domenica 5 dicembre 2010

Racconto 3


Jogging



Dentro casa fa caldo termosifoni al massimo fuori freddo becco, metto la tuta imposto l'mp3 su radio deejay , c'è Albertino che fa Fifty Songs e intercala con voci preregistrate di tipiche teenagers milanesi con i loro “veramenteeeee” con inflessione molto corso Buenos Aires sabato pomeriggio nel passeggio sui marciapiedi pieni zeppi di nipponiche gravide di sacchetti firmati, arabi sigaretta impanata in bocca e odori acri da lavapiatti, metto la tuta i guanti e il cappellino di lana ed esco. Passo accanto a villette recintate che ospitano cani che abbaiano al mio passaggio di alieno, vecchi proprietari sull'uscio fumano una sigaretta e mi guardano costernati, imbocco la curva e comincio a correre , ma di giustezza, un passo via l'altro, con la musica sparata a palla nelle orecchie che mi isola dal traffico automobilistico del sabato mattina, di chi è stressato perchè deve fare tutto ciò che non è riuscito a fare during the week, perchè non in possesso di sufficiente tempo liberato dal lavoro, poi un'altra curva e passo in un budello verde che si apre in mezzo a palazzoni , foglie secche e umide giacciono sul sentiero e ammortizzano la mia schiena insicura per un' ernia di dieci anni fa non operata e rinsecchita, ma sempre lì, pronta a mordere, come un continuo richiamo che sembra inspiegabilmente attivarsi tutte le volte che penso qualcosa di negativo su qualcuno, ernia del disco, penso, sarai mica un inserto del Budda? Intorno canali irrigui con passaggio di folaghe e gallinelle e ratti e nutrie e stanchi vecchi che passeggiano in mezzo alle foglie gialle e agli alberi scheletriti che fanno da sentinelle ai bordi , disarmati e sconfitti, in rotta, a difesa di un mondo che scompare sotto i colpi della cementificazione. Sbuco in una strada di Buccinasco dove condomini silenziosi e immensi circondati da giardini di plastica fanno da cornice al ritmo percussivo dei miei passi, mentre il cielo turchese con un sole latitante da tempo favoriscono un inizio di sudorazione che mi comincia a buttare fuori un kebab di felafel e la birra corona con tutti i suoi coloranti e222 eccetera della notte precedente, e mentre corro penso che non ho mai tempo per chiamare gli amici o mia madre e mio padre o mio fratello o fidanzate che resistono abbarbicate a me come cozze patelle sullo scoglio della loro vita, mentre nel frattempo ascolto le canzoni più ascoltate in radio restandomi impressa una che ripete all'infinito il nome di Barbara Streisand con una pronuncia yankee che lo rende musicale e figo, il fiato esce come il fumo di sigarette senza filtro che fanno da base a canne fumate di nascosto e con la voluttà veloce del proibito, rondini inesistenti mi danno il benvenuto annunciando una primavera finta come boccate al vapore acqueo di una sigaretta elettronica fumata nel vagone di un treno a lunga percorrenza in perenne ritardo, la fontana della rotonda in fondo alla strada è spenta e l'acqua resta nelle sue tubature senza chiedersi se a gestirla sarà un magnate idrocefalo che la renderà preziosa come l'uranio. Attraverso un giardino pieno di panche di pietra e alberi spogli dell'inverno dove di solito di notte ragazzi minimalisti fumano canne massimaliste in omaggio ad una rivoluzione che non faranno mai, i piccioni beccano bacche invisibili standosene appollaiati sui rami di alberelli piegati dal freddo. Quattro querce sempreverdi mi abbracciano mentre io passo sotto le loro fronde incontrando ragazze timorate di Dio che pascolano cani che hanno facce di politici corrotti, e dieci oche guardiane mi sbarrano il passo costringendomi ad un tautologico giro dell'oca , permettendomi di fare la volata lungo il muro di un cimitero , cambio mano alle chiavi di casa che porto sempre con me e mi segno con la croce in omaggio ai miei avi sepolti nei cimiteri subtropicali del Salento, e ogni volta mi chiedo se l'anima esista davvero e se una volta morti incontreremo ancora chi ci ha lasciato per primo o se Dio ci lascerà attraversare i mondi delle trasparenze alla ricerca di domande che non siamo riusciti mai a fare a chi non c'è più, e infine, quasi sempre, decido che devo ammortizzare i passi e conformarli al terreno accidentato che sto per affrontare. Mi insinuo in un percorso verde che mi porta a passare sotto un ponte che ospita il traffico automobilistico della tangenziale, che, violento e inarrestabile come uno tsunami di vetrometallo, vomita sull'asfalto drenante la sua teoria di mezzi meccanici guidati da mezzi uomini o uomini interrotti in questo sabato pomeriggio in cui non si riuscirà a fare tutto quello che non si è riusciti a fare negli altri giorni della settimana , centuplicando la frustrazione. Passo nei pressi di una chiesetta e ho Rihanna in cuffia, la barbadiana mulatta che vende musica mostrando il culo, sulla sinistra ci sono due nicchie che ospitano statue di madonne per il momento esangui, e sul lato opposto, alcune cascine inalberano bandiere della Lega Nord, mentre vecchie signore affacciate alle finestre gridano da lontano , in una coazione a ripetersi all'infinito, il lamento di una vita che non è stata vissuta imputandolo a neri africani che raccolgono pomodori vicino a baracche fatiscenti che diventeranno le loro tombe, mi segno ancora con la croce perchè come dice mio padre non bisogna credere ma bisogna pensarci, e mi involo così lungo una strada asfaltata che fa da rettifilo nei pressi di una stazione di servizio con lavaggio automatico e vicino alla quale mi fermo per allacciarmi le scarpe. Giovani fumano in fila in attesa del proprio turno e altri meno giovani che ce l'hanno fatta ad alzarsi prima indugiano con schiume , pompe e pelli di renna spelacchiate sottratte alle mute di immaginari Babbi Natale, trattando le loro macchine meglio delle proprie scontate mogli piene di rughe , bigodini e olezzanti di strutto. Riprendo a correre e mi involo sul rettifilo di cui prima, lungo il limine sinistro della strada, mentre passano a velocità supersoniche utilitarie gravide di singoli uomini inutili , e mentre cornacchie grigie gracchiano in volo riscuotendo la mia ammirazione per il loro multitasking. Sul bordo strada una croce di marmo con una foto al centro testimonia di una giovane vita stroncata in quel punto, sullo sfondo della tangenziale che manda un costante rumore di sottofondo come una folla da stadio di calcio che celebra più che un gol o uno scudetto la retrocessione del genere umano. Mi viene in mente che una mia amica di vecchia data vedendomi dopo molto tempo con i capelli grigi mi ha chiesto cosa mi fosse capitato e io non ho saputo fare meglio che rispondere che a Milano nevica, e aumento l'andatura in vista di un pioppo spoglio che nonostante la sua nudità non mi eccita per nulla. A tre quarti di percorso, per equazione matematica, dovrei aver abbattuto almeno una tre quarti Moretti , penso, e faccio per involarmi verso la fine dell'allenamento, senza però rilassarmi all'idea che dopo berrò acqua a fiumi come un assetato disperso nel deserto afgano teletrasportato da dio davanti alla fonte di una qualsiasi acqua minerale, ingannando la propriocettività dei muscoli, per non sentire la fatica, perchè se pensi che correrai tutto il giorno, allora il cervello immagina che quell'ora sarà solo un antipasto e ti consente di completarla in surplace, inganni della mente, esperimenti dettati dalla curiosità dello scienziato che non sono mai stato ufficialmente...Torno indietro e faccio un tratto che d'estate ho battezzato col nome di “valle di lacrime”, perchè di solito in quel punto sento il massimo dello sforzo e perchè mi viene sempre in mente Tex Willer e quel suo motto burbero che cita sempre quando vuol definire un mondo che si crede bastante a se stesso , e superatolo ripasso davanti alle madonne che una volta tanto non mi scappano, e filo via in progressione specchiandomi nei vetri della porta di un bar che non esiste più per cessata attività di un proprietario che passa il tempo a pascolare i suoi segugi tra gli sterpi residui di granturco dei campi limitrofi. Le cuffie e Albertino coprono con la loro leggerezza l'inquinamento acustico di quel minuto in cui milioni di macchine mi passano in testa con la stessa velocità con cui l'idea della loro esistenza uscirà dalla mia testa, mentre sono sotto il ponte e schivo una bicicletta con sopra un vecchio che guidava senza mani pur non avendo mai rubato nulla in Iran. Ancora un duecento metri e riattraverso il parco , poi il rettilineo finale sulle foglie secche, cercando si non scivolare, con pensieri senza pensieri, perchè non sono costretto a farlo, esistono già , devo solo lanciare la rete e catturarli, ma con calma, passo dopo passo, secondo il mantra di un guru dell'ultramaratona non ancora conosciuto che dice di partire piano e poi rallentare, che questo è il segreto per arrivare sempre. Una volta che mi sono fermato ansimo come un bisonte sopravvissuto ai cacciatori bianchi che lo volevano uccidere per posa, e non per bisogno, e al passo veloce, cerco di riabituare il cuore per gradi al battito normale, bradicardico battito bradipico del me stesso normale e calmo modello yogi indiano. Più avanti una staccionata mi aiuta a fare un po' di stretching, come un vecchio santone appena uscito da una meditazione seduto che gli abbia anchilosato gli arti o come un gatto che si rilassa mentre guarda il suo padroncino stressarsi per non arrivare tardi al lavoro. E mentre torno verso casa mi accorgo che ho già fatto tutto questo milioni di anni fa, solo che non c'erano macchine, gli alberi erano rigogliosi, i palazzi invisibili, il mio Dio era una cascata davanti alla quale facevo il gesto dell'acqua che cade, l'anima era immortale e riposava nei ricordi di chi restava e si prendeva tutto il tempo per curarli, la musica erano i versi degli animali e il premio per la mia corsa era qualcosa di caldo da mettere sotto i denti. Allora lo chiamavamo vivere, oggi lo chiamiamo jogging.



Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 1 dicembre 2010

Ciao Mario



Stimati lettori eccomi ancora qui ad aggiornare pigramente il mio blog. Raccolgo qualche immagine qua e là nei tg, rai news in testa, che parlano della morte di Mario Monicelli, un grande uomo d'arte e un grande uomo. Con "Amici Miei" ha riassunto in modo mirabile la rivolta goliardica alla congiura della seriosità del potere della generazione di mio padre. E il suo ultimo gesto del togliersi la vita conferma la grande libertà buddista di cui era intriso, non credendosi indispensabile o fondamentale, palesando la propria modestia da burbero benefico nell'epoca di una generazione che si crede immortale perchè crede di potersi comprare anche la sopravvivenza senza termine.

Poi le immagini di una manifestazione degli edili che chiedono al governo di rilanciare l'economia intervenendo a favore dell'edilizia. Che dire, si può anche cambiare mestiere, non è indispensabile costruire a tutti costi. Si possono anche costruire biciclette o auto elettriche. Non sono un politico che come un gondoliere deve essere esperto nell'arte del beccheggio che se parla bene degli edili deve stare attento a non parlarne troppo bene per non perdere il voto degli ambientalisti. Io sono il dio di me stesso e il popolo di me stesso. E se voglio rispettare il dio di me stesso ed il popolo di me stesso, devo sempre dire quello che penso. Con ogni mezzo necessario e ad ogni costo. Non vorrete mica che inizi a mentire a quarantacinque anni? Gli edili hanno deturpato il pianeta infischiandosene di costruire secondo le regole del rispetto della natura. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: inquinamento, loculi che rendono la gente infelice, inondazioni, deturpamento delle coste. Potete cambiare mestiere, per quanto mi riguarda. Soprattutto il tizio intervistato, un palazzinaro col caschetto giallo in testa lindo e immacolato indossato per l'occasione modello "presidente operaio".


Studenti che manifestano, occupano, bloccano, beh, si certo, un buon segno, se in un paese non protestassero gli studenti, sarebbe un paese anormale. Una democrazia incompiuta. Sto forse parlando dell'Italia?

Yes! A Milano nevica ma la neve non resta. E' il simbolo dell'opposizione in Italia. C'è, ma non si nota.

La Clinton chiede scusa a Berlusconi per le rivelazioni di Wikileaks. E il Berlusca si gode il momento, godi fanciullo mio stato soave stagion lieta è codesta.

