangiare. Mi siedo al tavolo e Virgilio tramesta nelle padelle della dirimpettaia cucina. Il cane mi lecca le caviglie. Io lo allontano con un piede. Ma lui continua. Che c'è, ti fa schifo? Non lo sai che la saliva del cane disinfetta? Dice Virgilio. Serve a tavola. Niente carne o pesce. Solo roba vegetale. Virgilio è vegetariano. Per produrre la carne si compiono crimini. Pensa a quelle povere mucche. Ok, dico. Mangio la pasta. Il cane non la smette di leccarmi le caviglie. Gli do un calcio sul muso. Guaisce e si accuccia. Senti, Virgil, dico, che ne dici degli indiani, muoiono di fame in mezzo ad un mucchio di vacche che scorrazzano intoccabili perchè la religione le ritiene sacre. Leggende metropolitane. Sei mai stato a Calcutta? Chiedo. No, ma non ce n'è bisogno , i tuoi sono i soliti argomenti usati contro i vegetariani. Continuiamo a mangiare, la moglie è fuori al lavoro. Noi non lavoriamo. Per quel giorno. Passiamo al secondo. Verdura. Il mio stomaco brontola, la colite si fa sentire. Ancora un pò e mi verrà di belare, penso. Ma io sono politicamente corretto, voglio rispettare i credo di tutti e , in fondo, essere vegetariani è una bella filosofia di vita. Per un giorno. Beviamo un buon vino. Il vino è davvero eccellente. Ce ne scoliamo una bottiglia. Passiamo alla seconda bottiglia. Conversiamo amabilmente. Virgilio mi parla ancora della sua filosofia di vita. Compra cibi biologici ad un supermercato biologico e tutta roba vegetale. La cosa gli procura un vero godimento, lo libera dal senso di colpa di contribuire alla carneficina degli animali, e , in questo modo, colpisce l'industria della carne. Al termine ho ancora fame. Non ti preoccupare, dice Virgilio, all'inizio è così, poi questo cibo ti procurerà sazietà come con la carne. E ti sentirai bene dentro, gli animali ti ringrazieranno. E l'insalata, dico, l'insalata mi ringrazierà? Che c'entra l'insalata, fa lui. Beh, chi te lo garantisce che l'insalata non soffra, non abbia un anima ? Lo sapevo, fa, sono i soliti argomenti contro i vegetariani. Ci sono degli studi che attestano il fatto che le piante abbiano un'anima, piangono se gli si stacca un ramo, una foglia, a te piacerebbe se ti staccassero il pisello? Certo che no, ma le piante non soffrono, te lo garantisco, non strillano se le raccogli. Beh, se lo dici tu...Un tizio una volta mi ha detto che gli ulivi hanno sembianze umane e , addirittura camminano. Virgilio ride. Gli ulivi sono buoni per la legna, dice lui. Vallo a dire a Pinocchio, dico. Passiamo in salotto. Mi siedo sulla sedia. Il cane si accuccia sul divano. Ho un'improvvisa voglia di rileggermi la Bibbia. La parte in cui dico cui dice che l'uomo ha l'assoluto dominio su tutti gli animali del pianeta. Ma no, penso, meglio essere politically correct, alla fine paga sempre. Virgilio riceve una telefonata. E' la moglie. Dice se escono con i suoceri, in serata, dopo il lavoro. Sì, dice Virgilio, solo se andiamo a mangiare la pizza o in un ristorante dove non servono carne. Solo a vederla mangiare sto male. Accendiamo la tv. Facciamo un pò di zapping. Io bevo un altro sorso di vino. Non è male adesso. Il cane dorme. Ha mangiato, ha sgranocchiato una bottiglia di pvc e una ciabatta di Virgilio. E' di caucciù, ci tiene a precisare Virgilio. Cosa? chiedo. La ciabatta. Ah, credevo chissà che cosa, dico. Volevo dire, non è di materiale animale, precisa Virgilio. Che pomeriggio istruttivo, penso. Fra un pò mi sentirò in colpa per il fatto di avere dei testicoli di autentica carne umana. Scorriamo i canali della tv e beviamo il vino. Virgilio si accarezza la pancia con fierezza. Essere vegetariani non fa dimagrire, penso, tutt'altro. La moglie lo richiama al cellulare. Lei gli sta chiedendo se ha portato il cane a fare i suoi bisogni. Lui dice che no. Lei gli strilla al telefono intimandogli di uscire con il cane, che non ha voglia di farlo lei quando arriva tardi dal lavoro, che non c'è tempo. Mezz'ora così al telefono. Tim ringrazia gli animalisti. Sembra che siano un vero affare, una vera manna. Il cane ci guarda con un espressione triste. Forse intuisce. Forse anche i cani hanno un anima. Lo spero. E spero che mandi Virgilio e consorte all'inferno. Scorrono le immagini della tv. Un telegiornale, le solite notizie. Il mondo è governato dalle multinazionali, dai mac donald, dall'industria della carne, dice Virgilio. Non mangiare carne è la vera rivoluzione. Si, ma costa, dico io, ci sono milioni di poveri che ucciderebbero per una bistecca, sono stanchi di mangiare l'erba dei prati dei ricchi che falciano ogni giorno. Stronzate, dice lui. Comunque tutti i politici fanno schifo, non votare è la vera rivoluzione. Perchè non porti il cane un pò fuori, prendiamo un pò d'aria. Non ho voglia, dice, sono stanco. Che lavoro stai facendo? Sono disoccupato, dice. Mi mantiene mia moglie, non è male. Mi consente di starmene a casa a riflettere. Sentì un pò, dico, ho visto prima in bagno un mucchio di roba da lavare, perchè non dai una mano a tua moglie. D'accordo, non saranno affari miei, ma sei sempre stato un progressista, ora sei pure vegetariano. Ma scherzi? Se fai così poi tua moglie non ti rispetta, dice Virgilio. E se viene un figlio io conterò meno del cane. Dice. Perchè non è già così? Dico. Lui tace. Chi tace acconsente. Sono progressista part-time, dice. E ride. Io pure rido. Il pomeriggio scorre, il sole tramonta, la tv fa da sfondo ai nostri discorsi di uno stanco pomeriggio senza pretese. Domani è un altro giorno e io devo alzarmi presto per andare a lavorare. Virgilio non ha questo problema. E non sembra aver fretta di avercelo. Tutto sommato è un uomo felice.

sabato 20 ottobre 2012

Diario di un dissidente sul fronte occidentale

Da oggi questo blog diventa una bandiera della dissidenza in questo paese di levantini e mettintasca, contro le mafie economico-politico-culturali, contro la dittatura degli idioti, contro la montante marea degli italiani italiauno ululanti, contro il letamaio della banalità imperversante, contro il berlusconismo dilagante come fenomeno di costume, culturale, contro il razzismo mascherato o meno, e soprattutto, contro la violenza sulle donne, questo diventa il diario di una nuova dissidenza sbocciata come una nuova primavera di liberazione nel bel mezzo dell'Europa cosiddetta democratica, contro questa falsa propaganda che ci vuol far credere che stiamo bene, che viviamo bene e in definitiva che sappiamo persino ridere. Noi italiani non sappiamo ridere, riusciamo appena a sghignazzare, tutti impegnati a non farci superare dagli altri in questa gara alla conquista del kitsch che più kitsch non ce n'è. Un paese in cui non siamo liberi di dire quello che vogliamo, e in cui non possiamo circolare liberi per strada senza essere vittime di bullismo, violenza gratuita, mafioserie varie e prevaricazioni di ogni natura da cui non ci si riesce più a difendere, perchè la giustizia incarcera gli umili e gli onesti e fa sconti ai ricchi e ai figli di puttana. In queste condizioni la democrazia è un'astrazione bella e buona. Ci vuole una nuova liberazione, durante le elezioni ci vogliono in ogni seggio degli osservatori dell'Onu, siamo un paese da mettere sotto osservazione, in cui la democrazia è ostaggio delle mafie e della stupidità di politici che non hanno il coraggio di realizzare progetti per il bene del paese, di tassare la finanza, di colpire i parassiti, di premiare gli onesti, di far avanzare i meritevoli in luogo dei leccaculi proni a capi inetti e incompetenti, di premiare il merito e la competenza in luogo del galoppinismo eletto a filosofia del consenso sicuro, plaudente, beota, da applauso in stile politburo, un paese democristiano nell'anima e berlusconiano nel midollo, corrotto persino nell'opposizione che finge di opporsi partecipando invece di buon grado al banchetto dei fondi pubblici continuamente impinguati da chi paga fino all'ultimo centesimo di tasse. Se vogliamo avere un futuro è necessario trovare nuove forme per opporsi a tutto questo, per quanto mi riguarda, essenzialmente culturali, perchè se in Italia non si scende in piazza per protestare contro Monti ma si va in processione a fare la fila davanti ad un centro commerciale per comprarsi il nuovo iphone, beh, vuol dire che c'è un problema nelle teste e nelle anime, della gente, che bisogna invertire la tendenza, che bisogna passare da un paese in cui i vecchietti ritirano le pensioni in contanti per essere rapinati dai propri nipoti un minuto dopo che sono usciti dalla posta, presi in ostaggio, ad un paese in cui un figlio o un nipote si debba vergognare di chiedere soldi a mamma o a nonna, un paese, in altre parole, normale, in cui , come avrebbe detto De Andrè, all'ora dell'aperitivo non si debba assistere a spargienti di sangue o di detersivo.

sabato 13 ottobre 2012

Il paese degli zombies manolesta

Non ho proprio idea di quello che scriverò. La mattina quando mi sveglio per me è un dramma. Devo mettere in funzione i neuroni che in genere amano starsene sotto le coperte oppure fanno un biglietto solo andata per il Brasile, proprio non li recupero più. Effetti del vivere in quest'epoca di mediocri. Politici mediocri, scrittori mediocri, giornalisti mediocri, manager mediocri, potrei definirla l'epoca della mediocrità. Penso di essere abbastanza grande d'età e maturo per non dover giustificare niente a nessuno. Ma politici come Berlinguer e persino Almirante, per non parlare di Aldo Moro , giornalisti come Montanelli e scrittori come Tondelli, l'unico scrittore che si sia dato da fare per far emergere altri scrittori giovani, ecco tutte queste menti eccelse, una volta sepolte, non torneranno più. Che tristezza. Ci restano La Spolverini, Fiorito, Belsito e Penati, un mucchio di ragionieri un pò su di trigliceridi , con qualche quota di colesterolo fuori posto e le dita delle mani ben prensili a furia di contar banconote. Quanto ai manager oggi imperversa un certo Marpionne, uno che si crede intelligente perchè è laureato in filosofia, ma io dico, l'ha studiata bene 'sta filosofia se poi è finito a fare macchine. Dico non è che quest'uomo fa l'Enciclopedia Britannica, ragazzi, questo fa macchine e per di più che fanno schifo. Non se le compra nessuno ,nemmeno gratis le vogliono. E la colpa di chi è? Degli operai che scioperano. Ma meno male che scioperano , sennò non basterà la superficie di tutta l'italia a ospitare l'invenduto. Manager de che? Ma vatti a coricare. Ma la cosa che mi rode di più, in tutta questa vicenda italica nazionale è che la gente sugli autobus, per strada , al lavoro, non fa altro che parlare male dei politici corrotti, sputa su questi rapinatori legalizzati...il salumiere mi fa un etto di salame di Milano e me lo consegna, senza battermi lo scontrino , mentre dice peste e fulmini di Penati che si sarebbe fregato non so quanti milioni. Il fruttivendolo idem con patate, nel senso, le patate me le dà, ma lo scontrino, questo misterioso, non c'è, anzi, c'è, il famoso scontrino invisibile, a voce. Salgo sull'autobus e uno che non ha il biglietto, nè l'abbonamento sbraita contro questi politici che rubano a quattro palmenti. Sapete cosa c'è? Beh viene quasi voglia di giustificarli, a 'sti politici, devono conoscere molto bene i propri elettori, tanto da restare terrorizzati, mò mi metto a rubare a più non posso, perchè se arrivano loro, gli zombies manolesta, questi qui sono capaci persino di mangiarmisi, pensa ognuno di loro. Compro il pane dal forno e il panettiere mi guarda, mi scruta, ho il capello corto, sarò della finanza? Boh? e al massimo ci si mette d'accordo, scontrino invisibile anche lui, a voce. Tre euri, perchè e lei. Già, se ero un altro era la stessa cosa, prendono pure per i fondelli. Poi , sempre il panettiere si gira a completare un discorso con la moglie, 'sti politici li impiccherei tutti. E si prepara a candidarsi con la lista civica per le comunali. Torno a casa, apro la cassetta della posta. Piena di bollette da pagare. Le cassette postali degli altri coinquilini sono vuote e il cestino sotto le cassette piene. Ci hanno svuotato le cassette, proprio non le guardano nemmeno le bollette, le mettono insieme alla tassa sulla spazzatura, lì dove compete debba essere. La verità , cari lettori, è che siamo un paese di zombies manolesta e che ci piace di sparlare sulla proiezione di noi stessi al potere

sabato 6 ottobre 2012

Mister G. ( sulla pedofilia, vera o presunta)

Lavorava con me. Capelli neri nonostante le sue 54 primavere. Sempre galante, sempre gentile con signore e signorine. Sotto quei suoi occhialetti semiappannati dall'ormone caricato a mille, sempre abbronzato, un'abbronzatura da parco ovest milanese. Uno dei pochi ad andarsene in pensione, prima che arrivasse la mannaia a dire basta, nessuno più se ne può andare in pensione, dovete lavorare per pagare le pensioni d'oro, d'argento e di bronzo, di chi se n'è andato in pensione PRIMA , avendo fatto il sessantotto, da una parte o dall'altra poco importa, accordo generazionale, chi da Lotta Continua a direttore di giornale, chi da Avanguardia Operaia a segretario di partito, chi dalla terza media a segretario di un sindacato, chi in pensione a 40 anni, tutti, chi più chi meno l'hanno messa nel culo alle new generations. Per cui, cari ragazzi sapete con chi dovete prendervela se siete precari di nome e di fatto. Con quelli che volevano la rivoluzione e che infatti l'hanno avuta, quella col culo degli altri. TUTTI SISTEMATI. Ma naturalmente al signor G, di tutto questo non fregava nulla, lui era uno di quelli che la scienza politica americana definisce FREE RIDERS , coloro che fruiscono di diritti senza aver combattuto per essi nemmeno un minuto della propria vita. Insomma il signor G. se ne era andato in pensione ed era felice, non faceva altro che farci linguaccia a tutti noi che dovevamo tirare la carretta a vita, per una vita, per tutta la vita, morti in fabbrica, centro commerciale, banca, fogne, su giardini pensili a servire cocktail party a vecchie megere incartapecorite che chiedevano catering extralux , gommisti di gokart eccetera. Poi la festa d'addio. Non dicesti una parola, eri stato sempre parco di parole, alle parole preferivi l'azione, castigare belle signore, milf d'antan, bella gnoccolone vedove o meno che fossero, le infilzavi l'una dopo l'altra come D'Artagnan. Due divorzi alle spalle e un paio di figli e ci salutasti tutti con quell'espressione beffarda di chi avesse vinto un terno a lotto, l'agognata pensione, mentre a noi ci lasciavi l'inferno del lavoro. Dieci anni dopo ti rivedo al parco , mister g, a mala pena mi saluti da lontano, l'aspetto ottimo, sempre abbronzato, camminavi lungo l'anello del parco, sempre parco di parole, parlavi con lo sguardo, accompagnando nella camminata ora l'una ora l'altra signora in sovrappeso cui il dottore aveva detto di camminare al pomeriggio per combattere il colesterolo o i trigliceridi. Quindi mister g, ti vedo accompagnare codeste signore mentre le corteggi . Ma hai l'aria triste, come un cane inseguito da una ciabatta, l'espressione beffarda è svanita. Ti fermi un po' a prendere fiato, mentre io inanello il circuito col mio jogging lento e inesorabile degli anta . Parli con altri vegliardi come te, biancodicapelli come loro, ma intatto, come imbalsamato, mummificato, come il giorno che te ne andasti in pensione, identico , con solo un po' di zucchero a velo in testa, per intenderci. Tutte le volte che passo ti vedo lanciare occhiate di fuoco a belle bambine che fanno ginnastica sul prato, occhiate tutt'altro che innocenti, ora che persino i premier hanno sdoganato la pedofilia, o comunque il desiderio di prugnetta fresca. E c'è da giurarci che un bel po' di famiglie della zona hanno fatto un esposto ai carabinieri, perchè molesti verbalmente le loro figliolette, tutte le volte che passeggiano al parco o fanno ginnastica sui prati, mentre tu non fai altro che guardarle da lontano, quasi lo sguardo o l'intenzione fosse peggio di uno stupro. Mentre i padri delle suddette bambine continuano a dire che questo o quel politico sono dritti e nel privato possono fare questo e quest'altro, che i soldi sono loro e magari sperano che nel mirino dei suddetti politici ci passi il prodotto dei propri lombi, pecunia non olet. Ma al signor g. no, mai, lui è un pedofilo a prescindere , senza uno straccio di prova, non serve, pensionato di rango basso, nullafacente, guarda e commenta al passaggio delle belle bambine i cui padri vogliono illibate a vita, o perlomeno ne valga la pena, indignati come sono a vedere documentari che parlano di bambine peruviane vendute a undici anni a famiglie che le schiavizzano e le tengono in casa a mo di cagnette , salvo poi dare al loro calore la colpa delle distrazioni dei mariti, persino le donne sono contro le bambine . Continuo a inanellare giri e ogni volta mentre mister g. chiacchiera con i suoi coetanei che paiono più vecchi di lui, colgo qualche parola, qualche frase spezzata, tipo “ho fatto domanda per lavorare ovunque, ma niente , non ti chiamano, nemmeno part time, se continuo così impazzisco”. Mi fermo , gli stringo la mano e gli dico: “ magari ci fosse una legge che per un periodo desse a me la tua pensione e a te il mio lavoro, scambio equo e solidale”, dico. “L'ho sempre detto che dovevi fare il politico”, mi dice mister g e mi sorride. Passa una ragazza sui trenta che fa jogging e la scannerizza con lo sguardo. Eccolo mi sembra quasi già al lavoro, in cassa, a scannerizzare codici a barre. “ Dì un po', mister g., che ci fai al parco tutti i giorni?”. “ Voglio sentirmi vivo. Sentirmi utile. Un uomo alla mia età, in pensione è solo uno che aspetta la morte. Voglio riposarmi, ma vivendo. Per questo sto qui al parco a parlo con tutti, bambine comprese”. “ L'avevo capito, ma vaglielo a dire”, gli faccio. “ Già...vaglielo a dire”, fa mister g. Riprendo la corsa a ritmo lento, non ho fretta di andare in pensione, né di farmi denunciare per qualcosa, pur di attirare l'attenzione e certificare la mia esistenza in vita.

sabato 29 settembre 2012

Il paese delle carte da bollo (sulla polemica Carofiglio_Ostuni)

L'Italia, o come a me piace dire con una pronuncia un poco altosalentina, l'Itaglia, è un paese litigioso e se c'è una categoria di litigiosi per antonomasia, non sono, no , i piloti d'aereo per le corna che pensano di beccarsi durante le trasvolate oceaniche immaginando che le mogli li tradiscano mentre invece sono state tutta la notte a leggersi tutto d'un fiato ,"Vagina", il nuovo libro di Naomi Wolf sulla teoria dello schiacciamento del nervo pelvico, accusandole per questo fino a querelarle ,per le presunte corna, le famose querele preventive, che rievocano il vecchio detto cinese:" quando torni a casa picchia tua moglie e quando lei ti chiederà perchè tu picchiala di nuovo". E poichè oggi non si può più rispondere ad un affronto con un duello, si usa la carta da bollo. Ministri su ministri che si sono succeduti si sono scervellati su come diminuire i carichi di lavoro dei tribunali, ma, ahimè, come avrebbe detto Tex Willer ,non c'hanno cavato un ragno dal buco, troppe querele, troppo lavoro, persino i macellai si sono messi a querelare i vegetariani e i vegetariani i venditori di arrosticini e i venditori di arrosticini querelano i venditori di sushi. Ma tra tutte queste categorie, non poteva mancare quella degli scrittori. Gianrico Carofiglio scrittore barese( nonchè magistrato, nonchè deputato , i nonchè sono finiti per ora ma credo che possano bastare per un uomo con due gambe e due braccia e un solo cervello )classificatosi terzo al premio strega con il suo "Il silenzio dell'onda" ,è stato insultato su una pagina facebook da un sedicente critico letterario nonchè editor della casa editrice Ponte delle grazie, nonchè giurato del premio Strega, anche qui di nonchè abbiamo fatto il premio, alla faccia del 24% dei giovani itagliani che di lavori non ce n'hanno nemmeno uno ,che risponde al nome di Vincenzo Ostuni ( una volta tanto si parla di Ostuni, evviva!). Costui avrebbe scritto sulla sua pagina Facebook , rivolte a Carofiglio, le seguenti frasi:"Il libro di Carofiglio è un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un'idea, senza un'ombra di responsabilità dello stile". Di fronte a questo vero e proprio insulto personale Carofiglio avrebbe querelato Ostuni. Non il comune, il sedicente critico letterario. Per esprimere un giudizio su questa vicenda mi viene in mente un episodio che mi occorse alcuni anni or sono quando presentando il mio primo libro, "Nell'acquario", all'interno della rassegna ostunese "Un'emozione chiamata libro" a cura di Annamaria Mori, un medico barese, risentitosi perchè io in un passaggio del libro avevo paragonato "i baresi"( scritto virgolettato nel testo, tra l'altro) ai nazisti della Puglia perchè avevano abbattuto 200 alberi di ulivo per edificare uno stadio che avrebbero poi "ironicamente" chiamato "degli ulivi( il nome è successivamente cambiato), mi apostrofò pesantemente definendomi un ignorante e un provinciale ,ricordandomi che Bari era stata da sempre una città antifascista etc etc. Ovviamente non avendo letto il mio libro ed espungendo una frase dal contesto si era fatta un'idea sbagliata ( non ho mai avuto nulla contro i baresi, ma contro certi baresi, come pure contro certi ostunesi o milanesi o quant'altro) , ma la qual cosa non lo fece esimere dall'offendermi. Ricordo in quell'occasione che restai così sorpreso che non seppi reagire da mio pari rispondendogli, magari, che ne so, che se lui era un medico che si ammantava di possedere delle supposte doti letterarie avrebbe fatto bene a fermarsi alle supposte, che era almeno una materia che si , di nuovo, supponeva, doveva conoscere bene. Invece blaterai qualcosa che nemmeno ricordo e basta. Ma la reazione del pubblico fu tutta a mio favore. Fece la figura del cafone, con il risultato che realizzai un ottima vendita dei miei libri, che non fa mai male, in certe occasioni. La morale che voglio tirar fuori, da questa vicenda, caro Carofiglio è che io ,al tuo posto non avrei querelato , come non querelai io il medico barese, il supposto critico letterario( qui le supposte c'entrano sempre , diamine!) , ma l'avrei lasciato macerare nella sua malcelata invidia( che la maggior parte degli editor e cosiddetti critici sono solo degli scrittori falliti)e avrei incassato quella solidarietà, che invece, maldestramente, sta facendo pendere la bilancia a favore del nostro "amabile" Vincenzo Ostuni, al quale consigliamo, invece, una volta che ha scritto quelle offese personali, di restare un minimo coerente evitando piagnistei democristiani dell'ultim'ora.