Assange , il capo di Wikileaks, è ricercato dall'interpol. E questo la dice lunga su cosa accade a chi si mette contro il potere. Ha detto che vuole un capitalismo etico, mica la rivoluzione. Solo che chi se ne intende riuesce a capire che è la stessa cosa. Come può essere etico il capitalismo? Capitalismo etico è un ossimoro. E' la stessa cosa di comunismo democratico.


Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 24 novembre 2010

L'unicorno




Oggi un'ora di corsa, sotto un sole irreale, tanto è nitido, ma con un freddo polare. E non è ancora finita, dicono. E' solo l'inizio. Farà ancora più freddo. Poi ho lavorato ai miei libri. A proposito "una faccia una razza" sarà presente nello stand della Kimerik a Milano all'interno di una fiera libraria (ecco il link http://www.unlibroamilano.it/Dove_siamo.php ). Ringrazio pubblicamente il mio editore, per questo.

Riguardo alle ultime vicende di attualità, non dirò molto. Dico solo che trovo scandaloso che in Italia si raccolgano firme contro Roberto Saviano, un uomo che tutto il mondo ammira per il suo coraggio e che è il nostro Sulman Rushdie. Che posso aggiungere, la maggior parte degli italiani non hanno il senso dello stato....in cui sono, direi. Ma io sto diventando malvagio, si sa. L'ultima barzelletta dei leghisti è che non si può dire che al nord ci sia la mafia. Beh, io abito a Corsico e vi assicuro che c'è. Prima abitavo a Baggio, quartiere di Milano ovest e quando giocava la Reggina tutti bar della zona erano imbadierati fin nei cessi con chiave a richiesta sempre negata..."se ci scappa di cacari la facissi na sua casa". Su Berlusconi dico solo che non odio Berlusconi in sè ma Berlusconi in me. E scusate se è poco. Adesso fa il freddo con la Carfagna, forse perchè magari alla ministra le è cresciuto qualche neurone.


Ho deciso. Diventerò uno scrittore come Miller, pubblicherò i miei libri con il miglior offerente e poi li presenterò e venderò io, in ogni modo e , parafrasando Malcom X, con ogni mezzo necessario. Tanto la grande editoria è una mafia che pubblica scrittori paganti o sponsorizzati. E io devo essere fedele a quello che scrivo. Ci penserà il destino. Non tutti sanno che ho venduto più copie di molti libri pubblicati da grandi editori. E questo perchè, più andiamo avanti e più chi legge cerca qualità. Sono ottimista per il mio futuro di scrittore. Sono uno scrittore, non ho paura di affermarlo. Anche se molti pensano che si è scrittori quando si è pubblicati da un grande editore. Ma io non appartengo a questa sottocultura della marketingletteratura.La lascio a chi vuol leggersi i libri della Mazzantini...bleah!!!!!

Per oggi mi sono fatto un buon numero di nemici, quindi...


Buona giornata e buona fortuna







mercoledì 10 novembre 2010

Scrittore clandestino con foto di Ainette




Oggi mi allenerò duramente. Almeno un'ora e trenta, su sterrate in zona Gudo Gambaredo, in mezzo ai campi, fra i canali irrigui e cornacchie grigie, aironi grigi e bianchi e gabbiani trasportati dal maltempo e attratti dalle acque stagnanti portatrici di lombrichi grassi e ricchi di proteine. In genere corro più di un'ora quando mi sento particolarmente giù di corda. E questo perchè vivo in un paese dove dovrei sentirmi un privilegiato solo per il fatto di avere un lavoro stabile. Oddio, almeno finchè non si stancheranno di avere un laureato avanti con gli anni che guadagna meno di un metalmeccanico e daranno il mio posto ad un ventenne bocconiano che guadagnerà quanto un ambulante senegalese. Siamo messi così. Ovviamente è colpa della crisi mondiale, della globalizzazione, insomma di eventi non governabili(sic).
Non lo so, traete voi le conclusioni, di politica vorrei fare a meno di parlarne.


Più tardi voglio andare al cinema. Ci vado sempre di mercoledì, sia perchè sono libero, sia perchè costa meno. In genere vado all'Uci Cinema in viale Sarca, con qualche amica, un multisala che proietta tutti i film di recente uscita. Prima si gioca a bowling, poi si mangia qualcosa tipo pizza o kebab (io rigorosamente panino con felafel, sono vegetariano)e infine ci si infila in una di quelle enormi sale riscaldate e popolate di studenti o intellettuali, il pubblico che piace a me. Il film lo scelgo sul momento, quindi non ho idea di che film vedrò. Poi tornerò a casa , navigherò un pò su internet e andrò a letto. Domani è un altro giorno e si lavora. Prima di addormentarmi leggerò qualche capitolo di qualcuno dei libri poggiati sul comodino. O forse scriverò qualcuno dei miei nuovi libri. Non voglio stressarmi già da ora. Vedremo come mi sento, se ne avrò voglia. Tanto non ho la Mondadori tutti il giorno al telefono che mi sollecita. Nè la Feltrinelli ,una casa editrice che "non pubblica manoscritti non richiesti"(?) ,nè la Rizzoli, nè nessun'altra casa editrice. Sono uno scrittore clandestino, scrivo storie clandestine in clandestinità, in un paese governato da una dittatura del consenso di massa a un uomo che non legge libri, nè giornali e che è il proprietario della più grande casa editrice del paese.

Buona giornata e buona fortuna

Ps: ho deciso di mettere una foto di Ainette Stephens, sia per aumentare gli ingressi nel blog(sic) e sia perchè l'ho conosciuta una volta in aereo di ritorno da Brindisi a Milano. E ne ho ricavato un'impressione positiva: una ragazza semplice, che non se la tirava, una a cui non sarebbe importato di essere famosa o meno. Un disincanto utile per diventare veramente grandi. Glielo auguro. Di questi tempi dove per diventare famosi basta passare per i letti giusti.

venerdì 29 ottobre 2010

Il riso è un pianto rovesciato



Cari lettori italiani per bene e italiani che vivete all'estero perchè ne avevate i testicoli zebrati di vivere in quest'Italietta "e niente" come direbbero a Napoli, vi chiedo scusa a nome personale e di quegli italiani che si vergognano di vivere in un paese dove un branco di minorati psichici e frustrati sessuali che prima di fare un pò di soldi e diventare , per questo, famosi, avrebbero stentato a rimorchiare un rospo ad un congresso di camaleonti, decide le sorti della politica nazionale. Fra un pò avremo Lele Mora e Fabrizio Corona a capo di qualche dicastero. Pensate che Bersani ha osato chiedere le dimissioni di Berlusconi per aver favorito il rilascio di una minorenne marocchina spacciata per nipote di Mubarak( mi viene in mente l'alto livello culturale di quei funzionari della questura che si sono bevuti la faccenda non vorrei mica dire perchè non sapevano che Mubarak è egiziano), e siamo sinceramente preoccupati per questa caduta di stile del segretario pidiino verso un inguaribile radicalismo che lo allontana dalla ormai inevitabile alleanza con Casini e Fini. Quanto a quest'ultimo da giorni minaccia di non votare il lodo se non modificato e dice che il governo potrebbe cadere. Berlusconi si gratta gli zebedei e va avanti con i suoi bunga bunga sicuro come in una botte di ferro dietro il giubbotto antiproiettile dello zoccolo duro dei milioni di italiani che gli tiene bordone, esaltandosi di riflesso, per le prodezze del vegliardo. Che paese di frustrati sessuali, di gente che non si vergogna di rimediare sesso a pagamento per averne visto durante la vita una quantità paragonabile alle piante d'ulivo nate sul pack groenlandese. Colpa della Chiesa, con la sua proibizione ha creato perversione, sesso innaturale vissuto con infinito senso di colpa. Viene davvero voglia di abolire il suffragio universale, e di limitare il diritto di voto a chi sappia distinguere la gente per bene da quella perbene. Sono iniziate le grandi manovre per isolare Vendola e l'unico che non gli dà contro, bisogna dargliene atto, è Di Pietro. Vedo bene una loro alleanza, purchè smussino i rispettivi angoli clerico-giustizialisti. Stando così le cose, il Pd il mio voto se lo scorda. Non potrei votare per un partito che ha fra le sue fila gente come Veltroni che vorrebbe abolire l'articolo 18, aumentare la flessibilità, e, udite udite, affidare il comando della coalizione ad un Montezemolo o a un Profumo, che poverino, bisogna compatirlo, con i suoi quaranta milioni di euro di buonuscita dall' Unicredit, uno che in un giorno guadagna quanto un operaio in un anno, se va bene.Miliband, 40 anni, il nuovo leader del Labour, non certo delle Brigate Rosse ( capito D'alema?) ha dichiarato nel suo discorso di investitura (pensava a Profumo o a Veltroni che lo voleva candidare?) che è immorale che un manager guadagni in un giorno quanto un lavoratore in un anno. Stesso concetto ha ribadito Obama. Scusate se ho citato questi due terribili comunisti, ma che volete, io sono un romantico, credo ancora nella giustizia sociale e in chi ne parla. E' questa la sinistra che voglio, nel mio paese, non un partito che fa la corte a Buttiglione il quale non fa che dire che la sinistra deve condannare il comunismo e fare i conti col passato. E voi, Buttiglione, voi, quando condannerete le infamie della Democrazia Cristiana, il Pcus d'Italia, il cinquantennale partito regime che ha tenuto la gente nell'ignoranza e nella paura pur di reggere il potere compiendo guasti secolari? Per non parlare delle stragi di stato. Lev Trotsky , non a caso, fatto fuori da Stalin, principale eliminatore di comunisti, voleva un uomo nuovo, un umanità nova che si elevasse dalla media, ma tutti insieme, di generazione in generazione, facendo un passo avanti verso l'autodeterminazione del proprio pensiero e delle proprie idee. Non un entità oziosa di individui che facessero la fila per le false pensioni di invalidità e che si riducessero al rango di vegetali senza aspirazioni i cui figli avrebbero guardato un computer come un australopiteco la cometa di Halley. Caro il mio Buttiglione.

Concludo dicendo che credo che per un bel pezzo non commenterò le vicende politiche. Sono stanco e mi sento umiliato. Vorrei essere un francese. Loro sì che hanno degli ottimi attributi sotto. Noi gli attributi ce li abbiamo al governo.

Adesso vado a correre, così fra un'oretta mi sarà passata. Domani è un altro giorno e cercherò di mettere nella giusta luce dichiarazioni che colgo al lavoro da qualche mio collega tipo: "era una rumena, una zingara, quella del pugno nella metro, e adesso per colpa sua uno dei nostri ragazzi è rovinato", come pure " bisogna vedere se è vero, della marocchina... e comunque lui con i suoi soldi può fare quello che vuole. Io al suo posto lo farei". Il suffragio universale lo vedo sempre più vacillante ma riderò a crepapelle, se è vero , come è vero, che il riso è un pianto rovesciato.

Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 20 ottobre 2010

Qualcosa di red, oggi



Tom Robbins, uno dei miei scrittori preferiti una volta ha detto": nel tempo in cui io scrivo due paginette Crichton ha già scritto otto capitoli, io voglio godermela la vita, al massimo un paio di paginette al giorno". Come non venerare quest'uomo e la sua intelligenza di funambolo della parola e dei pensieri? Come esordio per oggi può andare. Nell'attualizzare, anch'io pigramente, il mio blog, e nel mandare un saluto affettuoso ai miei lettori molti dei quali risiedono all'estero- e c'è da meravigliarsi di ciò?-vorrei saltare la parte dell'attualità politica citando Orson Welles che nel film "La ricotta" di Pasolini, interpretando un regista che viene intervistato alla domanda di cosa pensa dell'Italia risponde:"il popolo più analfabeta e la borghesia più reazionaria d'Europa".E sono passati più di trent'anni. Credo di non dover aggiungere altro, nel momento in cui non posso certo onorarmi di appartenere ad un paese dove le persone attualmente più in auge sono Lamberto Sposini e Mara Venier, due che normalmente in una democrazia reale lavorerebbero in cassa all'Esselunga, facendo qualcosa di utile per se stessi e per la società. Il loro immergere le mani nel sangue di Avetrana mi ha disgustato. Dimettetevi dal genere umano, per favore.