domenica 23 settembre 2012

Se entri nel cerchio sei libero

Tornato a casa dal lavoro , mi sono fatto una doccia , mangiato un riso saltato cucinato da me e , finalmente, mi sono sdraiato sul divano. Ho acceso la tv e fatto un po' di zapping. Su rainews c'è Baracchini, un giornalista famoso per aver fatto outing in diretta sulle proprie preferenze sessuali dopo le sconcezze omofobiche di Cassano durante gli europei di calcio . Ha appena detto che Monti non tasserà la patrimoniale. Niente di nuovo sotto il cielo. Non ho mai visto nessun ricco tassare se stesso, a parte San Francesco, forse. Disgustato vado in camera da letto e prendo un libro dal comodino. Un libro è il miglior antidoto contro il ciarpame televisivo. Me lo ha donato il professore Lorenzo Caiolo, che tanti conoscono per i sui vari meriti politici e nel mondo del volontariato, ma che per me è un amico, e , se permettete, “ amico” è la carica istituzionale con cui voglio qualificarlo . Il titolo del libro è “ Se entri nel cerchio sei libero”, ed . Corriere della sera, Rizzoli. La copertina è granata come le maglie del Torino e in cima alla copertina , sopra al titolo, campeggiano i nomi degli autori, Antonella Ossorio e Adamà Zoungrana. Adamà Zoungrana è il figlio adottivo del Professor Caiolo e il libro, scritto a quattro mani in un linguaggio semplice e accattivante come la trascrizione di un lungo racconto orale , è la sua storia. Sdraiato sul mio sofà ho incominciato a leggerlo e subito sono entrato nel ritmo del racconto. Nato a Lèo nel lontano e misterioso Burkina Faso, nome recente dato all'Alto Volta e che significherebbe “paese degli uomini integri”, Adamà, che in realtà si chiama Basjna ma che si è autoribattezzato quel giorno che il suo padre padrone sanguinis dopo molte resistenze decise di iscriverlo a scuola scoprendo di non sapere il nome di quel suo figlio particolare, dalla testa dura, uno dei tanti della sua progenie sparsa in tutto il paese dal costume poligamico, snocciola il suo racconto drammatico e appassionante, un racconto che ti conquista pagina dopo pagina con il semplice scorrere delle storie e dei personaggi incredibili che le popolano: da Seydu e Bucaray, suoi fratelli compagni d'avventura sballottati di famiglia in famiglia alla morte della propria madre naturale, con Seydu, in particolare, scampato alla morte e sopravvissuto al vento Harmattan , foriero di tempeste di sabbia e uragani e che come un Dio malvagio si porta via vecchi e bambini, piccolo e indimenticato fratello fragile e la propria infanzia contrassegnata dalla fame e dalla sete, vive come un paria in famiglie in cui è costretto a familiarizzare con matrigne d'ogni genere, sempre in lotta con un padre padrone e despota che lo maltratta giungendo fino a picchiarlo , salvato da una congerie di amici che lo sfamano e lo colmano d'affetto. Amici come Muniru, bravo a ballare e che tutti chiamano Michael Jackson o come Masta, versione africana del Quasimodo multilingue de “In nome della rosa”, o come Hakim, campione di calciobalilla , per non parlare di Eric dei coccodrilli e di Alì il sordomunto matto per i film di Jackie Chan, che accompagnano Adamà in questo suo viaggio nell'inferno dell'Africa delle mille etnie e poligamie, e che lo portano persino a lavorare in miniera, a fianco a bambini minorenni, sniffando colla per combattere la fatica e illudersi di liberare i polmoni dai pulviscoli dei cunicoli strigiformi dei forzati dell'oro, mentre piano piano conquista la fiducia di Auntie, la sua prima matrigna e della sua sorellastra Salimata. Poi, un giorno in libera uscita dal lavoro minerario, la sua ostinazione nel voler a tutti i costi studiare e nel voler imparare il francese viene premiata. Mentre è per strada per andare a comprare delle sigarette ad un anziano signore al posto di un suo amico, incontra una signora italiana, Antonella Gallone, che fa la regista cinematografica. Sta girando un film e lui attacca a parlare con lei in francese risultando subito irrimediabilmente simpatico. Da quell'incontro prende piede una concatenazione di avvenimenti che porterà il nostro Adamà, via via ad essere l'attore protagonista di un film e a venire in Italia, fino ad essere affidato e poi, credo, adottato, dalla famiglia del professor Caiolo. Queste fasi sono descritte con un'ironia ingenua ma che conquista che costituisce un po' il tratto distintivo dell'anima africana che viene a contatto con l'occidente e che mi ha colpito per l'angolatura da cui possiamo essere osservati da un mondo che non conosciamo e che a volte snobbiamo superficialmente, un mondo che presenta contraddizioni enormi ma estremamente interessanti, popolato di personaggi come Sankara, indimenticato presidente del Burkina Faso, famoso per rifiutare il lusso muovendosi in bicicletta, da contrapporre all'omologo capo di stato livoriano( della Costa D'Avorio) che invece si fa costruire una pista di pattinaggio su ghiaccio per i figli in un paese perennemente assetato , un mondo ancora dominato dalle etnie e dalle poligamie ma che trae la forza per andare avanti dalle immarcescibili tradizioni dei racconti orali dei nonni, fatti di storie che sembrano senza una morale certa, ma che lasciano il finale all'interpretazione di chi quei racconti ascolta, al libero arbitrio degli ascoltatori, in definitiva. Dopo aver conosciuto , udite udite, la neve a San Vito dei Normanni , che già di per sé costituisce un fenomeno inquietante persino nel nostro occidente mediterraneo ed aver trovato l'affetto di una nuova famiglia , Adamà, a distanza di cinque o sei anni, affetto da mal d'Africa, intraprende un viaggio a ritroso, che lo riporterà a contatto con il suo passato, alla ricerca dei suoi affetti e dei suoi fantasmi, e sarà foriero di dolori ma anche di gioie inaspettate, sempre sul filo del rasoio, quanto ai rapporti con il padre sanguigno, che da uomo ricco e di successo, è caduto in disgrazia, senza per questo perdere la boria di un tempo, senza per questo perdere la presunzione del padre padrone, ma solo formalmente, in realtà, si intuisce, piegato dal rovescio delle sue fortune e dal pentimento del male arrecato in nome di una sottocultura ancestrale, guarda caso, proprio a chi gli aveva voluto bene, nonostante le percosse, nonostante le possibilità d'elevazione negate, come quando impedì ad Adamà di andare in accademia , nonostante le felicità distrutta , come quando assiste impotente al suicidio di Salimata, solo perchè non vuole che vada a vivere con un giovane della Costa D'Avorio, per gelosia o per chissà per quale altro demone che alberga nell'animo umano. Chiudo il libro e vado a dormire. Ho letto ininterrottamente per tre ore circa. Ma mentre mi addormento la mia mente e stranamente e riccamente piena di pietanze africane, storie di coccodrilli, ballerini neri, film di kung fu, partite di biliardino, piccoli neri in libera uscita dai cunicoli di miniere, un piccolo esercito di volti mi viene a trovare, come in sogno. Sorridono tutti mentre vengono verso di me. E c'è anche il padre di Adamà. Ma nonostante tutto non riesco ad odiarlo, perchè in tutto questo meraviglioso libro scritto da suo figlio che ha attraversato l'inferno non si fa altro che dire che nel mondo dei dannati si deve dare una chance a tutti, persino al male o a ciò che appare tale. Ed è per me un grande insegnamento.

mercoledì 19 settembre 2012

La via del mezzo

Il cambio di stagione è per me letale. Mi sento stanco, ho bisogno di una decina di migliaia di euro per farmi una vacanza fra i Monti svizzeri, non i coniugi del direttorio nazionale, s'intende, poi qualche stravizio di champagne e caviale de noiantri magari in compagnia delle battute di Batman-Fiorito e qualche puttana mica troppo sofisticata a spese di voi gonzi contribuenti che tirate la carretta tutti i giorni come fessi per pagare questi cerebrolesi improvvisamente colpiti da un fulmine Frankensteiniano tanto da scoprirsi di colpo furbi. Poi ho bisogna di un pò di azione, sì, un pò di azione ruota a ruota col camper di Renzi che porta l'attacco al cuore dello stato rosso del pomodoro pelato, il Bersani, per intenderci, ribattezzato, visto che tutti gli sparano addosso , Pierluigi Bersaglio, una bella ruota della fortuna, tanto per rammentare a Renzi da quale quiz di quiz viene. Eccomi adesso in elicottero, da scrittore vip mi ha dato un passaggio Sergio Marpionne , sta andando in Canada dove prenderà un Canadair e atterrerà al Lingotto, dove un sacco di ingegneri e dirigenti Fiat lo stanno aspettando per leccargli il culo, tanto che al Lingotto gli hanno cambiato nome, lo chiamano Linguotto adesso. In elicottero mi spiega che lui l'Italia non l'abbandona mai, ma dove cavolo lo troverebbe un paese in cui milioni di persone pensano che sia un genio? No, no, tutto grasso che cola, oro colato e poi basta con questo Landini , non si può pagare uno 2300 euro al mese per non lavorare. A lui, a Marpionne, invece, gliene danno 2300 al minuto per non fare altro che il maitre a penser della famiglia Agnelli, per tenere a bada i pargoli, uno stipendietto da badante mica no. Certo che lui non si dimentica che suo padre era un maresciallo dei carabinieri e fa bene, a mio avviso, visto che sarà il massimo grado del drappello di servitori dello stato che un giorno verrà a prelevarlo per reato di diserzione dagli interessi nazionali a beneficio del benevolo fisco svizzero, dove risiede. Mannaggia, vedete che me ne devo andare in Svizzera, perchè non dichiariamo guerra alla Svizzera, mi sa che risolviamo tutti i problemi. Magari no, magari poi dalla Svizzera si spostano in Alsazia Lorena, che c'ha pure un bel nome da troia di classe, che non fa mai male frequentare, fra un cocktail party e un salotto più o meno televisivo, dove i nostri dirigenti politico-imprenditoriali non fanno altro che spiegarci che l'Italia va male perchè la gente non lavora e perchè alcuni sindacati e partiti politici ( quali? non si sa) non conoscono la via del mezzo, che è il simbolo dei moderati, come dice Casini, questo eterno democristiano dal nome onomatopeico, che , come direbbe il buon Manzoni, Alessandro, meglio specificare per i Fiorito-Belsito d'Italia , è quella zona dove lorsignori si sono già accomodati da un bel pezzo con un bello strato di silicone sotto il culo.

mercoledì 12 settembre 2012

Tex Willer è comunista

Uno dei fumetti che ha contrassegnato la mia infanzia e che leggo tutt'ora potendo così affermare che ha accompagnato e accompagnerà l'intero arco della mia esistenza , è senza dubbio Tex Willer. L'ho amato sin da subito per quel mix di azione e, soprattutto, meditazione , nelle frequenti scene che ritraggono il ranger che gli indiani Navajo chiamano “Aquila della Notte” per via del suo mezzo sangue indiano avendolo persino nominato loro capo, in compagnia dei suoi pards, Kit Carson, Tiger Jack e Kit Willer, suo figliolo un po' se stesso in scala ridotta, accampati e seduti intorno all'acqua in ebollizione per il caffè durante i tramonti fatti di soli che si infilano nella fessura dell' orizzonte sullo sfondo di montagne rocciose, cactus e avvoltoi . Le lunghe conversazioni intorno ai fuochi tenuti bassi per non essere individuati da nemici di ogni sorta mi hanno sempre affascinato perchè sono intrise di una filosofia espressa in un linguaggio caratteristico ed efficace che sintetizza mirabilmente la visione del mondo del suo inventore, Gianluigi Bonelli e di suo figlio Sergio Bonelli, suo continuatore e scomparso per altro di recente ( nel 2011) . Le storie sono sempre state scritte con cura , frutto di attenti studi storici e antropologici , ed hanno avuto il merito di usare il far west americano come sfondo entro cui lasciar agire i personaggi più disparati, da Mefisto , esponente della magia nera, a El Morisco , archeologo , ricercatore e interprete della magia bianca , quella buona, diremmo, per non parlare di un lama tibetano, Padma, scacciato dalla sua lontana terra d'oriente , di pistoleri meticci, ex confederati sconfitti e indiani rinnegati, tutti protagonisti di storie archetipiche di un mondo che non sa rinunciare al male come l'acqua marina al suo sale . Inoltre Tex mi è caro perchè inaugurò , nel dopoguerra, il filone di un giusto revisionismo storico sulla storia del west, sposando pienamente il punto di vista dei nativi americani, dei pellerossa , fino a un certo momento individuati , da una vasta cinematografia imperialista d'accatto, come i cattivi della situazione, e che ci aveva mostrato il più reazionario degli attori Hollywoodiani , John Wayne, sempre impegnato ad interpretare personaggi che rivestivano i panni dell'ammazza musi rossi in una sequenza impressionanti di film indianofobici . Tex Willer agisce nelle sue storie sempre come difensore dei deboli e degli oppressi, tanto che , ad esempio in “Ombre di morte”, rispondendo a suo figlio Kit che gli domanda “per chi combattiamo noi, papà”, risponde inopinatamente:”per i deboli e per gli oppressi, figlio mio!Non certo per un branco di sporchi e ignobili politicanti!”. E questa lotta in difesa degli oppressi la svolge in modo netto e radicale, con una rabbia che può apparire a volte eccessiva, come tutte le volte che in situazioni di pericolo estremo mentre è legato in attesa di essere ucciso o mentre si batte all'ultimo sangue , se ne esce con espressioni come:” andate al diavolo, per quanto riguarda il sottoscritto siete già pendagli da forca”.O come quando dice, ad esempio di Mefisto, suo storico nemico:” questa volta gli procureremo un domicilio sicuro in una solida cassa di pino”. Non è un radicalismo casuale questo, Tex , ovvero i suoi autori, ci vogliono dire che noi da un eroe, da uno come lui, ci aspettiamo esattamente questo, una inflessibile coerenza in tutto quello che fa nella infinita e imperitura battaglia per la giustizia. Vuole dirci che ciò che non può essere risolto a parole verrà risolto con i fatti. Ma è proprio la scelta delle parole, nel comunicare questo concetto, che fornisce la cifra stilistica del suo autore e padre padrone ( e dei suoi continuatori) e che contraddistingue Tex Willer come personaggio unico e di peso nella letteratura contemporanea, in barba a chi pensa che i fumetti non siano letteratura ( basta leggere un libro di Fabio Volo per non trovare questo concetto affatto bizzarro ) , come accade ad esempio in “Kit Carson entra in gioco”: ” vattene pure a casa, signor granduomo, ma che io sia impiccato se per questa notte riuscirai a dormire tranquillo!”. E, di seguito, mi preme dire che, non si possono dimenticare espressioni come, “ gli metteremo il sale sulla coda”, abitualmente usata da Tex rivolta ai suoi pards mentre inseguono qualche criminale, o come , “ non ci abbiamo cavato un ragno dal buco”, quando le indagini sono ad un punto morto, né i coloriti insulti ad ogni sorta di bandito o criminale, tipo, ”pendaglio da forca”, “faccia patibolare”, “stanco di vivere?”, “quando incontro gente come voi sento vacillare la mia fede nel genere umano”, senza tacere la goliardica ma sempre valida espressione tipica all'arrivo in un saloon dopo faticose galoppate nei deserti polverosi : “ vorrei una bistecca alta tre dita sotto una montagna di patatine e un fiume di birra”, che usando personalmente una volta mi è valso un fidanzamento( non sto a dire) . Né gli spagnolismi messicani come “vamos”, “vamonos”, o , “lo siento”, per dire “mi dispiace”. Ma c'è una frase, secondo me, che racchiude tutta la filosofia radicale e anche politica del nostro eroe dei fumetti e che esprime sinteticamente un concetto sempre valido in ogni tempo e che contiene poi il concetto del fare le cose, nel senso del muoversi per risolvere i problemi, in luogo di sterili e stolide conferenze programmatiche che altro non sono se non esibizioni masturbatorie di parole tenute insieme per riempire l'aria , un'espressione che bisognerebbe tirar fuori tutte le volte che i nostri politici sembrano dire qualcosa di solenne e di definitivo, quando non sanno cosa dire di fronte all'evidenza della propria incapacità: “ ancora una volta avete perso un'occasione buona per stare zitti”. E credo sia il giusto suggello a questo mio modesto omaggio ad un eroe senza tempo .

martedì 4 settembre 2012

L'ulivo che canta

Nella sua bottega di fronte alla chiesa delle Monacelle dove venivano abbandonati bambini in cambio di biscotti, sfornate per sfornate con anime e destini diversi, Tonino Zurlo mi mostra le sue sculture d'ulivo. Col pizzo da imam che crede in un Dio universale che chiameremo Infinito e che vuole bene agli ultimi molto più che ai primi mi spiega che la creazione artistica per lui ha la caratteristica di essere “senza fatica”, qualcosa che viene dalla pancia , che viene fuori naturalmente , senza sforzo, come se qualcuno la facesse per noi, come se qualcuno scolpisse il legno d'ulivo, duro e indomabile, per noi, senza essere costretti a spremersi eccessivamente “la mdodda de la capa”, come dice lui , senza imperlarsi la fronte di sudore, basta lasciarsi trasportare dall'ispirazione e scolpire ulivi o canzoni come in stato di trans autoipnotica. L'arte è lì, nell'aria, basta vederla, prenderla e mostrarla al nostro mondo se non altro per testimoniare che esiste la bellezza vera e non quella idiota delle stolide pubblicità persino di beni comuni come l'acqua, che il Padre Eterno, un padre eterno laico vestito delle fogge più disparate a seconda degli occhi che lo guardano, ci ha sempre donato gratis e che invece l'uomo, il più imbecille delle creature che popolano la terra ha la pretesa di imprigionare in piccole galere plastiche chiamate bottiglie facendone un oggetto di consumo consacrato da nuovi San Franceschi al contrario come calciatori di grido che la pubblicizzano al fianco di fotomodelle disperatamente in lotta con ritenzioni idriche da cocaina aspirata a forza, perchè “magro è bello” se non si è in Africa. Osservo la sua bottega e le sue meravigliose sculture di legno d'ulivo, una materia con cui Tonino e oramai in simbiosi. Posso immaginare l'artista al lavoro, nella fresca penombra di questo locale e posso immaginare che mentre lascia scolpire le sue opere dai propri spiriti guida, componga mentalmente le meravigliose canzoni che popolano il suo ultimo lavoro musicale, “L'ulivo che canta”. Esco dalla sua bottega e dopo qualche giorno sono in macchina, a Milano, dove vivo da vent'anni con la Puglia nel cuore, con il Salento nell'anima e con Ostuni nel midollo del cervello, come direbbe Tonino, ancora una volta. Piove e sono immerso nel traffico metropolitano asfissiante postrientro vacanze. Ho lo stereo acceso e i versi delle sue poesie in musica mi raggiungono dritte al cuore e mi pervadono l'anima. Mentre ascolto “ lu frate in polizia” mi commuovo ascoltando il refrain del brano che sintetizza una condizione secolare delle nostre terre:”la colpa i de li patrun , ca s'accatten li chiu belli e li chiu forte de li uagnune”, storia di un giovane che si lamenta che suo fratello sia stato costretto ad arruolarsi in polizia col rischio di trovarselo di fronte durante uno sciopero e che sintetizza in modo mirabile il dramma di intere generazioni pugliesi di sempre di fronte al dilemma dello scegliere un posto sicuro, uno stipendio sicuro, che ti porta a difendere gli interessi dei ricchi e dei detentori del potere, quando le altre alternative sono mettersi al sevizio dei locali padrini politico-mafiosi o emigrare in cerca di fortuna persino all'estero. Mentre mi involo con la mia auto e i tergicristalli alla massima velocità sulle avenidas milanesi e fuori imperversa un classico temporale di fine estate, ascolto “L'acqua”, la traccia 7, un pezzo strabiliante in termini di registri musicali e di variazioni di temi testuali, con un racconto in versi che parte dalle tradizioni locali di un Sant'Oronzo portato in processione con una sardina in bocca perchè provasse il significato della sete delle nostre eternamente sitibonde terre e facesse piovere (con tutto il corredo di novene e candele) , fino al sarcastico disgusto che genera riso a profluvie , quando, cambiando registro, si passa alla “canzonatura” della pubblicità di una nota acqua minerale con corredo di uccellino e strafiga in posa. Fuori imperversa la battaglia per la vita, traffico caotico, semafori telecamerizzati, clacson che urlano concerti non richiesti, ombrelli sbrindellati, supermercati presi d'assalto da carrelli timidamente carichi sintomo di crisi, proprio mentre ascolto “trenda e trendune”, una dissacrante satira antiberlusconiana proprio in questa città tradita mortalmente dal miliardario-bauscia. Svolto a destra mentre fuori palazzi grigi e bigi come le anime morte delle persone che li popolano si contrappongono a parole che Tonino, magicamente, lancia dallo stereo e che al solo ascolto mi proiettano in una antica fiaba mediterranea, un mondo fatto di gazze, cornacchie, cavalle più o meno metaforiche, foglie di fico, pignate , palmenti , mummuli e rizzuli ( vere e proprie onomatopee), per non parlare dei tronchi d'ulivo scolpiti da un Dio che ce li ha lasciati come alberi del biblico pomo ,a noi uomini minuscoli Adamo , giusto per vedere se abbiamo capito che nel giardino dell'Eden mediterraneo sono intoccabili. Una volta a casa , dopo il lavoro, non vedo l'ora che sia domani, quando di mattina, in macchina, andando al lavoro, riascolterò per l'ennesima volta “fore a dde me”, andando ,per quel quarto d'ora che mi separa dal lavoro, in visibilio al solo apprendere che Tonino non si è ancora stancato di raccontare quell'ancestrale mondo contadino dove nonostante non ci fosse il Pibigas o il Permaflex si viveva in piena armonia con la vita e la natura .