Oggi ho corso per un'oretta. Non ne avevo molta voglia, il cambio di stagione e la temperatura rigida non mi invogliavano. Per un momento ho pensato di iscrivermi ad un corso di Thai Chi. Ma poi ho pensato alla mandria di idioti che avrei incontrato, tutti pregni di filosofia new age o martial arts ed ho desistito. Che cavolo, correre nel freddo è per gente cazzuta. Ma non lo faccio per voi. Lo faccio per me. E'un segreto fra me e voi. Ottimo allenamento comunque, mentre sentivo scorrere il traffico da panico della tangenziale, mentre incontravo qualcuno in cerca di parcheggio come un tossico in astinenza, mentre la Repubblica era andata esaurita perchè l'edicolante non ne ritira abbastanza copie, comprati "Libero", mi fa, ma mi hai preso per Gaetano Scirea? Questa è dura da capire. Fa niente, mi sono capito io. E mentre mariti coscritti portano i cani a cacare nei giardini pubblici dove poi giocano i bambini (però col guinzaglio, secondo l'ordinanza del sindaco) e mentre un sole irreale d'inverno passeggiava sul mio viso rorido di sudore( cazzo mi credo Proust?). Poi sono andato a fare la spesa. Da qualche tempo ho deciso di diventare vegetariano. Non mi chiedete perchè, non lo dico nemmeno sotto tortura e non mi affibiate etichette salutiste o filosofiche. L'unica filosofia che sottende questa scelta è che la carne con me ha chiuso. Poi sono tornato a casa ed ho messo su Rai News 24. Ho subito spento perchè oggi , a notizie, c'era da deprimersi. Ho chiuso in corrispondenza di un'intervista ad un giornalista francese che stava dicendo, in Europa tutti i leader politici sono in discussione, in Francia Sarkozy, in Germania la Merkel, in Spagna Zapatero...e anche in Italia Berlusconi sembra avere qualche problema (Sic)...il Sic ce l'ho messo io. Poi sono andato in bagno per stendere la roba sudata. Il mio vicino di casa dirimpettaio stava cantando "meno male che Silvio c'è" . Avrei voluto citargli Orson Welles, ma ho temuto che mi avrebbe risposto che lui beve solo Jhonny Walker. Fa niente, tutto normale. Sono andato in frigo ed ho stappato una bottiglia di Ceres Red Erik...aahhh, almeno qualcosa di red, oggi.


In conclusione, oggi in autobus, ho attaccato bottone con una, una ragazza carina, sui trenta, che è un pò il mio target e dopo un pò mi chiede se sono su Facebook. No, dico io, sono qui in carne ed ossa, non è meglio? E' scesa alla fermata successiva senza nemmeno degnarsi di salutarmi. Questa società è malata. Per uscire con una devi essere iscritto a FaceBook. Sono pugliese, la battuta assonante la lascio immaginare a voi.

Buona giornata e buona fortuna

sabato 9 ottobre 2010

Alla ricerca del senso





"In Messico non è proibito andare in giro con una birra in mano", disse Dick.
"Ci mancherebbe", disse Hector.

Pablo Ignacio Taibo II , Stessa città stessa pioggia.


"Niente che appartenga al nostro tempo rivaleggia in bellezza con l'antico stile americano. E' germogliata soltanto la macchina.E' questo il nostro vitello d'oro"
Henry Miller , Ricordati di ricordare

Permettetemi di quando in quando di disseminare di qualche perla questa valle di lacrime che rappresenta ormai il mondo della cultura e della comunicazione, con frasi espunte da opere , in qualche modo, illuminanti, di autori, per fortuna, immortali. I giorni sono passati e la tragedia di Mino Nardelli e di Sara Scazzi mi hanno lasciato addosso una tristezza infinita. Due ragazzi pugliesi che non meritavano la fine che hanno fatto. Ma chi resta deve andare avanti e in qualche modo trasfigurare le tragedie , trarne insegnamento e trasmetterlo alle generazioni future, se lo vogliono. E se non lo vogliono non mi resta che consigliare loro di collegarsi col sito www.andateaffanculo.com. Di Mino ho già detto nel post precedente, di Sara Scazzi, dovendo sintetizzare, posso solo dire ai propugnatori dei Family Day, ai campioni della filosofia della famiglia come nucleo fondante della società, di mettersi il preservativo, almeno, quando violentano le figlie, i nipoti e le mogli e alle mogli modello Sarah Palin suggerisco di sposare in segrete nozze un clone di Pietro Pacciani. Dopo mesi in cui la stampa nazionale non ha fatto altro che occuparsi della casa del cognato di Fini, mentre in Pakistan le abitazioni si spostavano per centinaia di chilometri trasportate dalle piogge alluvionali- ehi, un momento, potrebbe essere questo il motivo per cui a Scajola & company sono apparse inaspettatamente case di proprietà, il flusso delle maree alluvionali- e due dei più importanti quotidiani italiani( o dovrei dire di Disnelyland?), studiavano dei dossier per colpire e infamare chiunque muovesse critiche al Cavaliere , mentre tre quarti di tv nazionali ci deliziavano con le vicende anali di Corona raccontate oralmente dal suo sodale Lele Mora e mentre Bersani prendeva le distanze da Di Pietro, da Vendola, da Beppe Grillo e , udite udite, da Veltroni, come un giocatore di biliardo del circolo della bazzica di Reggiolo e mentre D'Alema chiedeva ai suoi collaboratori se qualcuno dei servizi fosse intervenuto nella suddetta vicenda della casa di Montecarlo di Fini ricevendone come risposta un classico:"e da quando noi dei servizi segreti italiani dobbiamo rendere conto ad un comunista", lasciandolo basito e senza speranza, visto che non si può più rivolgere ai russi( dall'altra parte c'è Putin, adesso, non so se mi spiego), la gente annega nei problemi. Milioni di precari non sanno se arriveranno a fine mese, gli operai non sanno se mangeranno il panettone , gli insegnanti fanno la fila all'ipercoop per il 3x2 della cartigienica che comprano a proprie spese visto che la Gelmini l'ha messa sotto la voce spese non indispensabili (mettendo sotto la voce spese indispensabili l'utile manuale su "come diventare procuratore legale facendo l'esame a Catanzaro"), i giornalisti scelgono le notizie da mandare in onda in modo tale da non essere querelati da Ghedini che querela tutti e non bada a spese tanto ha pronta una legge per abolire le spese processuali per gli avvocati che promuovono procedimenti di interesse nazionale, Bondi minaccia di dimettersi perchè Tremonti gli ha detto che con la cultura non si mangia (mancava solo che dicesse, "quando sento la parola cultura metto mano alla pistola"), incassando, tutt'al più la solidarietà di Cesare Ragazzi e Pierluigi Collina e un bel chissenefrega nazionale in coro...a proposito, Bondi è il ministro della cultura. Pausa. Che volete da me, la poesia porta lontano, si sa. Ah, ministro della cultura in Italia, non su Nettuno, pianeta che prende il nome da un Ulisse bleso. Ogni giorno in centinaia, migliaia, restano a casa, perchè perdono il lavoro. Oddio, potrebbero guadagnarne in salute, ma come si fa in una società che ti ha educato alla specializzazione, a saper fare solo quello che serve al padronato industriale, a riconvertirsi?...al massimo possono diventare mussulmani, cominciando dal ramadan, giacchè ci sono. Insomma ditemi voi se qualcosa ha più senso. Io continuo a scrivere, a leggere (oggi ho noleggiato altri due libri dalla biblioteca), a correre per meditare in movimento e , per fortuna, a lavorare. Finchè si potrà lavorare esprimendo ancora qualche opinione. Naturalmente potrei anche passare alla fase del lavorare senza poter esprimere più alcuna opinione. Oppure potrei farmi assumere da Repubblica. Forse solo nel caso dovessi essere io ad assumere Repubblica , potrei considerare l'ipotesi che il mondo stia cambiando. Ma avrei sempre il sospetto di essere il mandante delle stronzate che dico.


Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 6 ottobre 2010

Ciao Mino



Mi sono alzato tardi. Fra un pò andrò a correre, oggi non lavoro. Dovrei dire per fortuna. Ma non lo dico.Perchè oggi sono triste. Un ragazzo che conoscevo anche se non benissimo-ma si sa quando vieni da un borgo di poco meno di quarantamila anime ci si conosce tutti- si è tolto la vita lanciandosi da un treno, uno di quei treni che ho preso centinaia di volte per scendere e salire da Milano ad Ostuni e viceversa. Qui di seguito riporterò l'articolo di cronaca con le stupende parole del officiante nell'omelia( così distanti dai valori del porporato cattolico), parole che bisognerebbe stampare a caratteri cubitali e imprimere nelle coscienze di questo paese addormentato, perso dietro gli spot di canale 5, tutti a gridare come degli idioti "Italia Uno", sbavanti dietro i camerini delle selezioni del Grande Fratello. Me lo ricordo Mino, un ragazzo simpatico, solare, uno dal sorriso facile, incappato però in quel bieco meccanismo provinciale dell'avere successo a tutti i costi. Per questo sono un artista, per questi motivi, perchè ognuno di noi ha delle capacità in qualsiasi ambito e delle passioni ed ha il diritto di coltivarle, al di là di una società che detta i parametri del successo altrimenti non vali niente, al di là di aziende in cui dirigenti inetti giudicano le capacità produttive di un individuo rendendolo un parametro di giudizio complessivo su tutta la sua vita, della serie se non vali per l'azienda non vali per la vita. E' questa cultura che combatto da anni, scrivendolo nei mie libri, nei mie romanzi, attaccato sia da destra che, purtroppo, da sinistra, da tromboni che si ostinano a dire che sono un estremista, che questa società è tutto sommato giusta , che la selezione ci vuole, che Milano è una città piena di opportunità nella quale chiunque con delle capacità si può inserire e che il sud non è preda di logiche clientelari e vittima di politici che elargiscono posti di lavoro in cambio della svendita delle proprie coscienze. Proprio in questi giorni ho completato il mio terzo romanzo che non so quando ne se uscirà, un romanzo sui tempi che viviamo, in cui l'Italia è rappresentata come un paese irriconoscibile brutto fuori e dentro, in cui razzismo, omofobia e successo a tutti i costi sembrano costituirne i nuovi disvalori fondanti. Appena ho letto l'articolo su Repubblica che riportava questa tragica notizia di cronaca, ho sentito che il cuore mi si chiudeva e che le carni mi si raggrinzivano, ho sentito una responsabilità immensa sulle mie spalle, la responsabilità di chi aveva visto in anticipo gli sviluppi di una politica ultracinquantennale di prebende e assistenze, la politica di un paese nato vecchio e che non vuole crescere, soprattutto culturalmente, di un paese dove esiste ancora gente che pensa che i comunisti ti porteranno via la casa- che se pure per assurdo fosse così, diciamo, se servisse a farci stare tutti meglio ed a conservare il sorriso ai Mino di tutto il sud, non vedo dove sarebbe il problema- ...ma come non eravamo il paese della solidarietà, il paese degli interventi umanitari? Beh, non lo siamo più, sbagliamo tempo e luogo per i nostri interventi umanitari, perchè portiamo la guerra in Afghanistan e il ponte sullo stretto in Sicilia mentre bisognerebbe portare l'esercito in Sicilia e sacchi di riso in Afghanistan. Sono come al solito iperbolico, lo faccio perchè nessuno sembra più dire nulla in questo paese di moderati, dove ognuno pensa ai fatti suoi, il paese delle furbate come genius loci nazionale, il paese dei berlusconidi, assai più pericolosi di Berlusconi, la continuazione della vecchia Dc con altri Mediaset. Ma non voglio aggiungere altro, ne terminare con il mio consueto umorismo, perchè oggi sono triste e voglio portare un tributo a Mino ed a quella che è la mia generazione, di giovani pieni di speranze che si sono formati nelle parrocchie cattoliche portando nel mondo i valori cristiani, certo alcuni laicamente, come il sottoscritto, perchè essi sono valori universali che non moriranno mai, così come i ventuno grammi di Mino resteranno nell'atmosfera finchè un bel giorno non si poseranno sull'anima di altri che raccoglieranno il suo testimone e renderanno la sua vita degna di essere stata vissuta.