sabato 11 agosto 2012

La pila delle mie immagini

Eccomi in macchina, faccio manovra, è agosto ho trovato posto per miracolo, dovrebbero essere tutti in ferie e io come tutti gli anni dovrei potermi godere gli spazi aperti lasciati dal traffico rado, dovrei potermi godere il fatto di trovare posto per il parcheggio facilmente. Invece la crisi morde e da queste parti nelle periferie dell'ovest milanese se la gente è in ferie le trascorre a casa dietro le tapparelle a guardarsi le olimpiadi di Londra a torso nudo su spalti immaginari costituiti da un bel divano in pelle sintetica che li sottopone persino ad una sauna, per cui al termine dell'estate saranno dimagriti come fossero andati veramente in vacanza, abbronzati dal sole dei lettini solari del solarium dentro la Auchan di Cesano Boscone. Accendo la videocamera a mi lascio andare a dei discorsi lasciandomi riprendere. E' una pratica che eseguo da qualche tempo, non per narcisismo ma per esercizio, l'esercizio della parola improvvisata sapendo che ogni termine di una farse può e deve essere decisivo ai fini della comunicazione, una sorta di film di me stesso che parlo, un esercizio necessario dal momento che inaugurando la mia guerra personale contro le mafie editoriali che pubblicano solo scrittori paganti o raccomandati abbiano talento o meno, devo perciò abituarmi a parlare in pubblico, presentare i miei libri su palchi dove riesco a farmi invitare o per strada e lo posso fare , causa scarsezza di tempo, dal momento che tutti i giorni fra lavoro, scrittura, pagamenti vari di bollette e multe oboli che paghi a comuni e altri enti grassatori altre mafie legalizzate, stavolta, ma non meno mafie, solo quando mi sposto in macchina, all'insegna dell'economizzare al massimo i tempi, per cui questo alla fine evidenzia più che altro che per scrivere del condannare uno stile di vita che porta milioni di persone alla morte sociale e all'assassinio dei loro pensieri non lo si può fare se non incorrendo nella stessa trappola che stai denunciando . Dopo un discorso free goodyear, come dico io nel mio linguaggio inglesizzato inventato che starebbe per “a ruota libera” davanti alla videocamera che mi riprende di profilo sullo sfondo di muri feriti da graffiti e uccisi da manifesti pubblicitari ed eutanasizzati da gente che attende l'autobus leggendo le stucchevoli frasi degli slogan pubblicitari dei suddetti manifesti, parcheggio la macchina e prendo la metro per Romolo. Nel treno incontro rispettivamente dei peruviani seduti gli uni a fianco agli altri intorno ad un tablet che ridono come deficienti guardando facebook, un anziano gay che legge Sua Santità, un libro contro il Vaticano , credo, e due gitani che , rispettivamente ancora , un uomo anziano con barba grigia che suona l'armonica e una ragazza sui trent'anni, somatico serbocroato e look mezzo conservatorio e mezzo clochard che suona il violino su basi musicali. In Duomo, sulle scale mobili che io salgo a due a due mentre dieci anni fa salivo solo quelle a piedi, resta comunque un'aspirazione al movimento, scorgo un giovane senegalese storpio che mi fa venire in mente le rivelazioni del Buddha il quale tenuto in casa chiuso fra le pareti dorate dal padre una volta fuggito dal giardino aureo incontra in sequenza un vecchio, un malato e un cadavere, restandone sconvolto tanto da dedicare la vita a sconfiggere il dolore attraverso la rinuncia alla brama ricavando invece io l'insegnamento opposto e cioè che avendo la fortuna di essere ancora tutto intero e sano agli occhi dei sani di corpo ma forse malati di spirito, beh, non devo perdere tempo con queste sciocchezze , dedicandomi invece a vivere la vita al massimo finchè si può e un pò di sano buddismo me lo tengo invece per le mie ambizioni letterarie dal momento che la letteratura mondiale non sarà più povera senza i miei libri, visto che è già indigente, cosa che dovrebbero pensare la maggior parte degli scrittori che ne fanno una malattia del non essere pubblicati. Una volta in Duomo le consuete scene di turisti per lo più made in Japan con ombrellini made in China fermi a farsi fotografare come spaventapasseri attirapiccioni con le mani piene di mangimi geneticamente modificati made in Monsanto, stato libero delle multinazionali pago- e- posso- fare- quello- che- voglio , un fachiro vestito da indiano made in campo Rom di Rozzano che sembra sospeso su un bastone e che tutti fotografano facendosi ingannare dal trucco più antico del mondo del sedile di metallo che parte dal braccio del bastone e finisce sotto le terga del soggetto, il Duomo sempre rivestito di impalcature sponsorizzate da gigantografie di ragazze in due pezzi che si spalmano Nivea e quant'altro guadagnandosi così, in quella posizione, l'indulgenza della mancanza di peccato, se l'esibizione del corpo è per il buon fine del restauro della chiesa , senegalesi a spasso con braccialetti di cotone in vendita ambulante prima vendevano libri adesso neanche più quelli, dovevano essere scansati come lebbrosi, come me al lavoro con la Repubblica in tasca, o come quando aprono il mio armadietto negli spogliatoi del lavoro per rubare e vendendo che ci sono dei libri passano oltre che chi legge è uno sfigato( dovrebbero sperimentare i libri come antifurto, ormai) . Entro in Feltrinelli e sfoglio qualche libro qua e là fra gli scaffali, la libreria è deserta, già saccheggiata di spazzatura di libri gialli , Fabio Volo, Baricco, tutta roba leggera che legge chi si può permettere di starsene sdraiato sotto l'ombrellone mentre chi non arriva a fine mese , la gente cioè per cui io scrivo, non conosce nemmeno lo starsene sotto l'ombra di un bel fiore ...Mi capita un libro di Wallace, Considera l'aragosta, lo apro e leggo velocemente, in poche righe si capisce subito il genio e anche si capisce dalla pila di libri che nessuno compra, si parla dell'aumento del numero di persone che negli states si autocastrano non riuscendo a dare sfogo alle proprie temperie ormonali e si propone come rimedio di diventare critici osservatori del festival del film porno dove si osservano quasi quattro cinquecento film porno da mane a sera per non so per quanti giorni ricavandone la scleoritzzazione dell'apparato ghiandolare( testuale), come rimedio per non autocastrarsi. Quest'uomo è un genio. Infatti si è suicidato. Doveva aver saputo che fra gli scrittori in giro c'è Fabio Volo, o Baricco, quando ha letto Brizzi, poi, ha premuto il grilletto . Torno in metro fino a Romolo. Scendo dalla metro e di lì a poco riprendo la macchina, eccomi ancora sfrecciare sul naviglio di Corsico, mentre conciono davanti alla mia videocamera e gli automobilisti intorno sono indecisi se io stia parlando con l'auricolare al cellulare o sia sbroccato del tutto. Probabilmente la seconda, ma la pila delle mie immagini per fortuna è ancora abbastanza alta.

lunedì 23 luglio 2012

I sogni finiscono dove incomincia la vita ( incontrando il fantasma di Bukowski in un bar)

Mi sedetti al bar. Era un bar di Corsico, poteva essere di Los Angeles o della Bovisa, i bar hanno sempre quel lezzo di morte che non vuole morire definitivamente ma che si crogiola in quello stato di vita apparente. Ordinai un caffè. Decaffeinato, dissi. Il barista che doveva essere un calabrese mi guardò torvo. Mi guardò come se fossi un malato. Per via del reflusso, capisce, dissi. Lui non disse niente. Lui il reflusso lo curava con una bella litrata di Cirò e se lo ricalava giù nello sciacquone dello stomaco. O almeno così mi parve di interpretare. Poi entrò Bukowski. Ma è lui o non è lui? Mah, a me sinceramente sembrava proprio lui, Charles Bukowski. Mi guardò. Il deca era pronto sul bancone. Ordinò una birra. Mi guardò di nuovo. Che c'è, gli chiesi. Lui mi guardò di nuovo. Hai detto qualcosa, chiese? Sì, dissi, ho detto che c'è. Lui chiese al barista, Eugenio, senti scusa, ma che ci sono i fantasmi in questo posto? Già è un bar di merda, ci mancano i fantasmi. Già, dissi io, ci mancano i fantasmi e poi sarebbe un bar di merda con i fantasmi. Bukowski mi guardò. La stoffa ce l'hai, disse, hai la battuta pronta, ma ti mancano gli attributi...naa, non ce la puoi fare. Tu vuoi diventare uno scrittore famoso, fare i soldi, vuoi i titoloni sui giornali, le copertine nelle edicole. No, dissi, nelle edicole no, non mi piacerebbe un mio libro a fianco a Mani di fata. Cos'è, Mani di fata, una rivista porno? Quasi, dissi io. Molla quell'acqua di rigovernatura, mi fece e disse al barista, una birra bella gelida per il mio amico. Non posso, ho il reflusso, dissi. No, amico, tu non c'hai il reflusso, è semplicemente che ne hai i coglioni pieni. Hai fatto il pieno. Odi tutti. Ma la colpa non è loro. La colpa è tua, gli hai concesso troppo di te stesso. Vedi io, sono stato un isolazionista, in un certo senso, non sapevo mentire, fingere. Se volevano i miei racconti era così se non li volevano era così lo stesso. Non hai capito il trucco. Più scrivi male della gente e più la gente ti adorerà. La gente è masochista. Gli piace essere insultata. Vedi Eugenio, per esempio, se gli dici che il suo è un bar di merda alla fine si affezionerà a te. Eugenio lo guardò e fece di sì con il capo. Visto? Disse Charles. Hai ragione, è proprio un bar di merda, dissi. Eugenio mi guardò male. Perchè con me non funziona? chiesi a Charles. Naa, non ce la puoi fare, non ci sai fare...bevi la birra dai. Bevvi la birra. Era gelida al punto giusto e la gustai a lungo, sorso dopo sorso. Buona , dissi. Charles sorrise e ne ordinò un altra. Cominciavo a capire. Non era la birra che era buona, era l'idea di starsene seduti ad un bar a berla che era geniale. Tutto il mondo circostante si sbatteva fra entrate e uscite, si ammazzava di lavoro, gli onesti, o si ammazzavano per cercare un metodo per non lavorare a spese di chi lavorava, i furbi. Ma alla fine se restavano tutti in pari era comunque una sconfitta. Anche chi fumava un lungo sigaro cubano con un bicchiere di rum in mano mentre controllava le sue azioni al computer era uno sconfitto. La moglie in quel momento stava concedendo le sue grazie ad un senegalese piuttosto prestante. Il risultato finale era che spesso il riccone azionista si incuriosiva a tal punto che telefonava alla moglie e gli chiedeva se quando aveva finito lei glielo mandasse da lui, il negro . Charles mi sorrise. Normalmente mi saresti antipatico, ma cominci a piacermi, bevine un'altra , dai e al culo i trigliceridi. Ne ordinai un'altra. La bevvi d'un fiato. Mi sentivo bene. I miei libri potevano attendere, le mie letture potevano attendere, il mio commercialista era un pezzo che attendava perchè non ne avevo uno. Al massimo potevo permettermi una donna che mi stirasse le camice. Ma volete mettere. Che cos'è un uomo senza camicie stirate? é un uomo gualcito, ecco cos'è. E a nessuno sarebbe importato se la sua anima fosse stata pura e linda come un giglio e se si accingesse a scrivere versi immortali da scolpire sul marmo. Volevano sapere se avevi soldi, se avevi il macchinone, se eri un capo di qualcosa, insomma uno che contava, un politico, uno dell'alta finanza, persino un boss mafioso poteva destare una certa ammirazione. Anche perchè spesso i ruoli si sovrapponevano e non si capiva dove iniziava il politico e finiva il boss, o dove iniziava il boss e finiva l'uomo dell'alta finanza e così via. Ma questo è normale, disse Bukowski. Mi leggeva nel pensiero, cavolo. Pensa solo a questo, disse :" tu lavori tutti i giorni, poi quando torni a casa stanco e depresso, apri il computer e scrivi. Fantastico. Se potessi farlo io tornerei indietro nel tempo e renderei tutto il successo, i soldi, le pubblicazioni e quant'altro. Me ne tornerei a lavorare nei mattatoi e nei magazzini e a giocare ai cavalli e scriverei con la macchina da scrivere di notte, ubriaco, così il verso verrebbe meglio, distorto al punto giusto, mentre i proprietari dell'appartamento e i vicini di casa farebbero a gara per potermi cacciare...sarei pieno di idee e le realizzerei su carta e allora si scriverei versi immortali, perchè l'arte è come un parto, la gioia della creazione viene dopo la sofferenza del dolore". Io lo guardai e bevvi un sorso dalla mia quarta birra. "Un'altra cosa", disse:" quante volte al giorno ridi di te stesso?". Un mucchio e una sporta, dissi io. E perchè? chiese. Perchè ho deciso di scrivere libri in un paese che non legge neanche le istruzioni della lavatrice, per questo gli idraulici fanno un mucchio di soldi, perchè nessuno legge più una mazza e questo fatto mi fa ridere . Hai la lavatrice? Chiese. No, dissi, porto la roba a quelle a gettone. Sorrise. Mi sentivo meglio. Ne bevvi un'altra. Mi rilassai. Presi un sigaro toscano dal taschino e me lo accesi. Eugenio non disse niente. Mi lasciò fare. Mi voltai per ringraziare l'anima di Bukowski. Grazie, feci. Ma se n'era andato. Guardai Eugenio. Lui mi guardò sempre in modo torvo. Non lo so, magari i calabresi sono nati sospettosi a furia di essere sospettati. Feci per alzarmi. Era il momento di levare le tende. Quant'è? Chiesi. Niente, ha pagato Chinaski. Stavo per uscire e mi sentii la testa rimbombare. Dovevo aver bevuto troppo. Era come il rumore di una sveglia. Poi qualcuno mi stava scuotendo. "Quando esci getta la spazzatura". Era mia moglie. Naa, dissi, oggi non vado a lavorare. Lei mi guardò:" c'è l'affitto da pagare". Beh, cos'è, dissi, non te lo scopi più il padrone di casa? Lei non disse niente. "C'è anche la spesa da fare", fece dopo un pò . Mi vestii, mi feci la barba e andai a lavorare. I sogni erano finiti era iniziata la vita.

giovedì 19 luglio 2012

La mamma dei Tafazzi è sempre in cinta

Oggi affronto un argomento particolare. In questi giorni ho sentito i miei colleghi di lavoro del centro commerciale che parlavano di parecchi casi di aborti spontanei o bimbi nati morti . Il fenomeno numericamente ha assunto una dimensione allarmante. Non bisogna aver paura di parlarne, di sviscerare e di individuare eventuali responsabilità. In questi ultimi mesi sarebbe come fare gli struzzi negarlo, la mole di lavoro è aumentata per tutti, in tutti gli ambiti, specie nel settore privato. Sotto la spinta della riforma del lavoro e sulla scia delle riforme già rese operative di Brunetta, ci si ritrova a lavorare in pochi maledetti e stanchi, spremuti come limoni, ad ognuno di noi è chiesto uno sforzo che, andando avanti negli anni, anzicchè affievolirsi e trasformarsi in un credito formativo da mettere a beneficio degli altri, dei nuovi appena entrati nel mondo del lavoro, si riduce ad una continua richiesta di spalmare orari e abitudini in funzione delle esigenze organizzative. In poche parole lo stress è altissimo. Ma se in passato c'erano delle leggi che tutelavano il lavoratore dipendente del settore privato conferendogli una dignità e un minimo di possibilità di difendersi dai ritmi ossessivi cui era sottoposto, negli ultimi anni come il pacman del famosi videogioco, il governo Berlusconi- non che Prodi ne sia stato immune-ha lentamente eroso ogni diritto alla difesa delle normali prerogative dei lavoratori. Per cui i medici si sono trovato costretti dalla legge ad evitare di concedere gravidanze anticipate o di essere di manica larga circa la concessione della malattia a colleghe che avevano gravidanze difficili o potenzialmente a rischio, costringendo queste colleghe a lavorare fino a poco prima di partorire. Io voglio qui denunciare l'uso dissennato di questa legislazione sul lavoro e la continua erosione delle prerogative di difesa anche economica del posto di lavoro, dal momento che parecchi nuovi contratti collettivi o sono stati disdetti o colpevolmente firmati dalla trimurti sindacale classica avallando provvedimenti che prevedono che la malattia oltre un certo numero di volte nell'anno non debba essere più pagata . Come sempre in queste faccende c'è chi si avvantaggia di questi aspetti e nell'ambito delle aziende commerciali ex sindacalisti si ritrovano a fare i dirigenti applicando con zelo i mutamenti legislativi da essi stessi approvati, come pure una buona parte di nullità esistenziali e umane si sono ritrovati ad avere stipendi aumentati a dismisura, inaudito questo aspetto in un periodo di crisi, in cambio di una particolare pervicacia nel perseguire lavoratori il cui rendimento non è ritenuto adeguato in base a parametri che si decidono di volta in volta a seconda della simpatia o meno dei soggetti in questione. Cari Monti e Napolitano e Marchionne, stranamente sulla stessa lunghezza d'onda( ma io non mi meraviglio), la vostra idea di società è senz'altro più utopistica e irrealizzabile di qualsiasi comunismo sia mai esistito, per cui, delle due l'una, o siete falliti come politici o siete in male fede: traetene le debite conseguenze. Ps: ci sono talvolta dei magistrati che lavorano indefessamente alla resurrezione di mummie e affini: leggi Berlusconi, e che ogni qualvolta che il nostro comico involontario nazionale si sta per inabissare lanciandosi in un ennesima pericolosa avventura destinata al fallimento, ecco, che come colombe chiamate dal desio, gli vengono in soccorso, facendogli recitare la parte della vittima e rialzandolo nei sondaggi più che nei suoi trigliceridi. La mamma di dei Tafazzi è sempre in cinta. Buona giornata e buona fortuna

lunedì 16 luglio 2012

Il boicottaggio di Henry Miller

Abito fra Milano e dintorni da più di vent'anni ed ho vissuto in una ventina di case in affitto prima di averne una mia. Beh, che volete l'onestà non ha scorciatoie, ho dovuto lavorare tutto questo tempo per avere ciò che i figli della classe dirigente di questo paese avevano già. Ma di questo non mi interessa molto. Mi interessa di più il fatto che tra un trasloco e l'altro siano andati persi o smarriti o mi siano stati rubati in qualche reunion alcuni dei miei libri preferiti. Giorni fa facendo una cernita fra i libri che ho attualmente in casa cercavo i libri di Henry Miller. Non me ne è rimasto nessuno. Mi sono sentito smarrito. Come posso sopportare il mondo senza un libro di Henry Miller, in altre parole come posso sedermi sul water senza leggere qualche passo de "Il tropico del cancro" o de "Il tropico del capricorno", posto che comunque quello, il water cioè, è il miglior luogo dove si possa leggere un buon libro e posto che quando i miei lettori mi comunicano che leggono i miei libri in bagno di sicuro mi sento orgoglioso. Non c'è miglior luogo per leggere un buon libro e, sotto questo aspetto, il grande Henry Miller, a sua volta , deve aver concepito i suoi capolavori autobiografici , graffianti e urticanti, il cui sarcasmo penetrante è stata un'arma potente quanto un enorme e devastante schiaffone a questa nostra cosiddetta civiltà dove, parafrasando De Andrè non si riesce a vivere senza che nell'ora dell'aperitivo non ci siano spargimenti di sangue o di detersivo,senz-altro in bagno . Non sarei più riuscito ad addormentarmi senza leggere qualche pagina di "Incubo ad aria condizionata" o di "Ricordati di ricordare" o de "Le arance di Hieronimus Bosch", testi questi ultimi già da tempo introvabili. Così l'altro giorno ho fatto un giro per librerie per ricomprarmi qualcuna di queste perle di saggezza. Alla Mondadori di via Marghera a Milano, sono andato a vedere alla "M" dei classici ma non ho trovato nessuno dei suoi libri. Da premettere che Miller ha scritto più di trecento libri ma che in italiano ne sono stati tradotti appena una decina. Ho chiesto alla ragazza delle info se ci fosse qualche libro di Miller. Lei con una certa sicumera mi ha detto di sì e si è mossa per mostrameli. Ma anche lei giunta alla "M" degli scaffali ha dovuto constatare che non ce n'era nemmeno uno. Strano, ha detto, controllo sul computer, sicuramente devono essere in ristampa. Fa un controllo e con viva sorpresa e costernazione mi dice: non sono in ristampa, sono solo acquistabili in internet. Incredibile, dice infine. La saluto e vado in Feltrinelli in Duomo. Stessa storia. Nemmeno un libro di Henry Miller. In compenso le sezioni dei libri di Fabio Volo, Baricco e di quell'altro oggetto misterioso della scrittura nazionale che risponde al nome di Brizzi, piene zeppe e ben fornite. La qual cosa poteva significare che i loro libri si fa fatica a venderli. La commessa della Feltrinelli mi dice invece che sono in ristampa. Ne è sicura? Dico. Sì, assolutamente, Miller è un classico ormai, impossibile che non venga più ristampato. La guardo e dico: quale editore che basa i suoi profitti su libri di autori che fanno i deejay o show in tv potrebbe mai vendere i libri di uno che come Miller li avrebbe smerdati nei suoi scritti? Lei mi ha guardato dapprima seria. Sembrava riflettere. Ma non ha commentato. Quella che lei chiama ristampa io la chiamo boicottaggio, ho detto, perchè Miller è stato uno degli scrittori che ha criticato più in profondità il sistema di vita americano che vuoi o non vuoi è all'origine di tutti i nostri guai e che , Obama o meno, propone un'ideologia del consumo a tutti i costi che presto ridurrà questo pianeta in macerie. Poi sono andato a casa dopo aver girato altre librerie fra cui la Mondadori di Corso Vittorio Emanuele e altre. Ma , niente. Nemmeno un libro di Henry Miller. In compenso era pieno dei libri di Camilleri che leggono sono i siciliani o tutti quelli che conoscono il termine gabbasisi. Una volta a casa nel rammaricarmi di non aver detto alle varie commesse incontrate che dovrebbero essere grate ad un genio come Henry Miller perchè persino il titolo di un suo libro ,"Incubo ad aria condizionata", ricorda il loro luogo di lavoro, ho telefonato a mia madre. E le ho chiesto se insieme alle scorte alimentari mensili, insieme all'olio extravergine di Ostuni , alle friselle di orzo, alla ricotta ascante e ai taralli al finocchio, mi poteva mandare qualche libro superstite di Henry Miller rimasto in giacenza nella libreria della mia casa avita. Mia madre non ha battuto ciglio. Ha dato un scorsa alla libreria e mi ha ritelefonato. Qui i libri di Miller ci sono tutti. Persino l'introvabile "Il tempo degli assassini", un saggio sulla vita di Rimbaud. Te li mando. Ok, le dico, mi raccomando, sigillali bene, non vorrei si rovinassero. Perchè? dice Lei. Potrei essere tentato dal ristamparli, non esiste un'epoca più povera di idee come questa e quei libri sono un ottimo antidoto. Se non altro ci ricordano quanto siamo idioti. E noi non ce lo ricordiamo mai abbastanza .( Ricordati di ricordare) di H. Miller.