Buona giornata e buona fortuna
Ps: di seguito l'articolo di cronaca con le belle parole di Don Giulio Galassi:





Dura omelia di don Guido Galassi durante i funerali di Cosimo Damiano Nardelli, il trentottenne “precario” ostunese toltosi la vita lunedì scorso
“Mino, un corpo estraneo all’interno di una società sorda, opulenta e edonistica”
di Nicola Quaranta » 5 ottobre 2010 alle 21:38


a destra, in testa al corteo funebre, padre Guido Galassi

Mino Nardelli
OSTUNI – “La morte di Mino? Il dito del Signore puntato contro tutti noi, sordi di fronte alla sua sensibilità e incapaci di reagire a un modello di società fondato sull’apparenza, sull’edonismo e sulle frivolezze”. Dal pulpito il messaggio più duro. Parole severe ma intrise di dolcezza ogni qualvolta lo sguardo di don Guido Galassi, religioso dei Servi del Cuore Immacolato di Maria (Opera Nostra Signora di Fatima) si volge con tristezza verso la bara, per ricordare il sacrificio di Cosimo Damiano Nardelli: Il trentottenne ostunese che nella mattinata di ieri (attorno alle 10.20) si è tolto la vita, lanciandosi dal finestrino del treno in corsa, alle porte della Stazione della Città bianca.


L'ultimo saluto a Mino Nardelli
Sgombrato ogni dubbio, ormai, sulla dinamica della disgrazia: Cosimo Damiano Nardelli, laureato in economia e commercio e da anni alla ricerca di un impiego stabile, sopraffatto dallo sconforto e dalla depressione, si sarebbe gettato dal treno sul quale viaggiava, nonostante il disperato tentativo di un passeggero di trattenerlo per la cintola dei pantaloni. Nel pomeriggio di oggi, all’interno della Cattedrale di Ostuni, l’estremo saluto.

“Quale fiducia – ha attaccato Padre Guido – può trasmettere ai tanti giovani come Mino una classe politica e di governo incapace di offrire prospettive? In mancanza di idee illudono le coscienze con i “gratta e vinci”. Quali valori riesce a trasmettere la Tv? Farabutti sono coloro che vogliono farci credere che nella vita conta il sapersi misurare con il regime della concorrenza ad ogni costo e con ogni mezzo. E chi, come Mino, non sa sgomitare? Non tutti sono belli e dotati di sorrisi ammiccanti per farsi strada nel mondo del lavoro. Non tutti riescono con facilità a trasmettere i propri sentimenti, ricevendo in cambio amore e attenzioni. A costoro che diciamo? Qual è il messaggio che i mass media promuovono?”


Tanti gli amici attorno ai familiari
Padre Guido lancia l’affondo: “Nella società di oggi conti se vali, se sei ricco, fornito di bella presenza, sei hai un’auto di gran lusso e soldi da spendere. Ma uno come Mino, bravo e umile, preparato, cosciente dei propri mezzi e delle proprie qualità eppure messo nelle condizioni di covare rabbia in silenzio, come può stare al passo di questi stereotipi? Ecco perché la sua morte non può essere archiviata come un nudo fatto di cronaca. Tutti dovremmo avvertire un pesante senso di colpa collettivo. Un giorno ci troveremo innanzi al Giudizio universale, chiamati a rispondere anche della sua tragica scomparsa. E a quel punto nessuno potrà ritenersi esente da colpe”.

L’ultimo pensiero, tenero e commosso, è per i familiari: “Prego affinché possiate trovare nella fede l’unica consolazione e la forza di guardare avanti”. Commovente, sempre dal pulpito, il ricordo di un’amica: “Per tutti noi, resterai il Nardelli di sempre”. Presente alla cerimonia religiosa, il sindaco della Città bianca, Domenico Tanzarella, ha sottolineato a margine del rito funebre come sia alto il prezzo pagato quotidianamente dalle nuove generazioni, “verso le quali ognuno, per quanto di propria competenza, ha il dovere di concentrare le attenzioni e gli sforzi, promuovendo politiche sociali e di sviluppo atte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro”.


L'uscita del feretro dalla chiesa
Parole di solidarietà e cordoglio sono state espresse anche dal senatore Salvatore Tomaselli: “Ciò che con tristezza abbiamo letto con sempre maggiore frequenza negli ultimi mesi, nelle scorse ore si è materializzato troppo vicino a noi per non aggiungere alla tristezza e al dolore un grande senso di impotenza. Il suicidio di Mino Nardelli a pochi chilometri dalla stazione ferroviaria della sua città è uno schiaffo che ci giunge troppo forte per poter anche solo immaginare che si tratti, per quanto grande, di una tragedia lontana. Che un giovane della nostra terra, giunto a 38 anni dopo aver a lungo studiato, conquistato con sacrifici una laurea a pieni voti, sopportato lavori umili e non adeguati alla sua formazione culturale e professionale, scelga l’estremo gesto è il segno non solo della disperazione e dello sconforto ma, probabilmente, di una perdita di dignità che ogni uomo o donna vive nel suo intimo come un dolore insopportabile...

mercoledì 29 settembre 2010

Monologo




Allievi dell'Ostuni, 1982....provate a riconoscermi;-)







Memorie di un automobilista




Un giorno qualunque di una settimana d'autunno. L'autunno portava sempre tristezza. Prese la macchina e se ne andò in giro, per le strade provinciali, verso Vigevano e poi Mortara, che era un po' come andare incontro alla morte solo in un modo diverso a quello tradizionale. Verso Mortara. Ma , dì un po' , cos'è che c'è a Mortara. Niente. E a Roma cos'è che c'è. Totti e Califano. E a Milano cos'è che c'è. Niente. Milano non c'è più. Solo grattacieli e appartamenti affittati a puttane d'alto bordo per clienti d'alto bordo che si scagliano continuamente contro scrittori che sputtanano la città. Ma non ce n'era bisogno. La città era morta da almeno venticinque anni e l'unica cosa che la rendeva umana, troppo umana, era il prezzemolo piantato nelle vasche da bagno dei terroni delle prime generazioni. Tutto il resto era fiction, culattoni, aids, sarti che si facevano chiamare stilisti, modelle anoressiche, veline modello mazze di scopa, terroni che avevano dimenticato da dove venivano, studi di canale cinque e ok il prezzo è giusto. Sembrava il commento di un cliente che avesse appena chiesto ad una puttana ferma sul marciapiede quanto volesse.
Aveva una miriade di pensieri in testa. La vita era bella e la vita era brutta, buona a volte cattiva spesso. Si guardava intorno, la campagna era desolata, mentre passava con l'auto su queste strade provinciali, strette lingue d'asfalto consunto dal sole d'estate e dall'umido e dalla nebbia in inverno, qua e là terra brulla, canali irrigui e campi di granturco ormai secchi di fine stagione. Ogni tanto una puttana prendeva l'ultimo sole del pomeriggio di questo giorno d'autunno, seduta comodamente su una sdraio. C'era anche una puttana di colore che prendeva il sole. Lasciò perdere possibili battute berlusconiane. C'era giusto lui che era rimasto a farle. Lui e qualche quindicina di milioni di italiani. Cui non importava niente di niente. A parte mangiare a sbafo, fottere il prossimo e segarsi su Ibra la domenica allo stadio. Paese del primo mondo, ci facevamo chiamare. See, dopo la catastrofe nucleare, in un nuovo ipotetico inizio. Ma non si potevano trapanare i crani di quei quindici milioni e infondergli la scienza. Anche perchè c'era da aver paura , una volta traforati i crani, circa il contenuto. Ancora una puttana sul ciglio della strada. Se ne stava tranquilla, con una gamba piegata tipo un fenicottero e sullo sfondo degli aironi che le assomigliavano. Nella stessa posizione. Insieme facevano parte del paesaggio rurale. Non c'era granchè di traffico e in lontananza ogni tanto dei campanili indicavano dei centri urbani. Campanili di chiese. Forse li facevano apposta. Per indicare che li c'era un agglomerato urbano, un punto di ritrovo della civiltà umana. O forse un ritrovo di vampiri in attesa di succhiare il sangue di malcapitati passanti. Forse troppi film americani. O troppa realtà. Un centro commerciale Bennett con un parcheggio affollato, ed era un mercoledì pomeriggio. Ma cosa ci farà tanta gente di mercoledì pomeriggio al centro commerciale. Semplice. E' in fuga. Dalla moglie, dalla fidanzata, dal lavoro, dalla merda di cane da pulire, dalla responsabilità del pensare. Toh, andiamo a vedere cos'hanno inventato di nuovo , di tecnologico, se c'è qualcosa che ancora non abbiamo a casa. Case immense piene di cose inutili, case di collezionisti di suppellettili suscettibili di aggiornamenti periodici. Le case erano come computer, sugli schermi apparivano i caricamenti degli aggiornamanti. E gli schermi erano i centri commerciali.
Qualche tir ad andatura lenta e il Ticino che serpeggia fra i ponti, con i suoi arenili pieni di ciottoli bianchi come i visi dei camionisti che vedono solo lune e buio e lampeggiatori della polizia e puttane. Eppure c'è il sole. Ma non riesce a scaldare i cuori della gente. Non riesce a scaldare il mio, pensò. Mise su un cd di musica brasiliana. Bossa nova. Che musica paradisiaca. Un'iniezione di morfina. Che suono melodioso. Riuscì a vedere garotas di ipanema lungo i canali irrigui lungo le risaie. Ma erano delle puttane. La disoccupazione aumenta la prostituzione, pensò. E la prostituzione aumenta la disoccupazione, visto quanto si guadagnava. In Italia si sarebbero sempre fatti soldi a palate. Perchè il nostro è il paese del si fa ma non si dice. E per non dire devi pagare. Era proprio così.
Ma l'amore, allora, l'amore? L'amore esisteva, ma durava poco. Lo spazio intercorrente fra due mutui d'appartamento. No. Non poteva vivere così. Questo era Kafka. Questo era nichilismo. Questo era Nietzsche. Beh, gli dava l'idea che questo Nietzsche la vita se la fosse goduta. Si era persino preso la sifilide. Ma visse felice lo stesso. Pensò che la sifilide non era poi tanto male, di fronte alla prospettiva di rientrare a casa e vedersi l'Inter in Champions League. Del resto esisteva anche una sifilide dell'anima. E quella era incurabile.
Ad un tratto prese per l'autostrada. Prese un biglietto al casello ed entrò per lo spettacolo, il drive in dell'autostrada per Genova- Gravellona Toce. Ma avrebbe potuto essere Inculandia e su radio Deejay c'era qualcuno che diceva che solo chi aveva veramente sofferto era in grado di perdonare. Mio Dio, dare la filosofia in pasto ai deejay ,era come dare dell'Uranio Impoverito a Satana. L'Uranio Impoverito sarebbe morto. Anche quello arricchito, per la verità. Ma magari Satana poteva avere qualche problema con la borghesia ed era il caso di andare sul sicuro. La borghesia vince sempre, è storico. Mio Dio, non riusciva a smettere di pensare, il suo era un monologo interiore, era una riedizione delle Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij. Lui si che se ne intendeva di dolore. Aveva stuprato una minorenne. Ed era Dostoevskij. Non sapeva se il mondo si rendeva conto della gravità della cosa. E visse col senso di colpa tutta la vita. Era come se fosse stato costretto a camminare con una palla di piombo al piede. For ever.
Prese sulla destra e uscì per Alessandria , fece un mucchio di chilometri, sull'asfalto deserto, intorno niente, sullo sfondo le alpi e il sole in faccia come una lampada della gestapo che lo interrogava. Troppo sole tutto insieme, nell'autunno grigio topo lombardopiemontese, lo stava stordendo. Cinque minuti dopo trovò un altro casello. Pagò e imboccò di nuovo l'autostrada.
Camminò per mezz'ora e beccò un altro casello. Gli sembrò quello di prima. Erano tutti uguali, i caselli, come i giapponesi all'aereoporto di Tokio. Non c'era niente da fare, il berlusconismo ce l'avevamo tutti sottopelle. Come un secondo vestito. Persino a lui, che era un democratico, gli venivano questi paragoni. Ma poi cosa significava democratico, se comandavano sempre gli stessi o i parenti di quelli che c'erano prima della democrazia? Dicevano che il comunismo era utopia e la democrazia che cosa era. Una cosa che non si era mai realizzata. Lui lo disse una volta in un assemblea al liceo. E il professore di filosofia, un comunista, lo tacciò di estremismo. In Italia bastava dire la verità, per passare per estremisti. Ma poi cos'era mai questo estremismo. Era pane al pane e vino al vino, una cosa che c'era scritta persino nella bibbia. Ma cosa c'era scritto nella bibbia lo decidevano i preti. Come quella volta che chiese al prete del catechismo dove c'era scritto nei vangeli che i culattoni erano peccatori. Tra le righe, fu la risposta. Eh, no , caromio, disse, carta canta, lo dite sempre anche voi. Solo quando c'è in ballo l'otto per mille. Fa niente. Lui credeva in Dio, in fondo, solo non aveva fede in lui. Una cosa più grave che l'ateismo. Come la faceva la sbagliava. Mancava solo che fosse gay e...ma si, in fondo avrebbe fatto carriera. Bastava non dichiararlo. Di sicuro avrebbe fatto più sesso. E non avrebbe guardato quelle puttane incontrate prima con un certo interesse tutt'altro che antropologico.
Così pensando e andando on the road si fermò ad un casello pagò e fece un'altra ora di strada. Ma dove stava andando. Non lo sapeva così almeno non poteva perdersi. Ok, questo lo disse Kerouac. Ma con tutti gli stronzi che hanno scritto tutto era già stato detto da qualcuno. Lui però era molto bravo a ribadirlo. Era come la storia, come la dittatura. Non contava se c'era già stata. Riproporla era sempre vincente. Bisognava solo essere bravi a farlo. Non era nemmeno troppo difficile. I caselli, per esempio. Se volevi andare in macchina da qualche parte, dovevi fare i conti con i caselli. Semplice e lineare. Come la 44 magnum dell'ispettore Callaghan. Giunse ad un casello. Si accorse che era lo stesso di prima e lo stava passando per la terza volta. Gli svincoli autostradali erano come la matematica. Non li capiva. Gli ingegneri che li avevano progettati meritavano la ghigliottina. Stava andando bene, se continuava a pensarla così avrebbe avuto la carriera spianata in politica. Sarebbe persino potuto diventare ministro. Poi si sarebbe sposato una velina ,avrebbe fatto un figlio, e, infine, inatteso, sarebbe venuto l'amore. L'amore veniva sempre alla fine. Sembrava la metafora dell'eiaculazione. Non c'era niente da fare. Sua madre aveva ragione. Non avrebbe mai potuto scrivere un racconto d'amore. Era più forte di lui. Come la dittature. E come i caselli. Pagò il biglietto e disse prendendo il resto: “signore, ci devono essere delle indicazioni stradali sbagliate, è la quarta volta che pago il pedaggio allo stesso casello. Fate qualcosa”. Si allontanò sgasando, mentre alle sue spalle si sentiva il clangore dei centesimi di resto che cadevano in una vaschetta metallica. Era un casello automatizzato.


Buona giornata e buona fortuna

sabato 25 settembre 2010

Racconto 2




Nicolae & Carla



Carla uscì di casa, quella giornata di settembre, un settembre piovoso in una Milano sotto il diluvio della crisi economica. Era diretta alla fermata dell'autobus, uno di quegli autobus ecologici elettrici tutti verdi di vetrometallo. Attese l'arrivo del mezzo. Pioveva e Carla aveva il suo ombrello, un ombrello che aveva preso giorni prima in metro, sotto la metro, da un ambulante abusivo cinese, che fra un lavoro e l'altro , si era messo in permesso, appena era venuto a piovere, per sfruttare l'opportunità di qualche buona vendita. E l'ombrello reggeva, nonostante i cinque euro che era costato. L'autobus, però , tardava, forse il traffico, qualche auto parcheggiata male che si doveva aspettare che rimuovessero in qualcuna di quelle strade che incrociavano via Giambellino, storica via di Milano, via di quartieri popolari, di duri di un tempo, oggi quartiere multietnico su base magrebina ed est europa. Poi l'autobus arrivò e il conducente ebbe l'accortezza di non schizzarle addosso l'acqua di una pozzanghera che era lì nei pressi del marciapiede. Le porte al centro del mezzo si aprirono nel fragore del traffico del pomeriggio inoltrato e Carla salì a bordo . Il cielo era grigio, come il mantello di un ratto immenso e immoto addormentato con la schiena che dava sul pianeta terra che ronfava della grossa grossi tuoni e , di quando in quando, si svegliava lanciando sguardi in tralice come lampi verso possibili deità gattiche. Carla si sedette ad un sedile vuoto, vicino ad un ragazzo. Carla era bella, un tipo di bellezza classica , ma , al tempo stesso, semplice, con la sua minigonna, nonostante tutto, piuttosto castigata, non aderente modello guanti da chirurgo plastico quali si era soliti vedere in giro per Milano, nelle brevi estati torride e umide. I capelli castani a caschetto, gli occhi verdi da ragazza di facebook, il giubottino di jeans, sopra ad una camicetta semplice e attillata , cui gli ultimi due bottoni privi del controllo della asole, conferivano un atmosfera sexy, nonostante i suoi seni mignon, facevano di lei un “bel fighino”, come dicevano a Milano. Al suo fianco c'era un ragazzo, un biondino smilzo, sui trenta, più grande di lei, quindi, che non arrivava a venticinque, coi jeans sdruciti alla moda , una t-shirt logora ma pulita, due occhi chiari modello siberian husky. Si chiamava Nicolae, era rumeno e odiava quel nome. Gliel'avevano dato i suoi che erano degli ex privilegiati dei tempi di Ceausescu, quando se chiamavi un figlio con quel nome ti davano dei soldi ed era considerato segno di prosperità, in un paese dove il dittatore aveva varato una tabella sul consumo mensile degli alimenti, pensa un po', pensava Nicolae. E poi in che consisteva il privilegio dei suoi? Nell'essere minatori e guadagnare di più del loro ingegnere. Tutto qui. Ora erano in miseria e Nicolae era dovuto venire in Italia a vedere se riusciva a far restare a galla la barca della famiglia. E lui odiava Ceausescu e odiava chi gli era succeduto e odiava l'Italia, un paese che passava il tempo ad additare gli stranieri come unici responsabili della decadenza di una nazione. Non capiscono, hanno bisogno di nuova linfa, di forze nuove , di energie giovani e intraprendenti, di una trasfusione di spregiudicatezza. Pensava troppo Nicolae ed erano mesi che non toccava una donna . E ora c'era Carla lì, seduta, vicino a lui, con quel vago odore acre alla Julia Roberts descritta in quel libro di Rupert Everett letto di sfuggita in una libreria in centro. La osservava, senza tuttavia fissarla. Carla sembrava persa nei suoi pensieri, guardava fuori dal finestrino, lì a destra, dove c'erano delle cancellate arrugginite cui qualcuno aveva affisso delle bandiere di sindacati e un cartello con la scritta ”ridateci il nostro lavoro”.
Verso piazza Napoli Carla si alzò , lentamente, e schiacciò il pulsante di avviso acustico. Una luce rossa lampeggiò e il conducente del mezzo, dette un'occhiata tramite specchietto laterale e quella gradevole figura umana femminile che si accingeva a scendere. Nicolae guardò Carla intensamente. Ne avvertì l'odore forte nelle narici ed ebbe quasi un mancamento o un piacere lieve e breve, antipasto di quello che sarebbe potuto essere un piacere più lungo e intenso. Carla, quasi avvertendo quell'energia che proveniva alle sue spalle, istintivamente si voltò. Gli sguardi dei due ragazzi, per un momento, si incontrarono all'infinito. Un momento zen. Un'improvvisa, breve , ma intensa, illuminazione. Durò qualche secondo, poi Carla si voltò e scese. Le porte dell'autobus erano aperte. Subito dietro di lei, scese Nicolae. Carla non badò a lui e , con l'ombrellino aperto , si incamminò verso un piccolo parco che era nei pressi. C'era il cinema , lì di fronte ed era un mercoledì e c'era un mucchio di gente che approfittava dello sconto infrasettimanale per andare a vedersi qualche film. Non importava quale, importava l'idea di poterci andare quando costava meno. Un pubblico di intellettuali e studenti. Le masse ci andavano di sabato e domenica. Carla si infilò nel cinema dietro una piccola fila che faceva il biglietto per lo spettacolo di metà pomeriggio. Nicolae era dietro di lei. La guardava intensamente da dietro, i suoi capelli castani e umidicci emanavano un odore intenso di donna farfalla che sta abbandonando il bruco adolescente, un odore da donna, fortunatamente non ancora rancido di mezz'età. L'odore perfetto , pensò per un momento Nicolae, ma perchè nessuno pensa di imprigionare certi profumi per commercializzarli? Prestò attenzione a ciò che faceva Carla.
“Un biglietto per -Notthing Hill-”, chiese al bigliettaio. E la sua voce suonò come un flauto dolce.
“Lo stesso”, disse Nicolae. Carla si voltò e vide Nicolae. Il ragazzo dell'autobus. Carino. Biondo. Occhi chiari. Magro. Jeans sdruciti alla moda. Sguardo da incantatore. Uno straniero. Quando realizzò che era uno straniero, gli altri attributi si smaterializzarono. Nicolae la stava fissando e le sorrideva.
“Ciao”, disse agitando la mano in un saluto infantile, Nicolae.
Carla sorrise ma non disse niente. Si voltò e si avviò verso la sala dove proiettavano il film. Un film con Julia Roberts e Hugh Grant. Julia Roberts, guardacaso, pensò Nicolae. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, a Carla. La seguì nella sala non ancora buia e si andò a sedere alle sue spalle. Carla si accorse della mosse e non senza qualche patema si sedette e si tolse il giubottino. Lo piegò per bene e se lo mise sulle gambe. In grembo.
Il film andava avanti lento e romantico, romantico tipo all'americana. Ma a Carla stava piacendo. Anche se non riusciva a goderselo pienamente. Si sentiva osservata. Sentiva gli occhi di Nicolae dietro di lei, sentiva che la penetravano, e la scrutavano sotto i vestiti. Ebbe un brivido. Di paura, pensò in un primo momento. Poi d'improvviso avvampò, perchè si accorse che invece quello che aveva avvertito era un brivido di piacere. Un oscuro, sottile ma incandescente desiderio sessuale. No, pensò, non è possibile. Ma se fosse un bravo ragazzo? Non ci sarebbe niente di male. Anche se è straniero. Già, straniero. I suoi l'avrebbero cacciata di casa. Suo padre, un tranviere dell'Atm alle soglie della pensione odiava gli stranieri. Ne incontrava ogni giorno, nel suo lavoro, con cui doveva litigare perchè non avevano il biglietto. Anche un mucchio di italiani non avevano il biglietto. Ma gli italiani erano italiani. A parte quelli del sud, s'intendeva. Suo padre era di Foggia. Embeh, sembrava a lei di sentirlo, sono trent'anni che vivo a Milano, me lo sono guadagnato di cacciare tutti via a calci nel culo. Un po' egoista, vero Papy? Egoista un cazzo, di questo passo comanderanno loro. E chi te l'ha detto che non staremmo meglio...persino tu, Papy, che hai obbedito per una vita a dei perfetti idioti. Zitta tu che sei una donna. Perchè hai studiato con i miei soldi ti credi in diritto di farmi la morale, quando cacherai con il tuo culo, forse. Con licenza parlando, eh , Papy. E non mi chiamare Papy, non lo sopporto, chiamami Papà o Babbo. No babbo no, meglio Papà. E sua madre, pensionata dopo una vita di lavoro in una fabbrica tessile, per carità, uno straniero? Non se ne parla neanche. Devi sposare un professionista , uno con una posizione. Ma se l'ultimo che mi avete presentato era gay...le sembrò di dire a sua madre. Gay o non gay, te lo potevi sposare e raddrizzare. I soldi aggiustano tutto. La miseria non aggiusta niente. Non si può certo dire, cara mamma, che tu abbia seguito la strada di sposare un professionista. Ma che c'entra erano altri tempi e poi tu sei più intelligente di me, tu hai studiato. Perciò devo seguire i tuoi consigli, mamma? I consigli di una che non ha studiato? Ma come ti permetti, di parlarmi così, figlia ingrata. Ma non capisci quando sono ironica? Non, non la capisco a quest'ironia , io non ho avuto tempo per l'ironia, io c'ho avuto tempo solo per lavorare e accudire a tuo padre.
Il film scorreva melenso e lento, uno stillicidio di romanticismo a gogò e Carla si stava perdendo nei meandri dei suoi pensieri. Si voltò alla sua destra , perchè aveva avvertito un movimento, al buio. Nel posto a fianco a lei si era seduto qualcuno. Quando ci fu sul maxischermo, una sequenza più luminosa, riuscì a vedere che era il ragazzo dell'autobus.
“Ciao, ti disturbo se mi siedo qui, dove ero seduto io mi sentivo solo e abbandonato”, le disse Nicolae. E Carla vide che i suoi occhi brillavano nel buio della sala. “No...non mi disturbi, tanto è libero”, accennò Carla, con una voce piuttosto tremula.
“Io sono un ragazzo semplice, come quello del film...e tu sembri un attrice”, disse Nicolae. Carla sorrise. Gli piaceva. Ammise a se stessa che gli piaceva. E giurò a se stessa che non sarebbe uscita con lui. Nei film succedono le cose che si vorrebbe che succedessero nella realtà. Ma la realtà è diversa. La realtà è fatta di vicini di casa che commentano e disapprovano, di amiche che , per invidia o altro, condannano, di genitori che soffrono ancorati ai pregiudizi della loro epoca dalla quale non sono mai usciti narcotizzati da una vita fatta di lavoro e sacrifici. No, non si può proprio. In un altra vita, in un altro paese, in un'altra epoca.
Poi silenzio. Un silenzio rotto dalle battute dei protagonisti del film. I quali si sposano. E lui è un ragazzo qualunque e lei un'attrice famosa. Ma dai, succede solo nei film, pensò Carla. Ma era bello lo stesso. Faceva stare bene, l'happy end.
Sui titoli di coda, era ancora buio e Carla si alzò e seguendo le piccole luminarie ai bordi delle scale laterali, si avviò all'uscita. Senza voltarsi. Uscì dal cinema e si avviò alla fermata dell'autobus. Doveva rientrare e andare a casa. Studiare un po', poi la tv, una cena frugale con i suoi e a nanna piuttosto presto. Niente di speciale, nella città che pensa di essere speciale, dove abitano milioni di esseri non speciali.
Una volta raggiunta la pensilina della fermata, si voltò. Nicolae non c'era. Le dispiacque, un po'. D'accordo, le dispiacque molto. Che sguardo malandrino, che aveva, il ragazzo. E che occhi penetranti. E che tratti marcati, da attore americano, un po' alla Di Caprio. Proprio come i tipi che piacciono a me, pensò Carla.
Attese per un po'. E fu tentata dal tornare indietro. Poi però desistette. Pensò che era meglio così. Gli stranieri creano solo problemi. Magari non in modo diretto. Per il fatto di esistere e basta. Ma Carla non poteva cambiare le cose. Chi era lei? Una semplice studentessa, figlia di genitori modesti. Carina, si, ma di più belle ce n'erano a iosa, in quella città. E anche di molto più spregiudicate. E quello non era il suo pane, pensò. Prese l'autobus e non ci pensò più. A metà via Giambellino, più o meno, dove c'era un cinema porno sempre aperto e pieno di vecchi e magrebini, Carla scese. Si incamminò sul marciapiede sotto lo sguardo degli avventori del cinemino a luci rosse, che fumavano una sigaretta all'aperto, durante l'intervallo. I loro occhi la scannerizzarono immaginando di fare con lei qualsiasi cosa. E lei lo sentì sulla pelle. Avvertì l'odore rancido dei loro sudori di desiderio represso , il fumo di sigarette scadenti e di denti marci e la disperazione di animali da catena, che emanava da quegli uomini di mezz'età. Ma nonostante i commenti a mezza voce, passò indenne. Si infilò nel vicolo sulla sinistra e si accinse a percorrere l'ultimo tratto per arrivare sotto il portone del suo condominio.
Era quesi arrivata sotto casa, quando dai cespugli di un parco a due passi dal suo portone di casa, vide sgusciare un ragazzo magro, il viso pallido, i jeans sdruiciti e quegli occhi inconfondibili fra milioni. Era Nicolae. Ma lei non sapeva il suo nome. “Ciao”, le disse Nicole, “come ti chiami?”, le chiese.
“Carla”, disse lei, improvvisamente spavalda e per nulla intimorita. Anzi, divertita.
“Io Nicolae. Ma chiamami Nico, odio il mio nome, mi ricorda Ceausescu”.
“Ceausescu?”, fece Carla.
“Si, era il nostro dittatore, come da voi Mussolini”.
“Ah...capito”, fece Carla restando sulle sue.
“Che ne dici di fare due chiacchiere...così, ci conosciamo uno poco fra noi”, disse Nicolae.
“Beh, stiamo parlando”.
“No, ma dicevo lì, nel parco...dove c'è panchina. Sai parlare in piedi così per strada, non è conveniente”, disse Nicolae.
“Ho voglia di fare sesso con te”, disse all'improvviso.
Carla, incredula di se stessa e di come non si lasciava impressionare, disse:”e chi ti dice che io voglia fare sesso con te?”.
“Tuoi occhi. Oggi nel cinema. Prima in autobus. E ora, qui, davanti a me”.
“Parli come quel calciatore del Milan...come si chiama? Ah si, Ibrahimovic”.
“Si, lo conosco. Lui e di vicino le mie parti. Anche se lui serbo”.
“E tu?”, fece Carla continuando a sviare il discorso, “tu di dove sei?”.
“Io sono di Romania”.
“Sento il tuo profumo, sento su pele solletico di tuoi peli, voglio spalmare come olio abbronzante il tuo sudore, voglio mangiare tue labbra, bruciare fra le tue braccia, perdere me in tuo bosco, bere tua saliva, fare paruca con tuoi capelli, sentire battere tuo cuore su mie mani...voglio...”, Nicolae si interruppe. Sul più bello, pensò Carla. Devo essere impazzita, a starmene qui, sotto casa ad ascoltare questo pazzo. Ma com'è bello. E com'è convincente. E'un demonio travestito da angelo.
“Va bene, solo per un po', devo andare a studiare...eh...solo parlare”, disse Carla. E gli sorrise.
Guardandosi intorno, s'infilarono nelle macchie del parco.