lunedì 9 luglio 2012

Salento fuoco e fumo

Ho trascorso alcuni giorni di vacanza ad Ostuni e nella mia amata Puglia. Un giorno sono stato a Lecce ed ho visto in libreria un curioso libretto edito da Laterza, edizioni contromano( costo 12 euro), dal titolo “Salento fuoco e fumo”, uno scritto di Nando Popu, nome d'arte del leader del mitico gruppo di ragamuffin salentino Sud Sound System e che in realtà si chiama Fernando Blasi. L'ho letto in un paio d'ore perchè è di poco più di cento pagine. Racchiude un racconto scritto in un linguaggio esplicito caro ad una certa letteratura contemporanea, un po' da scrittore cannibale, ma molto efficace nel narrare le vicende umane dell'autore che parla delle origini del fenomeno musicale del ragamuffin ma soprattutto di storie del Salento intrecciando incantevoli descrizioni degli ulivi e di paesaggi salentini percorsi in lungo e in largo su strade sterrate in mountain bike inseguendo il sogno di creare una squadra sportiva e di portare alle competizioni quanti più giovani salentini per strapparli alle grinfie della Sacra Corona Unita e dei bar , con vicende umane di personaggi che gli hanno fornito una sorta di imprinting culturale, in particolare un suo zio giornalista precario e un suo amico esperto di pesca , costituendo le loro narrazioni la base per un'educazione culturale che ambisce al rispetto dell'uomo e della natura, molto spesso, in quei lidi salentini, violentata da loschi traffici costituiti da smaltimento abusivo di eternit in un mare che popola abitualmente le sghembe e allegre nuotate estive dei nostri bambini o da un aumento esponenziale di casi di tumore a causa dell'inquinante centrale a Carbone di Cerano o di qualche sansificio che diffonde nell'aria boccate di morte inalate da ignari cittadini inconsapevoli del pericolo . Sotto la regia di ambigue figure di politici locali apprendisti stregoni dell'affarismo tout court che dietro l'idea di fare soldi facili in spregio a qualsiasi regola morale o di rispetto per il ciclo naturale degli eventi biologici , celano il pensiero idiota di potersi ricomprare la natura che hanno sacrificato sull'altare dei propri sporchi traffici in un'altrove che resta sempre più risicato in un pianeta che vede assottigliarsi sempre più quei polmoni naturali che danno refrigerio ad un globo terracqueo oramai boccheggiante, la bella terra salentina, Caraibi d'Italia, che attraverso i propri genius loci alimentari costituiti da pezzetti, primitivo e qualche buona pianta di benefica maria fatta in casa e stagionata al sole delle terre leccesi , conservando quei profumi della macchia mediterranea unici al mondo che sono estasi olfattiva e polmonare , potrebbe vivere all'infinito e bene di questi propri beni qualitativi ricercati dai turisti di tutto il mondo, cade invece preda di queste logiche speculative che hanno nella cementificazione selvaggia delle coste la pietra angolare di sempre di una cultura che sembra non sapersi inventare nient'altro che spandere calcestruzzo sul proprio futuro suicidandosi. Queste ed altre tematiche sono espresse in questo bel racconto che meriterebbe a mio avviso di essere presentato ad Ostuni magari all'interno della rassegna un' Emozione Chiamata Libro, per gli argomenti trattati e anche perchè ci sembra giusto dare spazio a talenti autoctoni che non sfigurano per nulla di fronte a patinati scrittori di grido nazionale che non hanno mai messo né la propria penna ne' se stessi davanti ad una ruspa che espianta una duna.

domenica 24 giugno 2012

La pole position per il Quirinale

La pole position per il Quirinale Il governo Monti ha distrutto l'articolo 18, abbassato le pensioni, aumentato le tasse, che pagano i soliti gonzi perchè quelli che non le hanno mai pagate tanto sanno che non gli succederà niente, si è speso( scusate il verbo ma sembra un refuso per un governo allergico a tale verbo, tanto che lo usa inglesizzato, spending, non sia mai che non passi inosservato) per completare la Tav perchè a tutti costi si deve arrivare a Cuneo a tempo di record, ne va dell'economia piemontese, nonostante notoriamente non sia prodiga, basti vedere come la moglie di Fassino tiene a stecchetto il marito, ha acquistato dei cacciabombardieri per sparare alle quaglie, crediamo, visto che non c'è rimasto un filo d'erba in Afghanistan( se la saranno fumata tutta, beati loro) , manda in giro i suoi ministri a dire che chi si laurea a 28 anni è uno sfigato, che il posto fisso è monotono e che i figli degli italiani vogliono il posto vicino a mammà, quando nel nostro paese ce ne ne sono milioni che hanno dovuto lavorare per pagarsi gli studi, è c'è una tale caccia al posto fisso, questo è vero, che c'è stato in massa il rinnovo delle licenze di caccia, ( posto monotono? Detto da chi se n'è stato sempre seduto su una poltrona di pelle a scegliere fra il fare l'amministratore delegato , il direttore di banca o il ministro, grazie al ciufolo che era monotono il posto fisso) ; e da ultimo, non lo vada a dire, sempre soggetto il governo Monti, ai milioni di meridionali che per lavorare sotto casa sono finiti a migliaia di chilometri di distanza o addirittura all'estero, rischierebbe il linciaggio e non tanto mediatico. Nonostante tutto l'asse Monti-Napolitano regge. I corifei dei massmedia e della stampa li idolatrano, elogiano la loro eleganza british: di Monti elogiano come viene considerato all'estero, un coro di elogi per questa meraviglia della robotica che parla inglese e rassicura i mercati come un vigile urbano i venditori di pesche della Capitanata e di Napolitano per il suo patriottismo che lo ha portato a familiarizzare con Buffon, uno che fino all'altro ieri portava sulla maglietta il numero 88 a simboleggiare il numero delle lettere di Adolf Hitler . Stanno facendo il lavoro sporco, mettendoci la faccia, con la scusa del tecnicismo, per fare quello che non è riuscito a fare Berlusconi, il quale se la ghigna alla grande, pronto a uscirsene pulito da questo salasso istituzionale legalizzato che sta grecizzando un paese, che, valga per chi ha ancora uno straccio di lavoro, non arriva alla terza settimana senza scendere in rosso . Scalda i motori per il Quirinale . E mentre le soluzioni che appaiono all'orizzonte prevedono , tutt'al più, la sostituzione, udite udite, alla presidenza del consiglio di questo paese, di un comico naturaliter con un comico professional, leggi staffetta Grillo- Berlusconi, la cosiddetta sinistra che fa? Lancia il Sindaco di Firenze, ma non dalla finestra, lo lancia proprio in avanscoperta, come rottamatore di D'Alema e Veltroni, i quali, c'è da dire, mentre Renzi declamava i loro nomi da un palco per indicare che devono andarsene, avevano l'espressione corrucciata e lo sguardo rivolto a Fassino, come a dire, miiii, se la scappotta sempre, sguscia sempre via, è talmente invisibile che non si sono accorti che fa il deputato da quando Renzi era ancora uno spermatozoo .

mercoledì 20 giugno 2012

La solitudine del fumatore di sigaro

La solitudine del fumatore di sigaro... Alla finestra della mia stanza d'infanzia della mia casa avita di cui Dio osserva la lucina che proviene dall'interno dal suo personale google maps, fumo un sigaro toscano. Fuori, giù di sotto, sono al terzo piano, c'è un aiuola mediterranea le cui fronde ondeggiano nel vento di tramontana al buio .La brace del sigaro fa il suo sporco lavoro di morte che nonostante tutto genera idee. Le nuvolette di fumo sono fantasmi. La cenere incandescente cade nel vuoto nel buio nel silenzio di una tranquilla notte mediterranea accarezzata dal vento . Sono lapilli del vulcano che è in me . La lava dei pensieri comincia a montare . Il momento adatto per pensare a Dio . Esiste ma non ha piani per noi, ci guarda come un entomologo guarderebbe delle formiche e neanche tanto furbe . In altre parole ci credo ma non ho fede ... tragico destino degli uomini liberi. Mio padre entra nella stanza mentre sono alla finestra a gustarmi, boccata per boccata il mio toscano. Mi volto, lui mi saluta e dice:" Le due partite decisive per la salvezza del Lecce sono sullo zero a zero. Due zero a zero squallidi e ipocriti . Così il Lecce se ne va diritto in serie b". Poi andando via, prima di richiudersi dietro la porta e con essa rinchiudere il mondo che gli è rimasto delle cose in cui credere, e cioè nel Lecce e in suo figlio, prorompe in una delle sue frasi emblematiche che gli vengono fuori di getto quando hai l'età della saggezza, i capelli bianchi e sai che tutto quello in cui hai creduto è stato divorato dalla storia e che alla fine vincono sempre gli stessi, quelli che Dio o non Dio, per intanto fanno loro il bello e cattivo tempo sulla terra:" eh, caro Danilo, l'argent fait la guerre " . Ho quasi finito il sigaro e lo lascio cadere dal terzo piano, un mozzicone ancora acceso con brace viva . Lo sento frangersi sull'asfalto rabberciato non ancora elettorale come un corpo senza vita che ho visto una volta nel pozzo di luce dalla finestra della mia casa a Corsico. E mi dispiace un pò , per il sigaro , avesse un'anima anche lui? In tal caso gleil'ho rubata,me ne sono nutrito, improvvisato vampiro che lo ha usato per richiamare vecchi e nuovi pensieri addormentati nelle profondità oceaniche della mia mente...

domenica 17 giugno 2012

Vocals Comunications e Bacharach, di Raffaele Cavallari, recensione

Raffaele Cavallari,cantante milanese di sangue salentino ha una voce che è un mix di calda passione e ofidica ammiccante distorsione saracena. Mi sono capitati in mano due dischi autoprodotti, il primo Vocal Comunications è composto da 13 brani di cui il primo "Parole" costituisce una chicca imperdibile, con il testo di Raffaele che esplora tutte le possibilità semantiche, verbali e contestuali del termine "parole" lasciandosi guidare dal sottofondo musicale di Erik Satie, intravvedendosi in questa scelta un ambito esplorativo nelle selezioni dei brani musicali praticamente universale. Il disco è caratterizzato da reinterpretazioni di brani famosi di musicisti orchestrali e pianisti che testimoniano una ricerca la cui lettura delle biografie di questi autori stessi, da parte mia, sorprende per la varietà e la vastità delle conoscenze musicali dei generi più disparati. La voce di Raffaele Cavallari reinterpreta questi brani con un timbro decisamente più angelico di un Mario Biondi accompagnato dalla dotazione di un'estensione vocale incredibile . Musiche orchestrali o da pianoforte contraddistinguono la ricerca musicale di questo disco veramente godibile . Ho assistito a diverse esibizioni musicali dal vivo di Raffaele Cavallari e devo dire che queste tracce registrate lasciano intatte le impressioni sul timbro vocale che "live" è certamente più nitido all'ascolto . Raffaele Cavallari si è esibito nei locali di Milano e come tutti gli artisti puri non ne fa una malattia di non aver sfondato sul terreno del successo commerciale . Intanto lui è in cammino con la sua ricerca musicale e le sue reinterpretazioni che , riascoltate, sono dei veri e propri brani che si presentano come nuovi, come reinventati, con quel suo timbro vocale unico, come di chi ha trovato una propria voce senza scopiazzare altri famosi o rifacendosi a loro. E ciò è sintomo di personalità. La traccia 7 Libertango cantata su un sottofondo musicale di Astor Piazzaolla è semplicemente fantastica, da pelle d'oca. La pronuncia inglese ,in tutto il cd, è perfetta, anzi presenta quel calore timbrico che la lingua anglosassone iperpura di per se'non possiede. Il brano 10, Sweet Dreams di Annie Lennox è riarrangiato in modo magistrale, da brividi. Il secondo cd si intitola invece Bacharach, ed è, superfluo dirlo dedicato a delle interpretazioni di famosi brani musicali di Burt Bacharach, originale compositore statunitensa di origine teutonico-ebraica . Riascoltando la traccia 2, (They long to be)close to you, mi sono commosso, un pò per la notorietà del brano ma anche per come viene interpretato. Mitico il brano 5, What the world needs now is love, veramente ben cantato, con voce vellutata , delicate e lieve ,trapuntata di quando in quando con le giuste accelerazioni timbriche. La traccia 7 fa semplicemente sognare: That's what friends are for, veramente ben eseguita, pulita e profonda, con le estensioni controllate di giusto. In definitiva, vorrei dire, io sono un tipo di persona che quando si avvicina ad uno scaffale di libri in una libreria, prima di acquistarne uno, lo apro, ne leggo alcune parti e , a prescindere o meno della notorietà di chi l'ha scritto, lo acquisto. Anzi molto spesso gli scrittori più famosi sono i peggiori, perchè si sono messi a scrivere per il pubblico e alla fine sono diventati il pubblico. E per la musica è lo stesso, vi sono dei talenti nascosti che a causa di un mondo, quello editoriale dei dischi, gestito con criteri mafiosi e clientelari, come tutto del resto nel nostro paese che non cambia mai, che per questo tipo di perverse dinamiche sono destinati a restare tali, privando l'umanità tutta di forme di bellezza che renderebbero la vita più sopportabile. Per questo con piacere e con sincerità presto la mia tastiera al commento di opere e artisti che vale la pena di segnalare.