Buona giornata e buona fortuna

martedì 21 settembre 2010

Racconto


Mohamed


Mohamed se ne stava sempre seduto su qualche scalino d’ingresso delle abitazioni a fianco alla Coop con una lattina di birra di marca infima o un litrozzo di vino rosso in tetrapak di quelli a buon mercato, sorseggiati lentamente come bevendo da un alambicco. Aveva un viso scuro reso ancora più tetro dalla barba alquanto incolta tipo un campo di grano gestito in modo dopolavoristico. D’inverno indossava sempre dei pantaloni verde militare lunghi e un maglioncino mimetico e d’estate un paio di bermuda dal colore verde terraceo stile talebano acquattato fra le rocce aguzze di un deserto afgano…a volte a torso nudo, più spesso con t-shirt maleodoranti che sagomavano impietosamente la sua pancia prominente di forte bevitore. Ogni tanto scambiava qualche parola con Afaf, una puttana marocchina il cui nome, ironia della sorte, in arabo significava “castità”. Lei era bella,formosa, pelle olivastra e capelli ossigenati da attrice di Hollywood, e si spacciava per turca, come se questa cosa potesse attribuirgli una maggior credibilità professionale. Parlavano fra loro in quella lingua così ostica e così affascinante, che a noi occidentali dà l’impressione sia tale e quale alla salmodiante dettatura di codici fiscali fatta da impiegati del catasto. Ogni volta l’argomento era sempre lo stesso. E cioè che Mohamed non aveva di che pagarla e che lei con i barboni non ci usciva. Metafora più metafora meno. Così Mohamed finiva per riattaccarsi alla lattina o al tetrapak e lasciava perdere. E Afaf entrava dal cinese e ordinava del riso con i gamberoni. Diceva che poi sarebbe passato suo marito a saldare. Suo marito era un marocchino vestito sempre elegante che se ne andava in giro con un Kawasaki 500 che faceva impennare ogni volta che ripartiva di slancio. Dopo aver saldato i conti. Con i soldi di sua moglie. E mi ricordo di quella volta che Mohamed se ne stava seduto a sorseggiare la sua birra, come un saggio beve il tè nel deserto. Voglio dire con quella stessa solennità, dettata dal rispetto che si nutre per la cose donate o ricevute senza aver sudato il sudore della propria fronte. Era a pochi passi dall’ingresso della Coop, dove di solito staziona un nutrito gruppo di ambulanti senegalesi che vendono cd taroccati,scarpe nike di fattura napoletana e qualche strana sostanza mischiata alla resina che serviva da base a delle pessime canne. I senegalesi erano vestiti eleganti, come rappresentanti di commercio, a momenti giacca e cravatta, con scarpe lussuosissime che indossavano anche d’estate, e portavano bracciali e anelli d’oro. Camminavano sempre molleggiando, quasi a rimarcare la loro assoluta rilassatezza dei movimenti e il fatto che il proprio corpo degnasse appena d’importanza l’importuna incombenza del camminare. Ad un certo punto uno di loro, una sorta di centometrista olimpionico, coi pantaloni ben stirati, la cintura di coccodrillo e vari bracciali tintinnanti al polso, la camicia aperta e il pettorale ben scolpito, avrà avuto una trentina d’anni, sbotta nei confronti di Mohamed dicendogli di spostarsi. Che alla gente faceva schifo avvicinarsi lì e che stava rovinando i loro affari. Mohamed continuò a sorseggiare la sua birra. Lo guardò e gli sorrise con gli occhi. Gli sorrise con la bocca, ma data la totale mancanza di denti, fatta eccezione per un molare sopravvissuto all’assenza di adeguate cure dei servizi nazionali sanitari di una mezza dozzina di paesi europei, il “Senegal” lo capì dagli occhi che stava sorridendo.
“Barbone sciroccato, bevi in continuazione contro tutte le leggi del corano, non ho mai visto un mussulmano così poco osservante”, gli urlò il senegalese in un italiano potentemente venato di francese. Mohamed lo guardò, ma ancora non diceva niente. Solo sembrava ridere e il molare gli sporgeva dalla bocca come un antico rudere di qualche civiltà mesopotamica scomparsa. O perlomeno con la stessa alterigia con cui un rudere millenario può guardare il più imponente grattacielo di cristallo circondato di ascensori spaziali.
Senegal insisteva ancora con questa storia del mussulmano e dopo un po’ , dopo l’ennesimo sorso , Mohamed si decise a dire qualcosa.
“Sono arabo, non mussulmano. A-ra-bo.Capito! Esistono mussulmani arabi, italiani, americani e cinesi. Ci sono anche mussulmani cinesi, se non lo sai , Senegal. E io voglio stare qui a bere la mia birra. Pensi di essere più pulito di me, tu che vendi droga? Non mettere la religione in mezzo, è sempre la scusa migliore per prepararsi ad uccidere”.
Aveva parlato diretto, in un italiano con forte accento arabo e il senegalese era rimasto per alcuni minuti che dovevano essere sembrati un’eternità, a lui e ai suoi amici, senza parole. Non si aspettava che l’arabo parlasse. Non si aspettava che reagisse. Non si aspettava che lo svergognasse così. La voce del barbone lo lasciò senza parole. I suoi amici si aspettavano che reagisse . Ma lui non fece niente. Mohamed sorseggiava la sua birra e rideva con gli occhi. Afaf uscì proprio in quell’istante dal cinese e passò davanti ai sei o sette Senegal boys. Sorrise loro lasciva e gli ricordò che il suo numero era sempre a disposizione alla cassa del cinese. Bastava chiedere alla cassiera,”Cuore di Giada”. La chiamò proprio così, in italiano, e doveva essere la traduzione del suo nome cinese. Mohamed la guardò con una certa ironia. E proseguì a sorseggiare.

A volte corro nelle campagne dietro casa. In tutte le stagioni. In estate c’è sempre il granturco che cresce da un giorno all’altro, a vista d’occhio, nutrito da un concime fecale suino. E come non ci prendiamo l’influenza suina dai pop corn qualcuno me lo dovrebbe spiegare. In inverno, la strada sterrata si dipana in mezzo a canali irrigui e campi deserti, con stoppie stalattitizzate dal gelo polare. E io corro sul ghiaietto a passo lento, scrivendomi in testa un mucchio di cose che non riesco mai a trasferire su carta. Sono il più grande romanziere dei romanzi scritti col pensiero durante lo jogging. Non ci sono prove per smentirmi. E a volte durante le mie sortite tapascionesche, incontro Mohamed. Abita in una cascina abbandonata , senza elettricità e senz’acqua. Si fa il bagno nei canali irrigui insieme alle nutrie che lo salutano festose come un amico. A volte lo incontro a piedi , lento e stanco, col capo in basso riflessivo. A volte con un vecchio motorino “Ciao”rosso stinto e arrugginito che penso funzioni con i gas residui della marmitta. Uno di quei motorini moribondi che hanno visto l’ultimo pieno quando i Righerira cantavano “Vamos a la playa”. Con a fianco il suo cane fedele: un grosso pittbull da competizione che gli obbedisce come una marionetta paffuta e gigantesca. Cui impartisce ordini secchi e precisi. Quando passo lo saluto con la mano, caracollante e sudato. E lui ricambia riverendomi e facendo accucciare il cane al suo fianco. Mentre gli spiega che sono un amico. Sono un amico. Non l’ho mai invitato a casa, non gli ho mai offerto una birra, l’ho solo salutato e , a volte , sorriso. E lui mi ritiene un amico. Deve essere qualcosa come fra animali. Un istinto.
E mi ricordo bene di quella volta che mi incontrò mentre ero di ritorno dal lavoro con la bicicletta e mi fermò tutto eccitato, con due angurie in mano. Per dirmi col suo italiano schietto e rudimentale che le angurie gliele aveva portate suo fratello che lavorava in nero a 5 euro all’ora come manovale a scaricare meloni. Per un pugliese. Me ne offrì una e io rifiutai l’offerta, perché non sapevo dove metterla e avevo il frigo pieno. Lui mi ringraziò lo stesso… Di avergli rivolto la parola. E mi salutò e mi riverì come uno sceicco. O perlomeno così parve a me che ero nato in un paese di gente che si credeva superiore perché c’aveva qualche soldo per pagarsi le puttane.


Ora è un po’ di tempo che non lo vedo, Mohamed. Spero che sia sopravvissuto all’inverno polare e che d’estate ce l’abbia fatta a dormire sotto l’aria condizionata dei pioppi , ben cosparso, di guano di canali antizanzare. Un po’ come si pensa di gatti o cani abbandonati in campagna, di cui ti ricordi quella volta che hai mangiato pesce e hai un po’ di spine avanzate da offrire.




Buona giornata e buona fortuna

sabato 11 settembre 2010

Settembrina



Era un bel pò che non attualizzavo il blog. Sto rivedendo il nuovo libro e...sapete una cosa, ho paura di aver scritto un buon libro, ho paura di stare incominciando a scrivere come voglio io. Una paura fottuta. Sto anche scrivendo altre cose, ho in mente dei racconti estemporanei da mandare in giro per concorsi. Stasera sono invitato dal comune di Pieve Emanuele per una festa a beneficio di un concorso letterario cui ho partecipato col mio ultimo lavoro.

Al lavoro si avverte l'effetto Pomigliano, tutti cercano di vivere come tartarughe rinchiusi nel proprio guscio sperando di essere dimenticati, ignorati, non toccati. Si illudono. Tutte le aziende multinazionali cercano di cacciare via un quarantenne garantito a beneficio di un ventenne ricattabile ad libitum.

L'estate sta finendo e io sono rientrato al lavoro. Oggi sono andato a correre in montagnetta a Milano, una bella giornata di sole e pieno di froci guardoni e belle figliole di mezz'età da farmi strabuzzare gli occhi. C'era anche una gara di mountain bike e io ho fatto i miei giri Cova, il percorso a otto ideato dal mitico mezzofondista italiano (che si allenava anche lui in montagnetta) interesecandomi col percorso di una gara di mountain bike della durata, negli intenti degli organizzatori, di ventiquattr'ore. Non lo so, ma non credo che qualcuno riuscirà a completarla, dopo mezz'ora c'era gente che arrancava le salitelle a piedi.

Quest'estate mi sono sparato un bel pò di mare ad Ostuni, mia madrepatria pugliese e ho fatto un pò di escursioni qua e là nel territorio salentino, fra cui una puntata a Soleto, uno dei tredici comuni della Grecìa salentina dove si parla ancora il griko, antico dialetto di derivazione greca, a mangiare "li pezzetti", carne di cavallo al sugo, da "Lu Zonzi". Da provare, ve lo consiglio. Tra l'altro ho assaggiato un bel pò di crocchette di patate lunghe sottili con dentro foglie di menta- ma come faranno a farle restare così lunghe senza che si spezzino, ci mettono il viagra?- assolutamente deliziose. Il tutto corroborato da un ottimo primitivo rosato.

Sulle ultime vicende politiche dirò poche cose: chi si illude che la fine di Berlusconi sia vicina si sbaglia di grosso. Gli italiani sono fascisti nell'anima, della destra liberale di cui ciancia Fini, non gliene frega una ceppa di minchia, loro vogliono un padrone, uno che gli dica cosa devono fare. Sono contenti così.

Qualcosa si muove, nel paese, ma non è Bersani, non vi preoccupate. E chi lo smuove , quello, se gli scoppiasse intorno la rivoluzione penserebbe che sono gli ultras della Reggiana di ritorno da una trasferta e direbbe;"so ragassi!". Invece ci sono un pò di italiani che sembrano, dico, sembrano ormai essersi frantumati gli zebedei della banda di malfattori da cui siamo governati e li contestano apertamente in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Naturalemente i vari Dell'Utri, Schifani, Fassino e Bonanni, hanno i loro bravi corifei difensori d'ufficio, fior di intellettuali che sprecano preziose pagine di giornale e alberi amazzonici per denunciare i turpi estremisti dei centri sociali che fanno guadagnare consensi alle destra. A me francamente, caro Michele Serra, non mi sembra che ce ne sia bisogno, di far guadagnare consensi alla destra. Abbiamo visto la destra cosa se ne fa delle tue critiche patinate ed eleganti. Le cosparge di zucchero filato incensandoti e poi le butta in un formicaio.Con eleganza. Contento tu. A me che questa gente che ha tutte le platee massmediali del mondo per dire quanto sono bravi e belli e come sanno fare gli interessi dei lavoratori venga zittita e smerdata e apostrofata per strada mi ricorda le monetine lanciate a Craxi. Prima di dire che le argomentazioni si smontano con le idee, bisogna avere la possibilità di esprimerle, certe idee, possibilmente non sotto le minacce di un servizio d'ordine di leccaculi pagati dai contribuenti. Ci siamo capiti, caro Michelino. Se mi lanci una sedia addosso, come ha documentato il tg di Mentana, beh, io non ti lancio delle idee. Non c'è proporzione. La verità è che non sanno perdere, hanno la faccia di tolla,Cisl e Uil stanno facendo gli interessi di aziende che mandano migliaia di lavoratori a casa e che vogliono togliere il diritto di sciopero e la malattia pagata e vanno in giro a dire che non ci sono alternative e che stanno facendo tutto il possibile per arginare la situazione. See, infatti, il Po straripa e loro a bordo di uno yacht stanno gridando a quelli nelle cascine, mettetevi in salvo!

Ps: Letta dice che è meglio andare con l'Udc anzicchè con Di Pietro? Vai pure, nessuno ti trattiene.
RiPs: quest'estate ho letto "La sottile linea scura" di Landsdale, indiscutibilmente il mio scrittore preferito e "Assassinio al Comitato Centrale" e "Uccelli di Bangkok" di Vasquez Montalban. E vi assicuro che stare lontano dal frigo dopo le ultime due letture è stata dura.
Un ultima cosa: leggere è bello...Fatelo, vi renderà felici! E forse un pò meno stronzi...

Buona giornata e buona fortuna

giovedì 12 agosto 2010

Parcheggerò il cervello in seconda fila sperando che non gli facciano la multa


Prima di correre faccio degli esercizi di prevenzione, per la schiena, sapete ho un paio di ernie del disco e alcune altre protrusioni discali alla colonna vertebrale...ma reggo ancora bene. Alla corsa non posso rinunciare. Ci sono andato anche ieri, sotto la pioggia...ragazzi che sballo, che profumi che la terra emanava, che aromi e soprattutto poche macchine in giro. Anche se sempre di più degli altri anni. Sei italiani su dieci non sono andati in vacanza, ma naturalmente non daranno mai la colpa a Berlusconi, ma alla crisi. Sapete, sono stanco di questa idiozia generale, appartengo ad una parte di paese, una minoranza cospicua, a dire il vero, che deve subire la dittatura di una maggioranza di idioti che si infervorano per Balotelli e le sue Ferrari testarossa o testadicazzo, che sguazzano nei centri commerciali con l'educazione dei pitecantropi, che urlano ai camerieri, sbraitano quando vedono un bel culo femminile perchè la loro educazione brufolosa di segaioli chirichetti non gliene ha fatti vedere mai dal vivo o toccare poi, un utopia, urlano come degli imbecilli Italia Uno sulla spiaggia, si comprano la macchina per fare il caffè ma non la sanno far funzionare quando i figli sono in vacanza e quindi vanno al bar, mettono la bandiera tricolore fuori dal balcone se si giocano i mondiali e votano lega contro gli extracomunitari di cui hanno bisogno tutte le volte che si ottura il cesso o si oscura la tv, si fanno la croce tutte le volte che tradiscono la moglie e parlano male dei gay poco prima di prenderlo nel culo in via Novara. Beh, non è questa l'Italia in cui mi riconosco...quando penso al tricolore penso al corpo dei Volontari Della Libertà, ai partigiani, per intenderci, non alla Casa Delle Libertà( di fare i cazzi loro), penso a quegli italiani che hanno cacciato via i tedeschi assassini, non a quelli che difendevano i massacratori di Marzabotto e penso al paese di Leonardo Da Vinci, di Dante, di Pasolini e Sciascia, non di Fabrizio Corona, Lele Mora, Berlusconi e Dell'Utri...non mi chiedete di essere orgoglioso di quest'Italia maggioritaria furbetta e stronza, perchè non lo sarò mai. Ma sono un italiano, aspetto ancora che il mio paese diventi un paese che mi faccia sentire orgoglioso di appartenergli. Ma non nutro alcuna speranza in Bersani, D'Alema e Fassino. Per carità. Che gente pesante. Per vincere ci vuole ironia, allegrìa e rabbia...e fame. E questi quì dei democratici hanno sempre un'aria molto ben pasciuta...è per questo che dico Nichi Vendola tutta la vita, uno che schiererebbe i carri armati per impedire di installare le centrali nucleari nella sua regione, uno che mette al primo posto la salute pubblica, uno che non si vergogna di definirsi comunista...i miei amici idioti mi dicono, si, ma è gay, gli italiani non lo voteranno mai. Ma che c'entra, preferisco un politico che goda col proprio culo ad uno che goda col mio, vi pare, e se ha battuto due volte Fitto, pupillo di Berlursconi, in una regione per antonomasia nera e tradizionalista , significherà pure qualcosa. Magari il ragazzo ha dei numeri. E vi assicuro che l'hanno capito anche D'Alema & c. Visto che faranno di tutto per non fargli fare le primarie. Che sia l'uomo giusto lo conferma la paura che i democratici hanno di lui. Paura per le proprie poltrone di gente che ha amministrato un potere dall'opposizione ed ha una rendita di posizione ultraventennale...Ma perchè non si tolgono dai coglioni, perchè non se ne vanno a pesca da qualche parte nel mondo? Eterni perdenti che non si dimettono mai. Fra un pò devo andare a lavorare e i voli pindarici e le parole auree me le sogno per otto ore otto. Fatemi sfogare adesso perchè per otto ore parcheggerò il cervello in seconda fila sperando che non gli facciano la multa. Oggi al Centro ci saranno i sei italiani su dieci che non sono andati in vacanza...e saranno incazzati.