sabato 16 giugno 2012

Giusto il tempo di annegare in una pinta di birra(Brave)

Nella mia casa avita per una settimana... me ne sto nella mia cameretta dell'infanzia da me affettuosamente ribattezzata La Stanza del Morto perchè da quando sono migrato a Milano mia madre ha lasciato intatta come vent'anni fa quando presi un treno a cui fusi le ruote metalliche come Bolivar bruciò le navi per non tornare indietro obbligandosi a liberare il continente sudamericano. Io invece ho viaggiato non tanto in cerca di lavoro ma in cerca di me stesso e la liberazione a cui volevo giungere era quella mia personale, se è vero come è vero che se non puoi liberare il mondo puoi almeno cercare di liberare te stesso. Ad un certo punto mi alzo dal letto in cui sono sdraiato in questo pomeriggio di folle maltempo di mezza stagione e rovisto fra vecchie cassette per lo stereo che ancora hanno l'ardire di di svolgere il loro benefico lavoro di lasciarsi ascoltare volentieri. Nel mucchio pesco "Brave" , una cassetta registrata da un disco in vinile dei Marillion che mi aveva registrato e data in dono il mio fraterno amico TYBA con cui ho trascorso gran parte dell'infanzia mediterranea in quel di Ostuni in un altosalento surreale tutto muri a secco, ulivi secolari e ginocchia sbucciate sui mille campetti di calcio improvvisati un pò dovunque in quelle lande. Come una madelaine uditiva, le note di Brave mi raggiungono mentre me ne sto raggomitolato sul letto e mi rimandano immagini di un tempo lontano più di vent'anni, quando in un vecchio scaracchiante walkman ascoltai questa cassetta su un vecchio autobus che da Londra mi stava portando ad Edimburgo. Ero stato da poco mollato da una ragazza, una mora androgina dal capello corto e dalla pelle ambrata di natura come certe ragazze salentine che mostrano chiaramente i segni genetici di passate razzie costiere saracene. Ci eravamo lasciati in quel di Londra dove eravamo andati insieme in cerca di qualcosa, lei in cerca di una rivincita col mondo che sembrava non averle elargito i giusti riconoscimenti economico-sociali, io in cerca di qualcosa di indefinito, di me stesso forse o di vedere che effetto facevo ad un mondo sconosciuto o viceversa . Fatto sta che di fronte al duro confrontarsi con il vivere quotidiano del doversi procacciare da vivere in una megalopoli come quella londinese , specimen del pianeta in scala ridotta, con i suoi quartieri arabi o ebraici o italiani e l'eterno naso arricciato a disprezzo del londinese medio allorchè sentiva pronunciare dalla tua bocca quell'inglese appreso sui libri che pareva a loro una specie di sforzo immenso che facevano due down nel voler comunicare con il mondo dei cosiddetti normali, l'amore, quella specie di sessualità animale che ci aveva accompagnato per qualche mese, aveva incominciato a incrinarsi e a frangersi contro gli scogli dell'esistere quotidiano fatto di conti da pagare . Io dico la mia senza contraddittorio, che volete sto sforzandomi di scrivere mi tengo il diritto di avere ragione, quando si ama l'involucro della società o la divisa costosa che dovrebbe farti trattare con rispetto, abiti firmati, lavori di prestigio, gioielli addosso da mostrare al ritorno nei territori natii come trofei di una conquistata stabilità sociale da sfoggiare come un goffo apparato cattura-invidia, molto più del piacere di condividere con qualcuno una ricerca interiore di coppia, persino il sesso vissuto da me sino a quel momento come totale perdimento dell'uno nell'altra, viceversa diviene un surrogato di cui si può fare volentieri a meno. Credetemi puoi essere Rocco Siffredi o Trentalance, per certe donne non è una questione di misure o di come lo sai usare, diventa un succedaneo quasi routinario al termine dell'eccitazione vera che deve essere costituita da ricevimenti, proprietà, ville con piscina, orologi d'oro, vestiti firmati, che divengono una sorta di prolungamento fallico metaforico, per alcune donne, s'intende, le quali, a quel punto, proprio del sesso, finiscono per farne a meno . O al massimo si concedono qualche scappatella con qualcuno di cui hanno il pieno dominio psicologico e a quel punto non si capisce più chi penetra chi e cosa . Era stato così che in bel giorno di questa esperienza londinese, nel nostro flat affittato ad un curdo di chiare origini liguri, tanto si faceva pagare persino un refolo d'aria agitante un rotolo di carta igienica di scarsa morbidezza in un bagno come di Calcutta nel centro di Londra, con la tv accesa sulla BBC, mentre si faceva l'amore, Ramona , la chiamerò così l'aspirante mantide religiosa, nel bel mezzo della cosa, si ferma e mi fa:" miii, è morto Spadolini", mentre guarda lo schermo piatto della tv come è piatta la sua libido del momento, così, con la stessa partecipazione a quel che stava facendo di un elettricista con un filo collegato all'alta tensione in mano di fronte al mare . Così io mi ero alzato, avevo fatto il bagaglio, e nonostante le sue suppliche e i suoi appelli al senso "pratico" di restare comunque insieme fino al ritorno in patria, in quattro e quattr'otto mi ero volatilizzato dietro la porta malferma del flat in questione con il nonostante tutto vaffanculo in mente che data la rabbia enorme non ero stato in grado di vomitarle addosso sul momento . E ora eccomi su quest'autobus diretto a Edimburgo, con i risparmi di un paio di settimane da cameriere in un ristorante palermitano licenziato perchè non sapevo portare tre piatti per volta e da pubblic relation man di un ristorante messicano, incarico da cui ero stato rimosso perchè invece di distribuire volantini pubblicitari ai turisti alla fermata della tube riciclavo i biglietti inutilizzati della metropolitana per rivenderli ad altri utenti. La musica malinconica e struggente dei Marillion sentivo che mi faceva bene, leniva le mie ferite sentimentali. Fuori dall'autobus un deserto di cespugli bassi colorati di viola e azzurrino ingentilivano un tramonto pastellato di colori tenui e lievi come il mio amore scritto sulla sabbia del bagnasciuga cancellato da un'onda. Sono seduto vicino ad un ragazzo molto magro, biondo, che inforca un paio di occhiali da sole e una felpa bianca. Dopo un pò con in mio inglese rudimentale molto the cat is on the table, diventato nel frattempo beffardo ritornello di un famoso brano di discomusic, attacco bottone. Gli rivolgo la parole. Si chiama Oleg, è russo, è in viaggio per l'Europa e anche lui è stato un paio di settimane a Londra. Con i soldi che aveva fatto con vari lavoretti da factotum, aveva deciso di viaggiare in Scozia. Da quello che aveva visto fino a quel momento del paesaggio, era contento . Gli piacevano quei colori decisi e al tempo stesso tenui, perchè non gli davano fastidio agli occhi. Occhi da lupo artico poco abituato ai colori sud del mondo . In seguito, anni dopo, giudicai la Scozia come una specie di Irlanda incorporata al continente britannico. A Edimburgo, con Oleg, prendiamo una stanza insieme in un bed & breackfast. Decidiamo ognuno per proprio conto di fare un giro per la città e di darci convegno in centro, a sera. In un pub da lui indiviuduato sulle nostre guide turistiche tascabili. Io prendo un autobus di quelli cabriolet e faccio unn giro turistico, tour classico della città, non ho molto tempo, circa due giorni, poi i soldi finiranno . La guida che parla al centro dell'autobus, mentre il sole capolina fra uno scroscio e l'altro, racconta le origine storiche dei vari edifici e del castello dove sarebbero custoditi i gioielli di Maria Stuarda, che , a suo parere devono essere assolutamente visti . Io non so come mi viene, così, senza conoscere un inglese dignitoso riesco a formulare una domanda:"perchè non li vendono, quei gioielli, e non danno lavoro ai disoccupati?" . Gli altri passeggeri che devono essere di provenienza esteuropera, si voltano tutti e mi guardano. Sono seri. O non hanno capito la domanda o non approvano. La guida mi spiega che sono un simbolo e che non si può vendere un simbolo. Mi chiede di dove sono. Italian. dico io. Mi osserva sorridendo e dice:"vorreste voi italiani vendere il colosseo per risolvere il problema della disoccupazione?". Ho un idea migliore, dico , ci metterei dentro i politici e i disoccupati, mi sembra democratico no? Si voltano tutti e ridono a crepapelle. Anche la guida ride. A sera, stanco di castelli e uomini in kilt che suonano le cornamuse ( non ci sono le cornamuse ma io le sento), cammino nei pressi di un ponte. E' un enorme ponte metallico sul mare. Non ne ricordo il nome. Con il walkmen inforcato, in quel momento parte Brave, il pezzo che dà il nome al disco. Piove e io sono senza ombrello, siamo in agosto e quindi è tollerabile, non mi importa più molto di come mi andranno le cose. Cerco di godere masochisticamente della struggente mancanza di Ramona. Razionalmente lo sapevo che non mi avrebbe portato a nulla la storia con lei, ma al fatto compiuto non si fa mai abbastanza l'abitudine. Piove, pioviggina, neanche sento le gocce che si posano sul mio giubbotto verde militare, ho icapelli lunghi, le basette lunge da Beatles, alla londinese, sono magro per per le troppe ore di lavoro e le poche di sonno e a quel punto , nelle mie orecchie, entra Brave, un pezzo che esordisce con delle cornamuse ideale colonna sonora delle immagini di me stesso nel videoclip della mia vita. Il ponte è lì di fronte, immenso, sospeso nel vuoto, "lei cercherà finchè non avrà trovato un modo per prendere i giorni", dice la canzone, " così ha cercato a modo suo per trovare il cuore", parla di una ragazza che si toglie la vita per amore. Guardo il ponte, c'è qualcuno lì sopra e forse vuole buttarsi di sotto. E poco dopo lo fa. Urlo e mi sfilo la cuffia del walkman. E' incredibile, mi sembra un dejavu o un video della canzone che stavo ascoltando. Ci saranno centinaia di metri prima dell'impatto con il mare, con l'acqua. Sono sconvolto, non lo posso accettare. Incontro un policeman a cui cerco di raccontare l'accaduto. Lui per tutta risposta odora il mio alito. Quando capisce che non ho bevuto controlla i miei documenti e poi mi manda via. Io gli urlo, dovete andare a controllare, lo potete salvare. Lui dice che il mio inglese fa schifo, di andare via. Mi viene da piangere. Ho ventisei anni, mi sono appena laureato, sto viaggiando in cerca di me stesso, mi ha appena mollato una donna. Mi rimetto la cuffia e riascolto Brave. Piove sulla mia giacca a vento verde militare, le lacrime mi bagnano il viso, cammino per Edimburgo, qualcuno è appena morto,le cornamuse suonano , i pub sono aperti...giusto il tempo di annegare in una pinta di birra...