Buona giornata e buona fortuna

venerdì 6 agosto 2010

El hombre de marmo



"Bisogna ammettere che i membri della squadra di cross erano davvero persone molto diverse. Avevano un fisico solido, capelli lunghi e incolti, raramente si rasavano. Sembravano più un gruppo di taglialegna che non degli atleti. Indossavano calzoncini sformati, calzini di lana ruvida e berretti di pelliccia sintetica, anche quando faceva un caldo asfissiante. Di rado i capi di vestiario li abbinavano.
Gli atleti da pista invece erano alti e dinoccolati: erano velocisti con gambe lunghe e magre e spalle strette. Indossavano lunghe calze bianche , canottiere che ben si armonizzavano con gli altri capi d'abbigliamento e calzoncini così corti, da far intravedere le natiche. Erano sempre in ordine anche a fine corsa,
Gli atleti del cross tiravano tardi la notte nei coffee shop e leggevano libri di Kafka e Kerouac. Di rado parlavano della corsa. Era semplicemente una cosa che facevano. Gli atleti da pista , invece, erano ossessionati. Sapevano parlare solo di velocità, raramente facevano più tardi delle 8 di sera, anche durante i fine settimana. Trascorrevano un quantità incredibile di tempo a scuotere braccia e gambe e a sciogliere i muscoli. Facevano stretching prima durante e dopo aver usato la testa. I ragazzi del cross, invece, non facevano mai stretching.
I ragazzi della corsa su pista correvano a tappe e tenevano dei diari nei quali riportavano i chilometri percorsi. Portavano strani orologi con funzione lap, che permette di cronometrare i tempi e di memorizzarli. I ragazzi del cross non prendevano appunti. Trovavano un sentiero e cominciavano a correre. A volte le corse duravano un'ora a volte tre. Dipendeva da come si sentivano quel giorno. Dopo la corsa rivolgevano la propria attenzione su qualcos'altro, in genere al surf. Io mi sentivo più attratto dalla squadra di cross, in parte perchè mi piaceva fare surf, ma soprattutto perchè mi ritrovavo nella loro cultura".

Dean Karnazes, in "Ultramarathon man", ed. Piemme.


Ecco adesso sapete cos'è per me la corsa. E' solo una cosa che faccio, nient'altro. E voglio che resti tale. Perchè la vita è fatta di tante altre cose che ti scaraventano per terra e ti riportano alla realtà che nessuno è immortale o strafigo per sempre e che la cosa più importante è provarci comunque. Anche se si sa che non si può vincere. A volte anche quella di finire qualcosa è una vittoria. Queste pagine di Karnazes, un ultramaratoneta che corre per beneficienza delle gare al limite della resistenza umana, trasmettono lo spirito giusto. Al contrario di Baldini, che nell'ultima maratona per gli europei di atletica, verso metà gara, quando ha capito che non poteva vincere si è ritirato. Jesus Angel Garcia invece, uno spagnolo di quaratun'anni, detto "el hombre de marmo",l'ho visto sbuffare nella cinquanta chilometri di marcia e rimontare avversario su avversario con una determinazione rocciosa e una gioia dentro incredibile, fino a giungere quinto. E se la gara fosse durata di più c'è da giurarci che avrebbe fatto strame degli altri concorrenti. Mentre il nostro italianuccio, Schwarzer, si ritirava dicendo alle telecamere che lui non si diverte più. Ma io dico, invece di fare la pubblicità a Kinder fette al latte e di farsi mantenere dai gruppi sportivi militari, pagati dalle nostre tasse, perchè non va a lavorare? Secondo voi a chi deve andare la mia ammirazione? La mia ammirazione sul piano umano, prima che atletico , va a quegli uomini che sfidano i propri limiti e corrono senza astio nei confronti di nessuno, senza cronometri, con l'orologio biologico del tempo che passa e loro ancora lì a inseguirlo, prima che gli sfugga del tutto. Correrò per sempre, non per vivere più a lungo, ma perchè il movimento è libertà...solo quegli attimi in cui sei al massimo dello sforzo, dopo un'ora di corsa e la tua mente vola in altri mondi e i tuoi ventuno grammi d'anima vorrebbero liberarsi dall'involucro del corpo sotto sforzo, solo in quei momenti, un uomo si sente veramente libero. Poi dopo la doccia, riprende la vita. Ma resti felice, perchè ti resta dentro quel piccolo viaggio astrale, quel momento zen, che custodisci per tutto il giorno come un piccolo tesoro inestinguibile.


Buona giornata e buona fortuna

giovedì 29 luglio 2010

Senza titolo nè legge




La vita non è sempre come te la immagini. La vita comprende anche la morte fisica tua o di un tuo parente, la morte dei sentimenti, della passione civile. Mi sono fatto i tarocchi, qualche giorno fa. No, non intendo dire che c'ho fatto del sesso, proprio ho smazzato le carte e il destino finale recava in bell'evidenza la carta della morte. Purtroppo mio zio è venuto a mancare. Lo saluto con un abbraccio forte forte. Mi piace pensare che nel momento in cui ha visto l'anima abbandonare il corpo abbia provato gioia perchè andava incontro ad una vita migliore, forse alla felicità eterna.Il suo viso aveva un sorriso ironico ed era improntato come ad una beatitudine. Già , perchè mai ci dovrebbe essere l'inferno? Secondo me ci sono altre dimensioni e altre vite, oppure non c'è niente, che è la stessa cosa. Niente, secondo il buddismo, significa la fine della sofferenza del vivere, del ciclo delle mille rinascite fino a quando non vivi una vita perfetta. Sotto questo profilo sono destinato a rivivere per sempre. Che palle! Sempre la stessa ingenuità romantica, la stessa bontà d'animo che mi permette di stare al sicuro da qualsiasi crudeltà inferta ai sentimenti altrui...quanto a me io so soffrire. Preferisco soffrire che far soffrire. Almeno credo...di saper soffrire.

Post anomalo, questo, ma non sono depresso, sono un bruco e sto per diventare farfalla, un peto mattutino ha provocato un terremoto a Calcutta dove sono morti come mosche, ma siccome la Cnn decide il peso dei morti, non è successo nulla. Ho fatto un altro tatuaggio, mi sono tatuato un buddha. Il mio amico fraterno Thomas Vellone, eccellente pittore e tatuatore d'antan, mi ha fatto un disegno personalizzato e me l'ha scolpito sul deltoide destro. Avevo bisogno di un tatuaggio sacro, di un tatuaggio di protezione, contro il demonio che reclama la mia anima, ma non è ancora giunto il mio momento, prima di dare fastidio in altre dimensioni voglio finire di darlo per benino in questa.

Virginia Woolf l'ha detto, per fare bene all'amore e per scrivere bene devi aver mangiato bene. Ha proprio ragione se penso agli indignati lettori di Repubblica, una manica di radicalchic col culo al caldo, stipendio da dirigenti e sprezzo delle masse ignoranti, qualche amico gay che fa molto democratic, qualche trans folklorico di quando in quando, il tè delle cinque immancabile e l'indignazione facile antiberlusconiana. Perchè nessuno si ribella a Berlusconi? Dicono questi. Perchè non cominciate voi a fare qualcosa invece di indignarvi come stitici davanti ad una diarrea inarrestabile? Perchè non vi dimettete, giornalisti di Repubblica casta legalizzata e corporazione paramafiosa e non fate scrivere qualcosa anche agli altri? Farete tutti la fine di Pansa, che non sapendo più cosa scrivere si è messo a scrivere il contrario di quello che aveva scritto fino ad ora. Perchè non vi portate un divano dell'Ikea in spalla fino al quinto piano con ascensore guasto invece di servirvi del filippino di turno sentendovi "coinvolgenti" e "tolleranti" nel dare la mancia?

Sto correndo tutti i giorni, intendo stancare la stanchezza...Ho perso ben otto chili. Sono quasi al mio peso forma di vent'anni fa. Ma non me ne glorio più di tanto, non lo faccio per vivere più a lungo, tanto devo rinascere, dopo l'ennesima mia vita imperfetta. Lo faccio perchè mi sento meglio. Penso meglio. Mi cancella nella mente una giornata di tregenda al lavoro, dove siamo sempre di meno e il lavoro sempre di più. Mi ricorda una partita di vent'anni fa , una Ostuni - Carovigno in cui terminammo in 8 , espulsi da un arbitro che s'era fatta una maschera di saliva coi nostri sputi. Vedete, nessuno , in definitiva, è uno stinco di santo.

Concludendo, l'amico Nichi (Vendola) mi ha ascoltato e poichè nessuno del centrosinistra lo candidava, anzi se ne guardava bene, lo ha fatto lui. Vai vecchio scaltro Nichi, sei l'unica speranza per questo paese di cellophane d'immondizia smorzicata dai cani randa e disseminata sull'asfalto rugoso da rifare poco prima di un'elezione. C'ha tutti contro. E questo è un bene, perchè come diceva Pasolini, se quello che dici non dà fastidio a nessuno, beh, non dici niente. E questa volta niente sul serio, persino per Buddha.

Buona giornata e buona fortuna

mercoledì 23 giugno 2010

Crazy post



L'andamento della nazionale rispecchia in pieno l'andamento della nazione, l'Italia è un paese dove vanno avanti mediocri senza talento raccomandati, dove la creatività e la fantasia sono solo prerogative al servizio di furbizia e scaltrezza, dove il parassitismo di chi resta abbarbicato ad uno stato che crede "genitore", senza che si sia accorto che è diventato "padrone", impedisce da ormai cinquant'anni al paese di svilupparsi nella modernità, lasciandoci al palo di una tradizione fatta di mafia, gelatina sui capelli, stivali di cuoio, i-phones di ultima generazione, spaghetti, pizza il sabato sera e calcio come oppio del popolo di ogni sempre, con le scarpe tod's indossate saccentemente sotto a mutande sporche di merda e una coscienza immacolata grazie all'uso nullo che se ne fa. Sotto questo profilo gli operai di Pomigliano che hanno votato "no" all'accordo proposto dallo "schiavista illuminato" Marchionne, si stagliano sull'orizzonte di questa mediocrità, come degli eroi, che hanno impedito al solito unanimismo dell'eterna Italia democristiano/pidiellina dove si è sempre pensato che Agnelli fosse un benefattore che dava lavoro e non uno che quando c'era da guadagnare incassava e quando c'era da perdere accollava allo stato con casse integrazioni e dismissioni, di tracimare e inaugurare la nuova stagione dello schiavismo preindistriale di ritorno. Mentre in Cina sorgono i sindacati, aumentano i salari, e la moneta aumenta di valore per evitare manovre speculative, in Italia la destra e una sinistra imbelle e accondiscendente, lavorano per la perdita dei diritti, lo smantellamento della costituzione, il ritorno alla preistoria dei diritti inalienabili dell'uomo, aiutati da quel familismo italico d'antan del tengo famiglia che giustifica la svendita dei diritti universali in nome della conservazione di un lavoro che da operaio diventa da mozzo...Gli operai di Pomigliano (quelli per il si) che in nome di un malinteso familismo, a questo punto amorale, si arrogano il diritto di fare da cavallo di troia che porterebbe alla cancellazione di diritti per conquistare i quali milioni di persone hanno lottato, sofferto, ci hanno rimesso la vita, dovrebbero farsi un esame di coscienza e , visto che amano il capitalismo, e lo adorano, diciamo così, dovrebbero accettarne le consequenze e ,in un regime di libera concorrenza, colonna portante, a quanto mi risulta dalle reminescenze dei miei studi di economia politica, del sistema capitalista, dovrebbero andare a fare un altro lavoro. Quanti di noi hanno cambiato decine di volte lavoro, casa, città e paese, quanti di noi si sono mille volte rimessi in discussione? Ma almeno siamo caduti in piedi e non abbiamo svenduto i diritti di nessuno. Sono stanco di vivere in un paese dove la maggioranza silenziosa e il greggiume di sempre decidano per me e quelli come me, che bisogna piegarsi e accettare le logiche dei nuovi padroni del vapore, delle multinazionali, dei nuclearisti , dei petrolieri e dei manager della società dello spettacolo...viva l'isola dei non famosi e il grande sfratello, viva il disertare il centro commerciale sabato e domenica, viva la campagna contemplativa e improduttiva, viva il viaggio senza turismo, viva il non tengo famiglia mi frega un cazzo di chi ce l'ha anch'io ho i miei diritti, viva il sabato sera vado a correre e non mi drogo di pizza e birra, viva il ballo in casa con amici e fanculo alla discoteca e alle liste e al sei o non sei in lista di questo o quel vip, Very Important Pezzaron, viva le strade di Milano piene di puttane e senza camionette dell'esercito unici clienti delle superstiti, viva l'Italia del mettere in galera gli evasori e buttare via la chiave, viva l'Italia della cultura alternativa a quella ufficiale della mafia editoriale che decide chi cosa quando meritori di menzioni allo Strega, viva la sgrammatica, la sfilosofia, la spolitica e i jeans e la t-shirt a mutande pulite in parlamento, viva lo sperbenismo , Eugenio Scalfari in mutande, Berlusconi in tanga, Bersani imparruccato sulla casilina, Fini in guepierre, Bocchino...beh, lasciamo stare Bocchino, per oggi...


Buona giornata e buona fortuna